Delitto del trolley, Meluzzi: “Civardi, personalità da studiare. Caso da film”

La personalità di Gianluca Civardi, il 32enne di Fiorenzuola accusato del barbaro omicidio del professor Adriano Manesco, ha sorpreso anche uno psichiatra del calibro di Alessandro Meluzzi. Al punto che il medico, volto noto di numerose trasmissioni televisive (ultima delle quali Quarto Grado dove è ospite fisso), è arrivato a definirlo “un caso da manuale di psicologia forense”. Anzi, è andato oltre: “Quello di Civardi è un caso interessantissimo, intorno al quale bisognerebbe girare un film” ha aggiunto il medico.

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A sorprendere Meluzzi sarebbero stati quello “stato di euforia emotiva così anomalo rispetto allo stato di detenzione” e quel ricordo irrazionale di Civardi legato alla presenza di un “terzo uomo”, ossia di un’altra persona che quel 7 agosto 2014, vicino alla vasca dell’appartamento di via Settembrini, lo avrebbe aiutato a fare a pezzi il professore “pur sapendo in realtà che non è mai esistito”. Quanto basta per ritenere Civardi affetto “da un disturbo psichico che sarebbe meritevole di essere indagato a fondo per capirne le origini”. Punto focale del processo, questo, perché proprio intorno a questo presunto disturbo psichico si gioca il futuro dell’imputato.

Meluzzi è stato ascoltato durante un’udienza particolarmente densa di significati: sia perché nel corso della stessa hanno parlato anche il padre, la sorella e il fratello dell’imputato che più volte, nel corso delle deposizioni dei famigliari, si è commosso; sia perché ad assistere tra il pubblico erano presenti alcuni amici del professor Manesco, rimasti particolarmente scossi dall’accaduto.

Il medico ha riferito così dei due colloqui avuti con l’imputato in carcere nei mesi scorsi. “Riscontrai in Civardi uno stato di euforia emotiva anomalo rispetto alla condizione di detenzione. Mi sono trovato di fronte a una persona che mi diceva di non essersi mai sentita così bene in vita sua e che sosteneva di stare benissimo. Un aspetto certamente sorprendente per lo stato psico-emotivo in cui solitamente si viene a trovare un carcerato”. Più volte Meluzzi si è trovato a pronunciare il termine “sorprendente”. Come quando ha riferito che “Civardi ha fatto un racconto molto analitico dei fatti avvenuti quel giorno: un racconto dal contenuto molto carico dal punto di vista descrittivo”. “L’imputato racconta questi fatti quasi come se non lo riguardassero, come se fossero stati fatti mentre si trovava in uno stato crepuscolare”. Ed anche sulla figura del ‘terzo uomo’, più volte emersa nel corso di questa vicenda, Meluzzi la motiva così: “Anche se sa che non è mai esistito, lui ricorda che mentre stava sezionando il corpo del professore, in quella casa con lui e Paolo Grassi c’era un’altra persona che lo aiutava”. Tutti segnali di un presunto disturbo della personalità che Meluzzi non ha escluso, in via ipotetica, potersi inquadrare in uno stato di “schizofrenia”; così come non ha escluso che a spingerlo a tanto possa essere stato il riaffiorare di eventuali traumi infantili “come potrebbe desumersi dalla sua avversità alle persone con certi gusti sessuali”.

Per tutto ciò Meluzzi è quasi giunto a suggerire alla Corte d’assise presieduta da Guido Piffer di indagare più a fondo sulla personalità dell’imputato attraverso una perizia psichiatrica più approfondita. Assist ideale per gli avvocati difensori Francesca Cotani e Andrea Bazzani che, in effetti, hanno formalizzato la richiesta di una perizia ritenendo che “i disturbi della personalità, come attesta anche una recente sentenza della Corte di Cassazione, possono rientrare nel concetto di infermità mentale”. Una richiesta sulla quale si è registrata l’opposizione categorica del piemme Mari Teresa Latella (“non vi è traccia di disturbi della personalità” ha detto) e sulla quale la Corte si è riservata.

 

IL PAPA’ DI CIVARDI: “DEVASTANTE VEDERE MIO FIGLIO IN MANETTE”

“Vedere uscire mio figlio in manette è devastante”. Così fuori dall’aula ha confidato Oreste Civardi, padre di Gianluca. “Una vicenda che sta facendo male a tutta la famiglia – ha proseguito – un figlio che fino ai 30 anni ha condotto una vita integerrima e che poi finisce in questa situazione. Non è assolutamente leggero, va oltre a qualsiasi immaginazione”. Durante le deposizioni, il padre, il fratello e la sorella hanno spiegato che in passato Gianluca, che godeva di uno stipendio più che buono, aveva aiutato diverse volte i famigliari a far fronte ad alcune spese o necessità.

 

 

GLI AMICI DI MANESCO, IL LIBRO E IL CORDOGLIO DI BERLUSCONI

All’udienza erano presenti anche Anna Ferruta e Gabriele Scaramuzza, amici di Manesco, i quali stanno curando i contenuti di un libro, in uscita a fine mese, che raccoglierà i ricordi del professore fatti da tante persone. E’ intitolato: “Un uomo fragile”. Il volume uscirà a novembre. “Antonio era una persona amabile, di grande cultura e disponibile. Non è vero, come alcuni hanno sostenuto, che non avesse amici. Ne aveva tantissimi. Ed è stato vittima di una cosa orribile e ingiusta. Non ci volevamo credere”.  Ferruta, di professione medico, ha riferito del rapporto di amicizia molto stretto che la legava a Manesco. “Era come uno di famiglia, io e i miei figli lo trattavamo come se fosse uno zio” ha detto. Ed ha ricordato anche che il 29 novembre dell’anno scorso al funerale parteciparono circa cento persone, tra amici e colleghi, “a testimonianza di quanto fosse ben voluto”. Il giorno delle esequie, anche Silvio Berlusconi, che di Manesco fu compagno di classe al liceo, fece pervenire un messaggio di cordoglio. I due amici presenti in aula hanno escluso categoricamente che Manesco fosse pedofilo. “Non importa che gusti sessuali avesse. Noi crediamo fermamente che non fosse pedofilo, non ci crederemo mai”.