Docenti piacentini in protesta. Mozione a Renzi: “L’istruzione non è merce”

La rivoluzione parte dalla scuola, s’è sempre detto. Ora però è la scuola ad essere nel pieno di una rivoluzione che sembra proprio non andare giù al grosso di chi nella scuola ci lavora e ci vive; parliamo di insegnanti, studenti e di chi li rappresenta (sindacati, movimenti, comitati). La rivoluzione è quella della “Buona scuola”, l’ormai famoso (o famigerato) disegno di legge varato dal governo di Matteo Renzi che proprio in questi giorni, dopo il primo ok della Camera con le relative modifiche, sta per essere discusso in Senato. Passo dopo passo, dunque, la più imponente e rivoluzionaria riforma del sistema scolastico italiano si avvia verso l’approvazione. E le vene ai polsi dei tantissimi scontenti iniziano a tremare sul serio. Contestazioni un po’ in tutta Italia sono piovute come macigni sulla testa del premier che tuttavia va avanti imperterrito per la sua strada. Una strada che, sostengono in molti, porta verso una sorta di “aziendalizzazione” dell’istruzione che, al contrario, dovrebbe essere la madre di tutti i servizi pubblici degni di questo nome. Proprio in questi termini si articola la critica di una importante “fetta” di insegnanti piacentini che, in questi giorni, hanno detto la loro sul ddl esprimendo “profonda preoccupazione”. Parliamo dei docenti dell’Istituto Faustini-Frank, sezione staccata Nicolini: ben più della metà degli insegnanti ha firmato una mozione nella quale, per punti, si pone l’accento sulle criticità dei vari settori toccati dall’iniziativa renziana. Ma non solo; la critica è a tutto tondo e tocca il metodo e la “filosofia” della riforma: “Si va a incentivare un’istruzione intesa come merce – dice il professor Daniele Sacchetti del Nicolini, primo firmatario della mozione – e una scuola intesa come azienda”. Senza contare l’aspetto degli investimenti: “Veniamo da anni di tagli lineari – aggiunge Sacchetti – e la tendenza non è stata invertita. Le risorse sono un problema, si sa, ma abbiamo l’esempio di altri Paesi, France e Germania ad esempio, dove in questi anni di crisi si è deciso di investire sull’istruzione mentre l’Italia è rimasta indietro con una spesa pari al 3% del Pil: troppo poco”.

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Di seguito pubblichiamo integralmente il testo della mozione.

 

 


I Docenti dell’Istituto Faustini-Frank, sezione staccata Nicolini, in risposta all’invito del Governo, del MIUR e dell’USR a discutere sulla proposta di riforma “La buona scuola” e alla luce del Disegno di Legge appovato dal Consiglio dei Ministri il 12 marzo scorso, dopo un’attenta analisi di entrambi esprimono profonda preoccupazione per i seguenti aspetti:

 

1)Sui 250.000 precari che lavorano nella scuola, i 148.000 che, secondo “la buona scuola”, avrebbero dovuto essere  stabilizzati, sono scesi prima a 120.000, poi a 100.000 anche se ora sembra probabile che solo 50.000 saranno assunti dalle GAE (il numero di 50.000 è legato ai posti nell’organico di diritto e coincidono con il piano di assunzioni del governo Letta).

2)Gli esclusi (GAE, graduatorie d’istituto, abilitati con contratto di 36 mesi) avrebbero un binario preferenziale del 40% non per l’assunzione, ma per partecipare a un nuovo “concorsone” bandito il 1° ottobre 2015.

3)Non c’è attenzione al fatto che nelle GAE ci sono persone che non hanno i 36 mesi di servizio o che lavorano da anni nelle scuole paritarie mentre nella seconda fascia d’istituto, ci sono docenti abilitati che i 36 mesi li hanno fatti quattro volte di seguito e nella scuola pubblica.

4)Non esiste un piano di immissioni in ruolo per i docenti abilitati,che nella scuola statale ci hanno lavorato davvero, in ottemperanza alla Direttiva Europea n°70 del 1999 e per la quale siamo in infrazione secondo la sentenza della Corte di giustizia europea del 26 novembre 2014.

5)Colpisce l’istituzione dell’organico funzionale per reti di scuole che, in assenza di cattedre di diritto aggiuntive, rischia di trasformare una parte dei docenti che oggi lavorano con contratti a termine in semplici “sostituti” del personale assente. Due gli effetti perversi più evidenti: il danno arrecato allo sviluppo della professionalità dei suddetti docenti e la mancata fruizione di questa nuova immissione in ruolo ai fini della riduzione del numero massimo di studenti per classe.

  1. Preoccupa l’istituzione del preside-manager, figlia di una retorica aziendalistica dilagante i cui benefici effetti a quanto pare rimangono misteriosamente nascosti, dotato del potere di chiamata diretta dei docenti da appositi albi regionali, divisi in liste provinciali o sub provinciali, ma anche di conferire un aumento stipendiale, dopo aver consultato gli organi del suo istituto. Il dirigente, proprio come si fa in azienda, proporrà direttamente ai docenti, anche quelli di altre scuole, un lavoro triennale in base alla cattedra o all’organico funzionale, valutando il suo curriculum con un grande margine di discrezionalità e di potere che potrà diventare anche strumento di ricatto nei confronti dei medesimi, costretti a rimettersi ‘sulla piazza’ alla fine di ogni triennio contrattuale.

7)Offende che si baratti l’istituzione di un bonus di 50 € mensili per consumi culturali e aggiornamento professionale con il blocco del contratto, fermo al 2009, mentre l’indennità di vacanza contrattuale lo resterà fino al 2017 compreso, per cui tra il 2009 e il 2018 i docenti italiani avranno pagato allo Stato una media di 4800 euro del loro stipendio (stima Flc-Cgil). Chiediamo dignità per la nostra figura professionale attraverso il riconoscimento di uno stipendio, una progressione di carriera e una pensione che siano allineati agli standard europei.

8)Allarmante l’art.21 del disegno di legge attraverso il quale il governo chiede al Parlamento ben 13 deleghe in bianco su questioni di rilevante importanza quali i criteri di assunzione del personale docente, il rafforzamento dell’autonomia scolastica e il riordino degli organi collegiali.  

9)Rimane in vigore la detrazione fiscale per le famiglie che decideranno di mandare i figli nelle scuole paritarie. Insieme a queste, verranno predisposti altri strumenti fiscali tra i quali spiccano il 5 per mille destinato anche alle scuole (in questo modo famiglie benestanti  verseranno cospicui gruzzoli alle scuole-bene, mentre briciole arriveranno alle scuole di aree disagiate) e lo «school bonus». Quest’ultimo funzionerà così: coloro che invieranno delle donazioni per finanziare la costruzione di edifici scolastici, per la manutenzione e per la promozione di iniziative dedicate all’occupabilità degli studenti, riceveranno un credito d’imposta al 65% in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi. Peccato che meno entrate fiscali voglia dire meno welfare, a danno per le fasce sociali più deboli.

10)Si continuano a concedere risorse alle scuole paritarie, che costeranno 400 milioni di euro ogni anno, sconfessando il dettato costituzionale che ne norma l’attività senza oneri per lo stato, garantisce il diritto allo studio e assume la responsabilità pubblica della garanzia dell’istruzione.

11)I nuclei interni di valutazione agli istituti saranno coordinati da un Sistema nazionale di valutazione (Snv) rivolto anche alle scuole paritarie. Questi sistemi sono l’espressione del progetto neoliberale introdotto nell’università e nella ricerca con la riforma Gelmini: serviranno cioè ad aumentare la “qualità” della scuola e i “portfolio” di studenti e docenti. Si nega l’idea per cui l’insegnamento è un “servizio pubblico” svilendolo a costo sociale. Diventerà un atto di volontà individuale al servizio della scuola-impresa. Non secondario è l’intento di perseguire la qualità senza oneri di investimento.

12)Con la disoccupazione giovanile al 41% viene teorizzato il ricorso al lavoro gratuito e volontario dei professionisti o dei docenti in pensione che offriranno “servizi” e “competenze” alle scuole. Questo già accade in diversi istituti del Nord Italia. Si vuole così creare “comunità educanti”, ispirate ai valori dell’impresa etica o “imprenditoria sociale”. Nell’immaginario del governo queste comunità avvieranno al lavoro gli studenti con stage e all’apprendistato in azienda, obbligatori negli ultimi tre anni dei tecnici e professionali. Almeno 200 ore all’anno. È un progetto che rientra nella riforma Poletti sui contratti a termine dove gli apprendisti vengono inquadrati con una paga fino al 60 per cento dei loro colleghi. La buona scuola educa. Alla precarietà.

13)Non vediamo alcuna difesa della scuola pubblica L’unica istituzione che toglie ai vecchi per dare ai giovani. Non a caso il DEF approvato dal governo a metà aprile prevede per l’istruzione risorse pari al 3,7% del PIL, rispetto al 4,5% del 2010 e al 5,4% del 1990.

 

Per i suddetti motivi i Docenti dell’Istituto Faustini-Frank, sezione staccata Nicolini, esprimono parere negativo relativamente al Piano Scuola proposto dal governo.

I Docenti esprimono l’esigenza di un forte cambiamento e di una riforma che parta dai veri bisogni della scuola e avanza le proposte contenute nella Legge di Iniziativa Popolare “Per una buona scuola della Repubblica” già depositata alla Camera dei Deputati il 4/8/1996 e di nuovo presentata in discussione alle Camere l’anno scorso.    

In estrema sintesi i punti qualificanti riguardano:

 

1.l’attivazione di adeguati investimenti sull’istruzione pubblica, che attualmente ci collocano agli ultimi posti tra gli stati UE;

2.l’innalzamento dell’obbligo scolastico fino a 18 anni, contro la logica dell’avviamento ad un lavoro dequalificato e precarizzato;

3.l’unicità della funzione docente, con criteri certi di assunzione attraverso concorsi pubblici, riconoscendo anzianità e qualità del lavoro senza meccanismi che favoriscano separazioni e competizione; bisogna d’altra parte ribadire chiaramente che devono essere assorbiti, prima di bandire ulteriori concorsi pubblici, tutti i docenti abilitati di seconda fascia, gli idonei del concorso 2012 e, previo corso abilitante, i colleghi di terza fascia che da anni sostengono con il loro lavoro la scuola pubblica;  

4.autovalutazione d’istituto intesa come ricerca di una risposta ai reali bisogni degli studenti, senza innescare concorrenza tra scuole di cui vediamo ormai da anni i penosi risvolti;

5.la valorizzazione della partecipazione attiva di tutte le componenti della scuola e il potenziamento degli organi collegiali esistenti.

 

Per i suddetti motivi i Docenti dell’Istituto Faustini-Frank, sezione staccata Nicolini, esprimono parere negativo relativamente al Piano Scuola proposto dal governo.