Incolla la propria foto sul documento rubato all’amico, clandestino scoperto

Alla vista di una volante della polizia che transitava in via Respighi aveva gettato alcuni navigatori satellitari e telefoni cellulari nel cestino di una bicicletta parcheggiata lungo il marciapiede ed era fuggito. Il gesto dell’uomo, un tunisino di 26 anni, era però stato notato dalla polizia che lo aveva inseguito fino in via Colombo per poi denunciarlo per ricettazione. I fatti risalgono a qualche giorno fa. Dopo aver formalizzato la denuncia la pattuglia aveva invitato il nordafricano a presentarsi in questura il giorno successivo per mostrare il permesso di soggiorno ed effettuare il fotosegnalamento: terminate le formalità di rito la pattuglia era poi rientrata per notificare gli atti.

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In questura, però, la vicenda ha preso una piega molto singolare. Mentre gli agenti appena rientrati stavano lavorando sulla denuncia appena emessa, alcuni colleghi che ben conoscevano il tunisino in questione, nel vedere la fotocopia della carta d’identità dello straniero hanno notato una cosa molto strana: alla fototessera corrispondeva il nome di un altro tunisino e non del nordafricano denunciato. A questo elemento, già strano di per sé, si è aggiunto il fatto che la mattina successiva il magrebino non si è presentato, come da accordi, alla questura di viale Malta. A quel punto gli agenti sono usciti in strada a cercarlo riuscendo a rintracciarlo poche ore dopo. Dopo un rapido controllo è emersa la verità: il denunciato, prima di essere acciuffato in via Colombo, aveva rubato il documento a un connazionale applicando con cura e delicatezza la propria fototessera sopra quella del conoscente. Il perché è presto detto: il giovane, che si è scoperto avere 27 anni e non 26, è clandestino, mentre l’amico 26enne del tutto regolare.

Alla fine per lo straniero alla ricettazione del giorno prima si è aggiunta un’altra sfilza di denunce: falsa attestazione a pubblico ufficiale delle proprie generalità, falso materiale, sostituzione di persona e non ottemperanza alla richiesta di accertamento delle autorità.