Era la mattina del 14 settembre scorso, quando il territorio Piacentino si risvegliò sconvolto dall’alluvione che si era abbattuta sulla Valtrebbia e sulla Valnure e portò con sé conseguenze molto serie, persino nei pressi del capoluogo (in particolare nelle frazioni di Roncaglia e Borghetto e nel quartiere di Sant’Antonio).
A un mese di distanza, abbiamo chiesto ai sindaci dei Comuni interessati dal disastro – soprattutto in montagna – qual’è la situazione e se siano arrivati i fondi promessi dallo Stato e dalla Regione. Il bilancio, ad oggi, sembra parlare di una buona reazione per lo stanziamento dei soldi utili alla cosiddetta “somma urgenza”, mentre per quanto riguarda i lavori necessari alla messa in sicurezza del territorio, quindi strutturali, nulla pare essere ancora stato sbloccato.
Da quanto abbiamo potuto apprendere, finora sarebbero stati stanziati 5 milioni di euro dalla Regione, 10 milioni di euro dal governo e 2,2 milioni dalla Provincia per gli interventi di somma urgenza. Ma i danni totali stimati si aggirerebbero intorno ai 90 milioni e sommando solo quanto dichiarato dai primi cittadini di Farini, Ferriere, Bettola e Bobbio, mancherebbero all'appello almeno 20 milioni di euro.
Partiamo da Farini, paese di circa 1.300 abitanti dell’Alta Valnure, le cui immagini delle case squarciare dalla violenza delle acque fecero il giro d’Italia. Il sindaco Antonio Mazzocchi ha spiegato: “Per la somma urgenza abbiamo avuto il via libera allo stanziamento di 300mila euro e la Regione sta intervento per altri 200mila euro per alcuni lavori lungo il Nure. Ma certamente c’è ancora molto da fare. Posso stimare che manchi ancora una somma, per mettere in sicurezza il mio Comune, tra gli 800mila e 1 milione di euro”.
Molto più alta, invece, la cifra stimata per Ferriere. Nel Comune sempre dell’Alta Valnure e di circa 1.300 abitanti, il primo cittadino Giovanni Malchiodi ha detto che “per la somma urgenza sono stati utilizzati 350mila euro. Ma permangono situazioni molto gravi, soprattuttto per riportare alla normalità le strade. Noi, se vogliamo fare le opere che servono, avremmo bisogno nel complesso di 10 milioni di euro”.
Scendendo, in Media Valnure, il Comune che ha pagato più cara l’alluvione è sicuramente Bettola, 2.800 abitanti. Non tanto in fatto di danni – che comunque non sono mancati – quanto in termini di vite umane. In questa zona, a Recesio, sono morti la guardia giurata Luigi Albertelli e Luigi Agnelli, mentre è ancora disperso il padre di quest’ultimo, Filippo Agnelli. Anche per questo, il sindaco Sandro Busca ha tenuto a premettere: “Prima dei soldi, pensiamo a riattivare le sue ricerche, per dare una degna sepoltura a un nostro concittadino”. Sul fronte dei fondi, invece, per la somma urgenza sono stati attivati subito 70mila euro, con la richiesta di altri 300mila. Ma Bettola, ha poi puntualizzato il primo cittadino, "rischia la desertificazione”. Nel Comune, la piena ha infatti spazzato via molti luoghi di ritrovo, tra i quali gli impianti sportivi, parchi pubblici e la piscina: “Se dovessimo quantificare una somma, potremmo stimarla intorno ai 2 milioni e 600mila euro per i privati (che dovrà essere accertata) e 1 milione e 500mila euro per la parte pubblica. Se a questi vogliamo aggiungere anche le difese spondali e la messa in sicurezza del ponte, la cifra potrebbe salire anche a 6-7 milioni di euro in totale”.
Cambiando valle, a Bobbio, questo Comune di 3mila e 600 abitanti è stato quello che in Valtrebbia ha avuto le conseguenze peggiori dall’alluvione. Roberto Pasquali, sindaco del paese, ha illustrato quanto è stato stanziato e quanto ancora manca: “Per la somma urgenza sono stati utilizzati 26mila euro, però siamo in attesa dello sblocco del Patto di Stabilità per la ricostruzione del ponte di Barberino che è crollato (800mila – 1 milione di euro), per la messa in sicurezza del Ponte Gobbo, danneggiato dalla piena (1 milione e 200mila euro) e per ripristinare l’area camper, la riapertura di alcune strade e la difesa delle sponde (700-800mila euro). In totale possiamo stimare gli interventi necessari in 3-4 milioni di euro”.
Infine, per Piacenza, nelle frazioni di Roncaglia e Borghetto, così come per il quartiere di Sant’Antonio, i lavori di ripulitura e messa in sicurezza sono stati portati avanti con una certa celerità – anche grazie all’intervento di Iren -, mentre per interventi strutturali, lo stesso sindaco Paolo Dosi aveva dichiarato sconsolato: “Credo che sia un’emergenza che vada gestita nella maniera più condivisa e larga possibile. In ogni caso, noi non seguiremo gli annunci ma parleremo di azioni concrete senza fare promesse, perché poi i cittadini se non le vedono rispettate vengono a tirare la giacchetta a noi sindaci”. Facendo capire, in buona sostanza, che poco o nulla era arrivato dopo la visita e le promesse del premier Matteo Renzi. Dichiarazioni che avevano fatto seguito a quelle del consigliere comunale Tommaso Foti, di Fratelli d'Italia, il quale aveva segnalato che “l’ok del consiglio dei ministri alla concessione dello stato di emergenza per Piacenza non è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, fino ad allora gli annunci trionfalistici e la distribuzione di soldi sono fuori luogo”.