Dopo l'arresto dei fratelli Uku, responsabili dell'omicidio di Sadik Haiderj avvenuto al Baraonda il 1 settembre 2013, le forze dell'ordine piacentine hanno iniziato serrate indagini all'interno del mondo della prostituzione. Il delitto Haiderj, infatti, altro non fu che l'apice di una guerra tra bande dedite al racket del sesso a pagamento, una guerra per il controllo delle varie zone della città che quel primo settembre raggiunse il culmine della violenza e della gravità. Durante l'inchiesta che portò all'arresto dei fratelli Uku e allo smantellamento del loro gruppo, gli investigatori hanno sondato il torbido universo della prostituzione: "Un mondo fatto di gruppi che si contendono il territorio e che fanno della violenza il loro modus operandi – spiega il procuratore capo Salvatore Cappelleri – gruppi che aggrediscono fisicamente non solo i rivali, ma spesso e volentieri anche le prostitute gestite dai rivali. In altri casi invece avvengono delle vere e proprie compravendite di territori e una banda sceglie di cedere il controllo di una determinata zona a un'altro gruppo dietro un pagamento. Un aspetto in particolare ci ha sorpreso: l'arresto dei fratelli Uku e lo smantellamento della loro organizzazione ha lasciato ovviamente 'libere' le zone prima da loro controllate: ebbene in breve tempo questi territori sono rientrati immediatamente sotto il controllo di altre bande. Questo rende l'idea di quanto il fenomeno dello sfruttamento della prostituzione sia radicato e diffuso".
PROSTITUTA A 16 ANNI, NOVE ARRESTI
Fine 2013, una ragazzina di appena 16 anni entra in caserma dei carabinieri in lacrime. I militari la accolgono, la confortano e la tranquillizzano per poi chiederle che cosa fosse accaduto. La ragazzina comincia a raccontare la sua storia. Pochi mesi prima era stata convinta da un amico a lasciare la Romania per raggiungere l'Italia dove avrebbe lavorato come baby sitter a casa sua. In effetti per alcuni giorni la giovanissima non ha fatto altro che accudire il figlio appena nato dell'amico. Solo per alcuni giorni però, perché poco tempo dopo il conoscente ha costretto la 16enne a scendere in strada trasformando la ragazzina in una prostituta. L'inferno era però troppo duro da sopportare e così una notte, approfittando dell'assenza dei suoi aguzzini, la giovane ha lasciato la sua postazione e ha raggiunto i carabinieri raccontando tutto. Da quella notte è così partita un'indagine condotta dall'Arma e coordinata dal pm Antonio Colonna che ha portato all'arresto di nove persone tra cui una donna. Gli inquirenti hanno gettato luce su una banda che gestiva la zona di Montale e Pontenure, ognuno dei nove componenti gestiva tra le tre e le quattro ragazze ciascuno per un totale dunque di circa 30 donne costrette a prostituirsi. Tutte giovanissime, dai 17 ai 25 anni: per molte di queste il gruppo recuperava dei documenti falsi in modo da farle figurare tutte maggiorenni e regolari sul territorio italiano. Ragazze non solo giovani ma anche molto belle e quindi gettonatissime dai clienti: ognuna di loro in un giorno riusciva a guadagnare anche mille euro, anche se ovviamente la maggior parte del denaro finiva poi nelle tasche degli sfruttatori. Le vittime di questa schiavitù venivano 'agganciate' con false promesse nei paesi dell'Europa dell'Est, soprattutto Romania e Albania. Anche i membri del gruppo erano tutti provenienti da Albania e Romania: dettaglio singolare questo, è raro infatti che una banda dedita al racket del sesso a pagamento sia composta da persone di varia nazionalità. Nove dunque le persone raggiunte dal provvedimento di custodia cautelare: due di loro però sono tuttora latitanti nei rispettivi paesi di origine, un'altro era già in carcere per rapina.