Continua il percorso di mobilitazione del Coordinamento Migranti nelle città e nelle province dell’Emilia-Romagna. Dopo Modena, Rimini e Bologna, sabato 30 maggio si è tenuto un incontro a Piacenza, dove alcuni lavoratori hanno lamentato agli attivisti del Cordinamento una gestione dei permessi di soggiorno a loro dire negativa, una gestione che, si legge in una nota, "pare avere come unico obiettivo e risultato quello di rendere sempre più difficile la permanenza dei migranti in città e provincia, specie con la crisi economica di questi anni. Si tratta di una situazione peggiore di quella che si verifica negli altri Uffici Immigrazione delle Questure dell’Emilia-Romagna che pure non sono prive di male pratiche contro le quali saremo in piazza a Bologna nella manifestazione regionale dei/delle migranti del 13 giugno". Per questo il Coordinamento Migranti ha deciso di scrivere una lettera pubblica alla Questura di Piacenza.
La lettera: "Male pratiche della Questura di Piacenza: nulla di simile accade negli altri Uffici Immigrazione dell’Emilia-Romagna"
Scriviamo questa lettera per denunciare la gestione assolutamente discrezionale delle pratiche di rinnovo dei permessi e di concessione delle carte di soggiorno da parte della Questura di Piacenza, una gestione volta a rendere sempre più difficile la permanenza dei migranti in città e provincia, specie con la crisi economica di questi anni. Nulla di simile accade negli altri Uffici Immigrazione delle Questure dell’Emilia-Romagna che pure, come stiamo denunciando da mesi, non sono prive di male pratiche.
I dirigenti e funzionari dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Piacenza impiegano anche fino a dieci mesi per rinnovare un permesso, concedere una carta di soggiorno o anche soltanto aggiornare i documenti con i dati di un parente ricongiunto o alla nascita di un figlio. Forse la Questura non sa che la legge prevede un massimo di due mesi!
La Questura è l’unica responsabile di questi ritardi: non solo perché perde tempo a controllare i contributi versati quando una sentenza del Tar Lombardia ha affermato che il rinnovo del permesso non è vincolato ai contributi INPS, ma anche perché allunga le pratiche chiedendo documenti non necessari (come quando richiede il certificato di matrimonio per inserire nella carta di soggiorno del marito una moglie regolarmente residente tramite precedente ricongiungimento familiare).
La conseguenza più grave di questa totale incuranza dei tempi stabiliti per legge è la consegna di permessi quasi scaduti. Questo non solo costringe i migranti a spendere nuovamente più di 200 euro per depositare la domanda di rinnovo alle poste, ma produce anche numerose difficoltà nella ricerca del lavoro e nell’accedere a servizi pubblici e privati.
Inoltre, invece di consegnare permessi di un anno con contratti di lavoro di durata inferiore, la Questura consegna spesso permessi la cui durata coincide con quella del contratto di lavoro. E ancora: di fronte a un contratto di lavoro a tempo indeterminato, il permesso della durata di due anni viene consegnato soltanto al secondo rinnovo, non immediatamente. Succede anche che, dopo aver aspettato per mesi, se si perde il lavoro il giorno prima della data fissata per il ritiro, viene consegnato un permesso per ricerca lavoro!
Come se non bastasse, talvolta la Questura nega il rinnovo del permesso senza prima rilasciare il cosiddetto 10bis, il foglio nel quale si elencano i documenti mancanti dando tempo ai migranti di sanare la situazione. Così, i migranti si sentono dire di rivolgersi a un avvocato quando non ce ne sarebbe assolutamente bisogno. Capita inoltre che, nei casi in cui i migranti non possono presentare un contratto di lavoro a causa della crisi economica, la Questura non rilascia un permesso di soggiorno per attesa occupazione come previsto per legge, ma consegna direttamente un foglio di via.Anche quando è rilasciato, il permesso per ricerca lavoro dura soltanto sei mesi, quando la legge stabilisce un massimo di un anno rinnovabile per un altro.
Infine, la questione più grave: la Questura ha ritirato alcune carte di soggiorno ai migranti che ne hanno richiesto l’aggiornamento ad esempio per la nascita di un figlio, quando per legge la carta è un permesso a tempo indeterminato che non può essere revocato per reddito basso o mancanza di lavoro.
Tutte queste male pratiche sono il segno di quello che denunciamo come razzismo istituzionale: una gestione discrezionale dei rinnovi dei permessi e della concessione delle carte di soggiorno volta a rendere difficile la regolare permanenza dei migranti in questa difficile situazione di crisi economica. A Piacenza, la questione appare ancora più grave perché molte di queste male pratiche colpiscono i lavoratori migranti che hanno condotto le lotte all’IKEA e nella logistica. Tutto questo è inaccettabile. Per questo, anche da Piacenza, i migranti si mobiliteranno per partecipare alla manifestazione regionale che si terrà sabato 13 giugno a Bologna. Da Piacenza, come da Rimini, Modena, Reggio Emilia e Bologna, i migranti manifesteranno per le strade di Bologna contro la legge Bossi-Fini, il legame tra permesso di soggiorno, reddito e lavoro, contro il razzismo istituzionale.
Dopo la manifestazione del 13 giugno, ci aspettiamo che la Questura convochi un incontro per trovare i modi più rapidi per mettere fine a pratiche amministrative che costruiscono segregazione e disagio. Se così non sarà, anche Piacenza, come a Bologna, i migranti scenderanno in piazza per rivendicare la loro libertà e i loro diritti!