La scarsa qualità delle immagini delle telecamere del locale che, a causa dell'oscurità e della pioggia di quella notte, impedirebbe di identificare con precisione i presunti autori dell'incendio. E' intorno a questo video che si sta giocando la sfida tra accusa e difesa nel processo ai quattro giovani piacentini ritenuti responsabili dell'incendio alla birreria Old Facsall sul Pubblico Passeggio (Piacenza) avvenuto il 27 aprile 2013. I quattro – tre ragazzi e una ragazza – furono fermati dalla polizia la sera stessa del fatto nel parcheggio del Cheope e successivamente indagati: devono rispondere davanti al giudice Giuseppe Tibis di incendio e di furto aggravato in concorso. Dopo aver visto sfilare una lunga lista di testimoni, il processo, che si protrae dal maggio scorso, è stato rinviato per la discussione al prossimo 1 marzo, ma su di esso pende una pesante spada di Damocle: poiché nel frattempo il giudice monocratico Tibis andrà in pensione, il rischio è che, in mancanza di accordo tra le parti, il processo debba ricominciare daccapo. Eventualità più concreta che mai nonostante la contrarietà sia del piemme Antonio Rubino, che ha dichiarato la propria opposizione al fatto di prolungare il processo ("è sperpero di denaro pubblico"), sia degli avvocati difensori dei quattro imputati Wally Salvagnini con Giovanna Cavaciuti, Fabio Leggi e Alessandra Cecca.
Nell'udienza odierna sono stati ascoltati i poliziotti della questura di Piacenza che hanno condotto le indagini, sia quelli della Mobile sia quelli della Volanti che fermarono i giovani. In seguito i due poliziotti della scientifica, sia di Piacenza che di Bologna, chiamati a valutare la compatibilità delle fotografie degli imputati con le immagini del video. L'ispettore della scientifica di Bologna ha confermato come la bassa qualità delle immagini non consenta la comparazione almeno per tre dei quattro imputati. Poi è stato il turno dei consulenti di entrambe le parti. Come consulente della difesa in aula è stato ascoltato l'ingegner Andrea Vitiello (già consulente nel processo di Yara Gambirasio) il quale ha affermato che, a causa della qualità "pessima" delle immagini, non si possono riconoscere i volti delle persone.