Alla Sala dei Teatini, Concerto per la Festa della Repubblica

Prosegue lunedì 1 giugno alle 21 con il Concerto per la Festa della RepubblicaRicorrenze in musica”, la rassegna concertistica proposta dalla Fondazione Teatri per celebrare in musica importanti festività nazionali.

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Protagonista di quest'appuntamento la 150rchestra di Piacenza che, diretta dal Maestro Marco Beretta, si esibirà in un concerto, ad ingresso gratuito, dal titolo Le danze che racchiude in sé lo spirito della serata.

Una serata che si aprirà con i Ballabili da Otello e la Marcia trionfale e i Ballabili da Aida, entrambe opere di Giuseppe Verdi. Quindi sarà la volta della Marcia slava op.31 di P'tr Il'ic Čajkovskij a cui seguirà Danze polovesiane dal Principe Igor di Aleksandr Borodin. Il concerto proseguirà con le Danze Ungheresi numero 1, 4 e 5 di Johannes Brahms per poi chiudersi con “La danza ritual del Fuego” da El amor drujo di Manuel De Falla.

 

Osservando nel dettaglio il programma del concerto si può affermare che in apertura si avrà la possibilità di scoprire un aspetto della musica di Verdi di cui si parla poco, ovvero il contributo che il Cigno di Busseto ha dato al balletto. In particolare sono cinque le opere del compositore emiliano che meritano di essere approfondire per comprendere quanto le sue note abbiano influito sulla evoluzione delle coreografie in questione, vale a dire Jérusalem, Macbeth, I Vespri Siciliani, Aida e Otello. È proprio in questi melodrammi, infatti, che si possono apprezzare dei ballabili di pregevole fattura, ancora oggi molto graditi dai ballerini di tutto il mondo. Questa "passione" di Verdi per il balletto si può far risalire alla prima esperienza del bussetano con l'Opéra, il tempio dell'opera lirica di Parigi: nel 1847, nel periodo in cui sta preparando i Masnadieri per Londra, giunge anche la proposta francese per la prima rappresentazione in territorio transalpino. Nel concerto del 1 giugno si potrà quindi apprezzare come nel caso dell'Otello i Ballabili siano tra i più belli in assoluto, anche se spesso vengono trascurati e invece meriterebbero una maggiore attenzione. Una citazione d'obbligo la meritano la canzone araba, con la sua invocazione ad Allah, la canzone greca e l'allegro vivace. Per quel che concerne l'Aida, oltre alle danze sparse qua e là, schiavi egizi, ancelle e mori che allietano gli spettatori una citazione particolare la merita la celeberrima Marcia trionfale.

 

La Marcia Slava o Marcia serbo-russa è una composizione sinfonica composta da Čajkovskij nel settembre del 1876 in occasione di una beneficenza in favore dei soldati slavi che erano rimasti feriti durante la guerra serbo-turca di quegli anni. Il tema principale, tratto da una canzone del folklore serbo, tutta intrisa di animo meditativo e sofferente, ne inizia l'introduzione che poi, mano a mano, va sviluppandosi con una perfezione orchestrale che solo in Čajkovskij si ottiene, evidenziandone così l'intensa sofferenza umana portata dagli eventi bellici. Anche in questa composizione l'autore mette in luce il suo spirito slavo e il suo carattere nazionalistico concludendo il lavoro con toni festosi e con una splendida marcia in cui è evidenziato sempre di più il vecchio inno nazionale: l'Inno Zarista.

 

La pagina più nota, interamente strumentata da Borodin, del Il Principe Igor sono le Danze polovesiane, che nell'opera si collocano alla fine del secondo atto, nella scena in cui il signore dei Tartari intrattiene con danze e canti il principe Igor suo prigioniero. L'ambientazione "orientale" dei barbari polovesi è ricca di un acceso colorismo che avvicina Borodin, più che all'asciutta crudezza di Musorgskij, alla smagliante brillantezza di Rimskij-Korsakov, tanto è energica, chiara e vivace la sua rappresentazione: ora selvaggia e furiosamente ritmata dal coro dei vincitori – e il coro, ossia il popolo, russo o polovese che sia, è il protagonista assoluto dell'affresco dell'opera, con grande varietà di aspetti -, ora delicata e sognante, come nella prima danza Andantino, ora espansa melodicamente (il dolce e cantabile del Moderato alla breve), ora vorticosamente scandita, come nella chiusa vertiginosa Più animato. Sono immagini musicali di intensa, plastica suggestione, profondamente intrise di sentimento nazionale, giustamente divenute simbolo di un'epica collettiva.

 

Le Danze ungheresi per pianoforte a quattro mani sono state scritte da Johannes Brahms agli inizi della sua carriera musicale quando il giovane Johannes si ritrovò, per guadagnarsi da vivere, a suonare con piccoli complessi che si esibivano nel porto della città natale. A questa esperienza di genti, culture e musiche eterogenee è da attribuirsi la fonte delle sue prime ispirazioni etnomusicali. In particolare grande influenza ebbe il violinista ungherese Eduard Réményi compositore di musiche zigane. Nel 1852, il diciannovenne musicista, iniziò la composizione delle danze ungheresi per puro diletto. Il lavoro continuò sino al 1869 quando a Bonn l'editore Simrock pubblicò i primi due quaderni (senza numero d'opus) che raccoglievano le prime dieci composizioni. Queste ebbero in tutta Europa un notevole successo e furono immediato oggetto delle più svariate trascrizioni. Nella partitura originale le danze venivano qualificate come ungheresi perché in quel tempo il folclore magiaro era del tutto sconosciuto e confuso con la musica zigana che quel popolo nomade aveva diffuso. Le danze ungheresi sono infatti impregnate del ritmo e delle melodie zigane affrancate dal virtuosismo che veniva inserito ed inventato dagli esecutori. Solo nel XX secolo le ricerche musicali di Zoltàn Kodàly e BélaBartòk chiariranno l'equivoco e riporteranno alla luce le musiche ungheresi. Dal punto di vista formale la danza ha una forma tripartita: viene presentato un primo tema a cui ne segue un secondo contrastante con il primo nell'espressione e nel ritmo. Conclude ogni composizione la ripresa del primo movimento svolto in modo variato.

 

El amor brujo (traduzione "L'amore stregone") è un balletto in un atto e due scene su musica di Manuel de Falla. Falla, che attinge copiosamente e con squisita sapienza al repertorio storico della musica spagnola ci ha regalato uno dei suoi pezzi più belli con questa composizione, ricca di melodie e cambi di tempo; sebbene la storia non sia estremamente avvincente e abbastanza breve, la musica, la coreografia e le ambientazioni creano un'atmosfera davvero gitana e riescono a trasportare lo spettatore completamente. Molti pezzi del balletto di De Falla sono stati molto apprezzati dai pianisti e divennero famosi. Uno di loro, La danza ritual del Fuego(La danza rituale del Fuoco), fu il cavallo di battaglia del compositore.