Lucciola picchiata e costretta ad abortire. Una fiaccolata per dire “basta”

Voleva uscire dalla schiavitù. Ma la violenza e le false promesse dei suoi aguzzini l’hanno ben presto ricacciata nel tunnel più buio: prima costretta ad abortire a suon di botte e pochi giorni dopo di nuovo sulla strada a prostituirsi. La drammatica storia di questa giovane ragazza albanese, Luljeta (nome di fantasia), è solo una delle tante con cui quotidianamente hanno a che fare gli uomini e le donne della Comunità Papa Giovanni XXIII, l’associazione fondata nel 1968 da don Oreste Benzi che nel Piacentino conta una ventina di operatori. Questa mattina (4 novembre 2015) alcuni di loro hanno presentato l’iniziativa in programma sabato 7 novembre, denominata “Luci di libertà”: una fiaccolata, con partenza alle 17 al parcheggio di via Beverora dietro la questura e arrivo alla basilica di San Francesco per la messa officiata dal vescovo Gianni Ambrosio, per scuotere le coscienze e dire basta allo sfruttamento della prostituzione. La comunità da tempo opera con unità di strada composte da membri e volontari che cercano con il dialogo e l’aiuto offerto dalle diverse case famiglia di strappare dalla strada queste giovani donne, per lo più straniere condotte in Italia con false illusioni. E lo spaccato che si trovano di fronte è desolante: “A Piacenza e nella sua periferia c’è una densità di prostitute maggiore che a Milano – ha detto Caterina Ghiozzi della comunità – da due anni operiamo in questa città, abbiamo contato oltre cento prostitute. Tantissime. Queste donne vorrebbero semplicemente una vita normale, ma hanno paura degli aguzzini. La storia di Luljeta ci ha spinto a organizzare l’evento per sensibilizzare tutti, piacentini e istituzioni, su questa situazione”.

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 Alla presentazione erano presenti i membri della comunità Primo Lazzari, don Adamo Affini (cappellano del carcere), Romina Iurato, Umberto Cristiani e Lucia Tosi. “Bisogna tornare a indignarsi – hanno detto – bisogna affrontare il problema. Tante volte ci si gira dall’altra parte e si fa finta che sia tutto normale. Una soluzione invece noi pensiamo che ci sia per salvare queste ragazze: colpire la domanda, i clienti. Tante di loro ci dicono che se non ci fossero i clienti non starebbero in strada. Tutti dovrebbero fare la loro parte e invece oggi non lo fanno: gli amministratori che non fanno applicare le leggi e le ordinanze in vigore, i locali notturni dove poi le ragazze si vendono, coloro che affittano appartamenti ben sapendo che poi all’interno ci sono donne che si prostituiscono e coloro che non segnalano quando vedono lucciole davanti alle proprie case. Bisogna scuotere le coscienze. Già solo se si applicasse la legge Merlin, che per noi ha contenuti validissimi, avremmo già fatto qualche passo in avanti”.