Una normale operazione di rimozione di un pacemaker che si trasforma in un calvario ospedaliero durato tre mesi e che culmina con una drammatica scoperta: “Nel petto di vostra madre abbiamo trovato una garza chirurgica”. Si è aperto davanti al giudice Gianandrea Bussi il processo che vede come imputata un medico piacentino in servizio al reparto di Cardiologia dell’Ospedale Guglielmo da Saliceto (difeso dall'avvocato Giuseppe Insalata foro di Parma) accusata di lesioni personali gravi. Vittima una piacentina di 79 anni che ha visto la sua vita condizionata e drasticamente peggiorata a causa di presunti errori, di leggerezze e di ritardi nella diagnosi di quella che si è poi rivelata essere una estesa infezione interna . Questa mattina (3 giugno) la donna – che si è costituita parte civile assistita dall’avvocato Guglielmo Zacconi – ha raccontato quanto accaduto al giudice a partire da quel maledetto luglio del 2013, qualche giorno dopo che il suo dottore di fiducia le suggerì l’intervento di rimozione del pacemaker in quanto la batteria si era esaurita. Da quel momento si è susseguito un andirivieni della donna dall’ospedale a casa, e viceversa, a causa di continui dolori al petto patiti dalla donna e che venivano curati, anziché con l’operazione necessaria, con una terapia anticoagulante fatta di un uso massiccio di antibiotici. I figli, che oggi hanno testimoniato in aula, hanno contato otto accessi al pronto soccorso chirurgico e quindi al reparto di Cardiologia dell’Ospedale piacentino: continue richieste di aiuto e di consulto alle quali venivano contrapposte altrettante rassicurazioni. “Mia madre continuava a sentire dolore e temevamo si trattasse di una infezione – ha spiegato il figlio in aula – alcuni dottori si dicevano anche preoccupati. Nonostante ciò, però, la dottoressa ci rassicurava sempre, sosteneva che tutti gli indici erano nei parametri e che occorreva proseguire con la terapia di antibiotici. Fino a quando un giorno ho trovato mia madre a casa che si lamentava del dolore e che perdeva tantissimo sangue”. Dopo otto accessi in ospedale senza che la situazione desse cenni di miglioramento e sotto l’insistenza della famiglia, la donna viene così trasferita all’ospedale di Bologna. Qui, dopo una serie di peripezie legate al ritardato invio della documentazione, le viene diagnosticata una vasta infezione. Viene così ricoverata d’urgenza e sottoposta a un intervento. “L’infezione avvolgeva tutta la zona del peacemaker e rendeva particolarmente delicato il riposizionamento del pacemaker. Alla fine i medici sono stati costretti a ricollocare l’impianto in zona addominale”. Oggi la donna, dopo la lungodegenza effettuata in una struttura a Pontedellolio, è costretta a deambulare con una sorta di girello. Ulteriori interventi per farla tornare a camminare come prima – ha rivelato il figlio – sarebbero troppo rischiosi per la vita stessa. “Non riusciamo a capire – ha detto il figlio sconsolato in aula – come dopo otto accessi in ospedale nessuno sia riuscito a valutare che era in corso un’infezione di quelle dimensioni”.