Martedì 19 maggio i medici di base e i pediatri sciopereranno anche a Piacenza contro lo stallo delle trattative per il rinnovo del Contratto collettivo nazionale e per difendere la categoria nella riorganizzazione della Medicina di famiglia per l’assistenza territoriale: si prevede, infatti, che i cittadini non possano più scegliere il dottore a cui rivolgersi, sarà il sistema a decidere per loro.
Nel nuovo assetto, i medici saranno riuniti nelle "Aft", Aggregazioni funzionali territoriali, cioè ambulatori dove gli specialisti assisteranno a turno i pazienti. Dunque non esisterà più il pediatra di famiglia bensì ogni bambino potrà essere curato da medici differenti a seconda del giorno della settimana o del momento della giornata.
È questa la novità più importante contenuta nella bozza del nuovo Acn e per questo buona parte dei 7800 pediatri italiani terranno chiusi gli ambulatori dalle 8 alle 20, salvo le emergenze.
“Non è un problema economico ma di ristrutturazione della medicina convenzionata – ha spiegato il professor Roberto Sacchetti, segretario della Fimp (Federazione italiana medici pediatri – che ci vede in un ruolo subalterno a figure che non sappiamo quali saranno. Tutti noi abbiamo iniziato in un rapporto di libera professione convezionata con il servizio sanitario nazionale. Si vorrebbe invece farci passare come dei parasubordinati con delle organizzazioni territoriali che non condividiamo. In più rischiamo la perdita di capillarità e il rapporto medico-paziente. Non lavoreremo più per il paziente ma per strutture che garantiranno orari di lavoro ma il cittadino non troverà il medico 7 giorni su 7 ma figure che si alternano. Quindi la perdita della caratteristica peculiare della nostra medicina”.
Non solo, perché il professor Sacchetti è andato oltre: “In questo sistema, impostato nella legge Balduzzi, ci preoccupa che vengano smontati quei servizi che avevamo costruito con fatica, come l’apertura degli studi fino alle 19, l’informatizzazione, la contattabilità telefonica, il personale di studio sul quale abbiamo investito. Tutto questo verrà messo rischio, per finanziare nuove strutture che non sappiamo neanche se verranno mai realizzate. C’è un’ambiguità di fondo che ci lascia perplessi”.