Alluvione e responsabilità, il Comune punta il dito contro la Regione

Dito puntato contro la Regione Emilia-Romagna per il ritardo e l'inadeguatezza delle comunicazioni d'emergenza la notte della tragica alluvione, tra il 13 e il 14 settembre scorsi. Ieri si è riunita per la prima volta la commissione comunale d’inchiesta per analizzare i protocolli scattati in quelle ore drammatiche ed accertare eventuali responsabilità con riferimento agli allagamenti che hanno interessato le frazioni cittadine di Roncaglia e Borghetto. Allagamenti che si sono verificati intorno alle 7,30 del mattino quando già dalle due di notte in alta Valnure e in alta Valtrebbia la situazione era precipitata.

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Di fronte alla commissione presieduta dal consigliere Paolo Garetti (Sveglia) ha parlato l’ingegner Gaetano Fedele, dirigente comunale con delega alla protezione civile. Dopo la solita e doverosa premessa sull'eccezionalità dell'evento atmosferico, con una quantità enorme di pioggia caduta in pochissimo tempo, il funzionario del Comune di Piacenza ha spiegato nel dettaglio la dinamica delle varie comunicazioni; molte delle quali – ed è questa la prima pecca a cui senz'altro ci sarà da porre rimedio – sono avvenute via email: è insensato che si possa pretendere che un responsabile della protezione civile stia a controllare la posta elettronica nel cuore della notte.

Una telefonata, a dire il vero, Fedele l'ha ricevuta intorno alle 4 del mattino da parte dell'Aipo, l'agenzia interregionale per il Po; telefonata che lo informava dei livelli in aumento, ma senza particolari preoccupazioni. In ogni caso, ha spiegato ieri ai membri della Commissione, il funzionario stesso decide di far scattare la procedura e contatta il dipendente comunale reperibile per le emergenze. Il sindaco però non viene avvertito. E Fedele spiega che, in base alle informazioni che aveva, non sembrava necessario.

In realtà lo era, visto che già due ore prima (intorno alle due) un'ondata di piena ampiamente oltre ogni evento mai registrato nel Piacentino aveva devastato Farini e la Valnure, Marsaglia e l'alta Valtrebbia e buona parte della Valdaveto dove se non ci sono stati morti è un miracolo. Ma al funzionario comunale questa informazione non arriva. E spiega nel dettaglio quali sono le comunicazioni che ha ricevuto dal Comitato operativo regionale di Protezione civile: la prima email (senza telefonate per segnalarne l'invio) è delle 4,39 e riguarda l'allerta per il Trebbia. Dieci minuti dopo arriva una email di tenore uguale per il Nure. Alle 5,44 arriva una nuova email con un aggiornamento sulla situazione del Trebbia che doveva essere dettagliato in un file allegato che tuttavia non era presente; ma che in ogni caso non sarebbe stato di particolare utilità, e lo si è scoperto quando è poi arrivato alle 8,38: del tutto generico, dice Fedele. A quell'ora Roncaglia era già sott'acqua.

Gaetano Fedele riferisce poi di tre comunicazioni di allerta consecutive inviate dalla Prefettura di Piacenza tra le 6,56 e le 7,16, ovvero quando il Nure aveva già mietuto le sue tre vittime a Recesio di Bettola, dove era crollata la Provinciale, e quando Farini, Marsaglia e la Valdaveto erano già state invase dal fango, e Roncaglia stava per essere allagata; peraltro in zone non considerate a rischio (altro punto su cui riflettere). 

Morale, fatta salva la considerazione sulla "bomba d'acqua" imprevedibile per intensità, il meccanismo delle comunicazioni tra istituzioni in casi del genere sembra che faccia più acqua di quella caduta dal cielo all'alba del 14 settembre. E' quel che emerge dalla relazione dell'ingegner Gaetano Fedele. Il quale sostiene di non essere stato messo a conoscenza dei danni enormi già avvenuti in Valnure (per fare l'esempio più eclatante) quasi quattro ore prima dell'esondazione che ha poi allagato Roncaglia. Se il quadro fosse stato più chiaro, forse qualche danno poteva essere evitato. Non tutti, certo, perché in poche ore, nel cuore della notte, non si ha il tempo materiale di mettere in salvo di evacuare decine di case e aziende. Ma qualcosa in più lo si poteva fare. 

Resta da capire come poteva avvenire il passaggio di informazioni tra le alte vallate del Nure e del Trebbia e il comitato operativo regionale di Protezione civile. Centralini delle forze dell'ordine, vigili del fuoco, semplici cittadini: è da qui che le informazioni potevano arrivare e dovevano poi essere "girate" a valle e nei centri operativi. Ma non è stato fatto.

Ora, sempre in sede di commissione, sono in programma le audizioni proprio dei responsabili regionali del Cor oltre che della prefettura di Piacenza e dell'Aipo.