Venerdì 8 maggio alle 17.30 inaugurazione presso lo spazio RossoTiziano della mostra di Alessandra Bonomini "Racconti" una serie di dipinti che resteranno esposti fino al 28 maggio.
Ricercare una possibile conoscenza interiore, attraverso uno scavare nella coscienza, con una comunicazione forte, trasmessa da architetture e paesaggi, da figure umane e oggetti, che si compongono o decompongono, connotati da una caratterizzazione nel segno e nel colore; in Alessandra Bonomini il dipingere è certamente frammento vivo della propria esistenza, che a volte sembra aprire una ricerca di dialogo con l’osservatore, a volte sembra inibirlo: le scene, le stanze, le fisionomie sintetizzate o rielaborate, si fanno costruzione di racconti, intreccio di vicende; infine, quei “testi” comprensibili attraverso i simboli, o i riflessi, trovano un’altra possibile lettura mediante parafrasi, letteralmente due frasi poste accanto.
Alessandra Bonomini ci apre un’ottica che parte dall’ordinario, come nell’interno de La stanza di f. dove le nuvole di fumo del camino richiamano, insieme alla composizione del pavimento, le narrazioni più intime e si intrecciano allo sguardo che cade sulla sedia faldistorio (angolo privilegiato dove scaturiscono i racconti che si possono tramandare a due a due) o ci portano fino agli itinerari della memoria, con uno specchio che, a sua volta, riflette una apertura ulteriore.
In una numerosa serie di sue opere da piccoli varchi, da finestre e porte, attraverso gli specchi, l’artista propone Ipotesi di viaggio, un andare oltre o uno scendere in profondità, così come ogni situazione nasce nell’esistenza quotidiana con un pretesto e in un contesto, per dare origine, ciascuna volta, a nuovi tracciati.
E appare così logico che i passaggi successivi di questi tragitti siano quelli che si compiono intorno Alla vita della mente, dello sprofondare nell’ ordine/disordine del pensiero, settore privilegiato dove si colloca tanta parte dell’arte contemporanea.
Vi è un lavorio, del tutto in azione (che a livello pittorico si gioca tra il segno carico di tensione e il gusto di affiancare o distinguere colore), sulla componente psicologica dell’uomo, sul conflitto fra corpo (soma) e anima (psychè), in un percorrere, tra un ordinario fatto di persone e oggetti della vita quotidiana, e uno straordinario costituito da divagazioni:
«lasciare allo spettatore la possibilità di entrare
oppure di rimanere sulla soglia
oppure di ricostruire momenti simbolici quotidiani che traslati
si manifestano».
Non a caso, una delle sue ultime composizioni si intitola Punti di vista e, a ciascuno degli spigoli, a ogni parete, corrispondono due figure che si dispongono verso un lato differente, aprendo due visuali diverse, come pure, le linee orizzontali e le linee verticali che si contrappongono nella tela al centro della parete principale, suggeriscono due interpretazioni differenti,.
L’idea di paesaggio, che spesso si incrocia nei suoi dipinti, viene a costituire spazi di colore “mentale” (Mondo viola) e si tramuta in un Oltre luogo e con le parole della stessa Bonomini «Il metro di uno strano binario si porta in zone d'ombra, di luce irriflessa. Da un'altra strada, si disfa un elfo incline a una sua corsa controllore del tempo avanzato che rilascia man mano parti di oscurità».
D’altronde nelle sue opere è costantemente verificabile il piano delle presenze e delle assenze, colto attraverso l’attenzione ai «riflessi distinti e contrari», che sottolineano elementi specifici nella superficie della tela, ad esempio in opere quali Zighy e Botel; alla figura femminile del primo dipinto si contrappone un divano della seconda tela, su cui, appunto, non siede nessuno. Così ritroviamo, al medesimo modo, in Parafrasi a e Parafrasi b una serie di sedie vuote attorno a tavoli: luoghi quindi di silenzio, o meglio di parole che si interrompono, per lasciare spazio a domande, riflessioni e proposte per possibili risposte.
Chi vuole proseguire in questa direzione può passare dagli oggetti di design alla fisiognomica, si può fermare di fronte al Ritratto silente, dove le macchie della vita si riflettono sul volto e le ombre inserite dietro al viso fanno immaginare spazi vuoti e bui dell’esistenza.
E’ stato scritto, ed è verificabile, come la lezione del neo-espressionismo faccia parte del bagaglio formativo di Bonomini: l’interesse per qualcosa che va oltre il fisico ma non obliando mai del tutto il contatto con qualche apparenza di realtà, i registri cromatici che interpretano in modo più profondo il rappresentare, quel ritrarre "né troppo vicino, né troppo lontano dal soggetto", la fanno giungere, più recentemente, sino ai confini con l’opera di un pittore quale Nicolas De Staël, e in particolare si può pensare ad una tela quale Parafrasi c e a quella figura, costituita quasi totalmente di forme, che varca una porta.
L’uso del colore assume l’aspetto di qualcosa che spesso si traduce in elemento materico e, in qualche modo, supera la forma o per lo meno la idealizza, con le parole dello stesso De Staël “ciò che dà la dimensione è il peso delle forme, come queste sono situate, il contrasto”.
Alessandra Bonomini giunge a questa personale dopo aver svolto un significativo percorso, a proposito del quale è utile ricordare le mostre tenutesi a Parigi, Bruxelles, Amsterdam, e attualmente a Cuba. Vale la pena rimarcare, inoltre, la sua partecipazione al premio Don Primo Mazzolari a Bozzolo (Mn) e alla 54° Biennale di Venezia 2011/12.
A ripresa e conclusione del tracciato indicato è utile fermarsi tra la Stanza di lettura e Stanza 001: “lettura” diviene parola chiave per osservare e cogliere elementi di per sé poco significativi, tra piani architettonici che divengono spazi e frammenti (da smontare e ricomporre), per non lasciare nulla di intentato, per approfondire e riflettere, di nuovo di fronte a sedie vuote e in disuso, a tele piene di colore e a varchi che instancabilmente permettono di intuire passioni non sintetizzabili in forme solo razionali.