Disarticolare il tradizionale binomio tra follia e teatro, destrutturandolo in chiave critica attraverso l’incontro con le opere classiche di Shakespeare, Dostoevskij, Gogol, Pirandello, Ruccello e Bogosian. C’è tutto questo in Altro, performance teatrale andata in scena ieri sera al Cantiere Simon Weil e diretta dal ventiseienne Leonardo Lidi, regista e attore piacentino ora impegnato anche sul set cinematografico del film Amo la tempesta, di cui si stanno girando le riprese proprio in questi giorni nella campagna piacentina, prima del trasferimento della troupe a Bolzano e poi a Monaco di Baviera. Con lui abbiamo parlato di entrambi i progetti, confrontandoci anche con le difficoltà e le speranze di chi sceglie oggi di fare il mestiere dell’artista in Italia.
“L’idea alla base di Altro nasce dal fastidio di veder associate, spesso in modo improprio, teatro e follia – spiega Lidi. É una performance più che uno spettacolo teatrale finito, perche intriso di monologhi e frutto di un laboratorio teatrale a cui hanno partecipato attori piacentini e non”. In scena gli attori Tino Rossi, Domenico Sannino, Elvino Barazzoni , Valerio Airò, Omar Giorgio Makhloufi e Roberto Lidi, assieme a Christian La Rosa, magistrale interprete nel ruolo di Sergio, un uomo convinto di essere Hitler. Sullo sfondo, l’atmosfera del romanzo Qualcuno volò sul nido del cuculo, da cui la performance trae ispirazione presentando, all’interno di un ospedale psichiatrico, un vasto campionario di ordinarie follie in una cornice che a tratti rivela un lato comico. Ma nel confronto tra i pazienti e la capo infermiera (Rebecca Sola) c’è lo spazio anche per una riflessione sul confine tra follia e normalità, concetti che si mescolano e si ribaltano in una dialettica che lascia spazio all’interpretazione del pubblico, coinvolto fin da subito dalla rottura della quarta parete, con gli attori intenti a squadrare fin dal principio gli spettatori, rivolgendosi poi esplicitamente a loro con la richiesta di alzare le mani per prendere parte a una votazione.
“Lo sviluppo è circolare e alla fine non c’è un vero e proprio messaggio” – aggiunge il regista: “Tendo a evitare i messaggi e cerco invece di creare interrogativi più che risposte. Credo che il teatro debba avere la forza e la libertà di scegliere quali domande porre al pubblico, più che dare risposte”.
Dialettica che coinvolge in prima persona lo stesso Lidi, impegnato sul doppio binario della regia teatrale da una parte e del set cinematografico del film “Amo la tempesta” dall’altra, in cui interpreta come attore la parte di un personaggio trovatosi, come tanti giovani italiani, di fronte a un bivio esistenziale: restare nel paese d’origine o cercare fortuna altrove.
“E’ un passaggio molto divertente, ma il fatto che si girino alcune scene nel piacentino è frutto di una casualità. Si gira nella campagna piacentina per ricordare la campagna tedesca, perchè parte del film è ambientata in Germania. I tempi di lavorazione qui sono completamente differenti e non ne sono molto abituato. Ma con Maurizio Losi c’è la possibilità di recitare e studiare a tavolino, in un’impostazione quasi teatrale nel senso buono della parola. Mi sto divertendo molto e spero di portare avanti questo percorso”.
Un tema, quello della partenza per l’estero, che aldilà del film coinvolge anche molti giovani artisti italiani, alle prese con la difficoltà di coltivare le proprie passioni in un paese in cui è sempre più complicato trasformarle in un lavoro stabile: “La situazione degli attori in Italia è drammatica; conosco alcuni ragazzi che dopo due anni di disoccupazione, decidono di smettere perché non riescono a portare a casa uno stipendio fisso. Io mi ritengo molto fortunato e non smetto mai di ringraziare chi mi dà lavoro. Sono contento in passato di aver scelto di lavorare sul territorio e con le persone. Credo che questo sia stato un passo importante e lo consiglio a chi ha voglia di lavorare nel teatro. Non è più tempo per i divismi né per pensare di diventare star. É tempo di essere lavoratori, come negli altri settori”.