Buongiorno a tutti voi,
un saluto a tutti i lavoratori e ai pensionati presenti, ma anche – e il primo pensiero va a proprio a loro – a chi oggi pensa di non avere nulla da festeggiare: i disoccupati, coloro che sono in cassa integrazione, chi ha perso il lavoro e chi teme per il proprio lavoro e per il proprio futuro e infine ai giovani, ai tanti giovani senza lavoro… anche a Piacenza. Ai giovani che se ne vanno da Piacenza e dall’Italia, ai tanti ragazzi – e magari qualcuno di loro non più ragazzo – che si sono affacciati al mondo del lavoro finiti gli studi, proprio quando è iniziata la crisi, e che ancora oggi si trovano, non più ragazzi, ma con un lavoro saltuario, precario, incerto.
Un saluto a tutti voi, oggi, per la giornata del lavoro e per riaffermare tutti insieme che “il lavoro è la priorità delle priorità”, come ci ha ricordato il Presidente della Repubblica il 25 aprile scorso, in occasione delle commemorazioni dei 70 anni dalla liberazione dalla dittatura fascista e dalla fine della guerra.
70 anni in cui i nostri genitori e tanti dei pensionati qui presenti, hanno lavorato, sudato e lottato per darci un Paese migliore, per conquistare diritti sociali e civili, per offrirci col lavoro delle loro mani e con il loro ingegno un’Italia – certo non indenne da difetti – ma che comunque ha svettato per anni nelle classifiche dei Paesi più industrializzati, un Paese che ha anche offerto vero progresso e sviluppo.
Anche Piacenza è stata un territorio di produzione e di ingegno, pensiamo per esempio al settore di produzione di macchine utensili, fiore all’occhiello di sapienza e creatività ingegneristica.
Oggi ci dicono e leggiamo che in Italia ci sono segnali di ripresa: la vendita delle auto (e delle Fiat in particolare) ha segnato aumenti a due cifre; finalmente qualche segno positivo nel 2015 si è visto anche nelle vendite immobiliari; nel primo trimestre dell’anno sono aumentate sia le esportazioni che le importazioni (segnali positivi di una ripresa di scambi commerciali e di produzioni); i primi dati del mercato del lavoro nazionale sul primo trimestre 2015 vedono un saldo positivo fra cessazioni e avviamenti al lavoro e un aumento delle stabilizzazioni del lavoro precario. E’ indubbio che l’immissione di liquidità da parte della Banca Centrale Europea, la riduzione del valore dell’euro rispetto al dollaro, la diminuzione del costo del petrolio ci dovrebbero effettivamente portare a navigare in acque più chete. Ma è altrettanto vero che in questi ultimi tre anni, più di una volta, abbiamo intravvisto la luce in fondo al tunnel, ma poi ci siamo accorti che era solo un miraggio.
E’ ormai chiaro a tutti che un mondo così globalizzato fa sì che ogni rosa abbia anche delle spine. Pensiamo per esempio a cosa sta provocando, anche nel nostro territorio provinciale, il calo del costo del petrolio…. La riduzione del margine di guadagno per i paesi produttori ha portato ad un immediato e drastico calo degli investimenti nel settore energetico e tutto quel nostro comparto piacentino comparto della raccorderia e delle produzioni legate all’energia, che in questi anni di crisi ha sorretto il nostro sistema produttivo locale, e che ora stanno avendo una battuta d’arresto. Aziende che in tutti questi anni di crisi non hanno mai conosciuto la cassa integrazione e che sono cresciute come fatturato e come occupazione e che, da qualche settimana (per effetto dell’instabilità politica e delle guerre nel nord Africa e in alcune zone del medio oriente e per effetto del calo del prezzo del petrolio) hanno perso commesse e dovuto aprire casse integrazioni o annunciato licenziamenti. La crisi è arrivata a Piacenza anche dove in questi anni non c’era stata e gli effetti sono stati da un lato i licenziamenti o il ricorso alla cassa integrazione ( e per fortuna c’è stata la cassa integrazione conquista del sindacato dei lavoratori) oppure, come avviene in più parti, si è ricorso alle riduzioni degli stipendi, ai tagli delle quattordicesime, alle disdette unilaterali delle contrattazioni aziendali.
Comunque nessun settore è uscito indenne da questi 8 anni di crisi. C’è chi ha sofferto di più, chi un po’ meno… ma nessuno è rimasto indenne.
L’edilizia e il suo indotto più di tutti ha pagato come numeri di chiusura d’impresa, fallimenti e perdita di occupazione, ma anche il settore manifatturiero ha visto chiusure di stabilimenti importanti, specie dove vi era scarsa innovazione tecnologica e scarso radicamento della proprietà aziendale col territorio, per cui talvolta hanno prevalso le logiche delle multinazionali che spostano le produzioni laddove è più conveniente; ma ha sofferto pesantemente anche il settore agro-industriale e il commercio, per il calo dei consumi interni. Non sono stati esenti da sofferenza i servizi… pensiamo al calo dei posti di lavoro nelle poste e nelle banche. La logistica, punto di forza per la posizione strategica di Piacenza, ha sofferto di un sistema di appalti al massimo ribasso a cooperative di dubbia provenienza che nulla hanno a che fare con lo spirito di partecipazione e trasparenza che ha ispirato la nascita della cooperazione.
E il settore pubblico, che oggettivamente non ha subito licenziamenti collettivi o cassa integrazione, ha patito un totale stato di abbandono (pensiamo al caso emblematico del limbo in cui sono tenuti i lavoratori della Provincia da circa due anni) , ha subìto una riduzione degli organici per il blocco del turn over che ha determinato un pesante aggravio di lavoro su chi è rimasto e un blocco dei rinnovi contrattuali che dura ormai da più di 5 anni… blocco su stipendi che spesso si aggirano sui 1100 – 1200 euro al mese.
E a chi ha provato in questi anni ad accendere il fuoco nel tentativo di mettere i lavoratori privati contro ai lavoratori pubblici io ricordo che i lavoratori pubblici sono anche quelli che contribuiscono all’educazione dei nostri figli, quelli che fanno funzionare i centri per l’impiego a cui si rivolgono i disoccupati, quelli che, ogni giorno seppur a fatica, cercano di garantire la sicurezza dei cittadini in una società in cui le povertà hanno determinato anche l’aumento della criminialità, quelli che si prendono cura della nostra salute e anche tanti altri che, magari in modo più anonimo, meno visibile, garantiscono l’accesso ai servizi pubblici a tutti noi. Non pensiamo di fare una buon lavoro agendo con tagli indiscriminati sul lavoro pubblico, in realtà ci facciamo del male da soli. Una cosa è razionalizzare, ottimizzare, ridurre funzioni dirigenziali facendo accorpamenti, altro è eliminare o depotenziare i presìdi territoriali. Il Sindacato guarda con preoccupazione al Jobs act renziano laddove si prevede una revisione dei servizi ispettivi che oggi fanno capo alla direzione territoriale del lavoro, all’Inps, all’Inail e all’Asl e laddove si prevedono modifiche al sistema di collocamento dei lavoratori e quindi dei centri per l’impiego. Noi non siamo pregiudizialmente ostili alle riforme ma sappiamo che questi due settori (collocamento e ispezioni… quindi salute, sicurezza e regolarità lavorativa) sono argomenti delicatissimi per il mondo del lavoro, che non possono essere trattati in modo estemporaneo e autoreferenziale, tanto per annunciare in televisione che abbiamo fatto una riforma.
Certo è che – se prima dicevo sembrano esserci alcuni positivi segnali nazionali di svolta rispetto al perdurare della crisi – purtroppo sembra che sul nostro territorio nessun segnale di vera svolta è ancora evidente. Nei giorni scorsi sono stati resi noti i dati riguardanti il saldo fra aperture e chiusure delle imprese a Piacenza e questo saldo è stato nettamente negativo, circa 270 unità in meno. L’emorragia non si ferma e anche gli ultimi dati occupazionali non sono incoraggianti. Vi sono ancora “code” alle crisi di impresa, alcune delle quali, sorrette finora dagli ammortizzatori sociali e rincorrendo una ripresa che non arriva, oggi giungono alla fine del loro ciclo di vita.
I consumi non riprendono e le chiusure del punto vendita Carrefour o del negozio Benetton sono una controprova. Anche la vocazione turistica del nostro territorio sembra non decollare, e la chiusura annunciata dell’Albergo Roma per decisione dei proprietari dell’immobile (unico del nostro centro storico) è stato davvero un ulteriore colpo alla nostra città, specie considerato l’avvio di Expo.
Expo apre oggi. Non nascondo che anche noi avevamo auspicato che questo evento mondiale potesse portare a Piacenza qualche ricaduta duratura, che travalicasse i 6 mesi di Expo. Avevamo confidato in un miglioramento strutturale e duraturo dei trasporti ferroviari tra Piacenza e Milano, avevamo creduto che qualche imprenditore considerata la prossimità a Milano potesse investire in strutture ricettive e invece, per ora, abbiamo assistito solo alla chiusura dell’unico Hotel del centro storico che al momento non accetta prenotazioni che vadano oltre al 30 giugno. Confidiamo comunque in un buon risultato per Piacenza in questi 6 mesi per Expo.
Il nostro territorio soffre di una debolezza di idee e di programmazione che abbia una visione lunga. Abbiamo apprezzato in questi mesi lo sforzo del Comune di Piacenza e in particolare dell’Assessore allo Sviluppo Economico di sostenere l’avvio di nuove imprese specie giovanili, di dare spazio a idee e start up d’impresa , ma la generale debolezza del territorio, e la scarsa incisività dell’azione politica complessiva, ad oggi, faticano a mostrarci un vero punto di svolta, ad di là delle buone e condivisibili intenzioni e volontà.
Non può che essere invece considerata del tutto negativamente l’ipotesi annunciata a mezzo stampa da parte dell’Amministrazione comunale di Piacenza, di alzare ulteriormente le tasse locali, aumentando l’addizionale Irpef, perchè ciò va a colpire soprattutto le famiglie con redditi medio-bassi. Se ci sono problemi di bilancio è giusto parlarne, prima di far pagare sempre i soliti: sono settimane che i sindacati piacentini sollecitano un incontro per evitare proprio la situazione a cui si sta giungendo.
Una buona notizia, invece, in ambito locale, è che la Fondazione di Piacenza e Vigevano ha cambiato molto di sè e sta effettivamente rifocalizzandosi su quelli che sono sempre stati i suoi veri compiti, di utilità sociale. La sua autonomia va salvaguardata. Si deve trattare di una vera autonomia.
Oggi CGIL CISL e UIL vogliono però dedicare le conclusioni a Piacenza come in tutt’Italia alle morti di centinaia di migranti che stanno avvenendo nel Mediterraneo. Un Mediterraneo che sta diventando un cimitero marino.
E’ chiaro che i fenomeni migratori, sia per le dimensioni con cui stanno avvenendo, sia per il momento storico di crisi economica e sociale dell’Occidente, sono un fatto complesso. Ma dobbiamo essere consapevoli che parliamo di popolazioni disperate che sfuggono alla guerra, a condizioni di vita disumane, sfuggono a violenze e alla fame, al mancato rispetto dei diritti umani fondamentali.
L’Europa non dimentichi invece che il Trattato Europeo prevede di dover promuovere misure per l’asilo e l’immigrazione e noi invece, anche a Piacenza, non dimentichiamo che parliamo di esseri umani, a cui dobbiamo riconoscere la dignità di esseri umani, come noi.
E’ evidente che sui fenomeni migratori non esistono soluzioni facili.
CGIL, CISL e UIL però con forza e anche con la manifestazione di oggi, chiedono che le soluzioni siano rintracciate dall’Europa intera e che si muovano nel solco dei valori di solidarietà, integrazione e rispetto della dignità umana.
Quella dignità e quei diritti che oggi rivendichiamo per tutti, nessuno escluso.
Buon primo maggio a tutti da Cgil, Cisl e Uil di Piacenza