Di fronte alla morte di un neonato, sopravvissuto poche ore alla propria 23enne madre, è difficile non interrogarsi sul senso della vita e sui perché delle tragedie. Don Pietro Cesena, parroco di Borgotrebbia dove viveva Martina Livelli che ha dato alla luce il piccolo Elia, risponde con una riflessione di grande respiro: “La Chiesa ha una grossa responsabilità nei confronti delle persone, parla di speranza ma deve anche ricordare che noi non siamo immortali. Ci dicono che possiamo decidere tutto e fare quello che vogliamo, ma non è vero: è una menzogna. Dire che la vita è qualcosa di fragilissimo, quindi, non è cinismo ma è mettersi di fronte alla verità della vita”.
“Ecco perché la prima cosa da sottolineare – ricorda don Cesena – è che dobbiamo avere un grande rispetto della vita che ci viene donata, che è meravigliosa ma è un dono fragilissimo perché noi siamo fragili e perciò dobbiamo avere cura di noi stessi e degli altri”.
“Siccome credo fermamente – altrimenti non celebrerei neanche i funerali – che Dio abbia la forza di trasformare anche le sofferenze ed i nostri peccati (è anche la mia storia) in sorgente di bene, dico che tutto quello che c’è nella storia di Martina, e i suoi legami con le persone, possono essere segno di salvezza: basti pensare al dono degli organi deciso dalla mamma e dai nonni, che permetterà ad altri di vivere, ma non solo. Il Signore, anche attraverso il dono dello straordinario papà di Martina (Cesare, che è morto purtroppo troppo presto per poter accompagnare per più tempo la sua famiglia) e tramite il mistero della comunione dei Santi, chiamerà alla vita tanti di noi: certamente mi si spezza il cuore nel dirlo, e io stesso alla recita del Rosario non sapevo da che parte iniziare, ma Martina con Elia è in cielo, ne sono certo e lo dico fermamente a tutti”.