Raduno sinti, sindaco e prefetto: sì al dialogo, ma nel rispetto delle regole

 I pregiudizi ci sono, inutile negarlo. E anche per andare incontro a queste resistenze, i responsabili della comunità dei sinti evangelici di Piacenza hanno deciso di invitare al loro raduno di due settimane, che si svolge nell’ampio piazzale del polo logistico fino a domenica, in via Giuseppe Nadotti a Piacenza, le istituzioni cittadine.

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Così nel pomeriggio, di venerdì 22 maggio, il sindaco Paolo Dosi , affiancato all’assessore al nuovo Welfare Stefano Cugini e il prefetto Anna Palombi, hanno preso parte alla manifestazione religiosa, che conta circa 400 roulotte registrate e, quindi, la partecipazione di un migliaio di sinti.

Accolti calorosamente dai responsabili dell’evento, hanno spiegato le ragioni della loro visita.  Il prefetto, in particolare, si è sentita in dovere di parlare direttamente ai piacentini, sia per la questione sinti (spesso associati ai rom), che per quella dei profughi: “Lo dico sempre. Ritengo che il dialogo vada instaurato con tutte le realtà religiose. Qui lo voglio ribadire, per scongiurare intolleranze e esclusioni. Sia per i nomadi che i profughi possono esserci dei problemi, ma dobbiamo cercare di attuare reciprocamente tutte le esperienze e le collaborazioni per arrivare ad una migliore qualità di questo rapporto, con sempre maggiore attenzione alla sicurezza. Tutti dobbiamo tenere presente, quindi, che esistono dei imiti e delle regole che vanno rispettati”.

Gli ha fatto eco il sindaco Paolo Dosi, il quale ha spiegato il perché, ogni anno da ormai molto tempo, Piacenza è una città che accoglie questo tipo di raduni, a differenza di altre città. “Si è sempre svolto nel rispetto delle norme, con il gruppo promotore che rivolge richiesta in Comune, rispettoso delle regole, senza creare problemi di ordine pubblico o logistico. Per cui preferisco che questi raduni siano alla luce del sole, piuttosto che in modo clandestino e senza autorizzazione a causa del pregiudizio o il sospetto reciproco. Credo che nel corso degli anni queste iniziative non abbiano mai avuto problemi e quindi penso solo sia positivo che si sviluppino con queste modalità”.

Ma come detto, però, i pregiudizi rimangono. Se non qualcosa di più. Lo ha confermato il rappresentante dell’associaizone sinti, Elvis Ferrari: “A causa del nomadismo veniamo discriminati, con comportamenti di razzismo, anche se siamo cittadini italiani da sei secoli. C’è chi vive in casa, chi nelle roulotte. Ma noi qui vogliamo solo dare un messaggio di vita, religioso, che favorisce l’integrazione”.

Una integrazione che, al di là degli auspici, risulta ancora difficile. Nonostante a Piacenza, nel campo nomadi di Torre della Razza, qualcosa sia cambiato nel corso del tempo: “Con il Comune abbiamo avviato un’attività di scambio. Grazie al lavoro di 13 persone manteniamo noi la gestione provvedendo a tutto, pulizia e manutenzione – ha aggiunto Ferrari -. Purtroppo non mancano i problemi, che sono legati soprattutto al lavoro nero. E’ difficile per un sinti mettersi in regola, per gli alti costi delle pratiche. Per cui, su 130 persone del campo, solo 40 lavorano, seppur in nero, nel campo dello smercio del ferro vecchio. Se qualcuno delinque deve pagare, ma non l’intera comunità. Però tutti i nostri bambini, circa 60, vanno a scuola regolarmente e da qualche anno provvediamo anche a pagare personalmente la luce che utilizziamo”. Infine, ha concluso, “sarebbero necessari dei tavoli, in ogni città, per risolvere la situazione. Non la retorica di certi partiti, (si riferisce alla Lega Nord) con i quali ho dialogato ma che non vogliono percorrere la strada dell’inclusione”.