Sparò con un fucile a pompa nel petto del ladro che tentava la fuga ferendolo gravemente. Per questo fatto, avvenuto nel maggio del 2011 sotto il ponte di Mottaziana (Borgonovo – Piacenza), il giudice Elena Stoppini ha condannato a 4 anni e 6 mesi di reclusione per tentato omicidio l’imprenditore 49enne di Sarmato. Condannato a 4 anni e 2 mesi di reclusione per concorso in tentato omicidio anche il dipendente che giunse al cantiere quella notte insieme con il titolare. Una sentenza, quella pronunciata questa mattina (lunedì 27 aprile), che inasprisce le pene che nella scorsa udienza aveva richiesto il piemme Ornella Chicca: 3 anni e 6 mesi per l’imprenditore e 3 anni e 2 mesi per il dipendente. I tre rumeni responsabili del furto del gasolio hanno patteggiato 10 mesi e 20 giorni di reclusione per ciascuno. Quella notte, sul telefono cellulare dell'imprenditore giunse il messaggio del sistema silenzioso di allarme installato sui suoi escavatori posteggiati nel greto del Tidone vicino a Borgonovo, sotto il ponte della strada Mottaziana, dove la sua ditta stava eseguendo alcuni lavori di movimento terra. L'uomo imbracciò il suo fucile a pompa, detenuto regolarmente, e si precipitò sul posto insieme al dipendente (assistito dall'avvocato Cristina Gardella), sorprendendo ancora i ladri con le taniche e il tubo di gomma per svuotare il serbatoio del gasolio. Sparò contro di loro ferendo uno al petto, un rumeno di 35 anni, e lasciandolo in un lago di sangue (venne operato qualche giorno dopo e si salvò) mentre gli altri due riuscirono a scappare nei campi grazie all'oscurità. Fu poi lo stesso imprenditore a chiamare i carabinieri e il 118, prima di essere accompagnato in caserma e interrogato.
Nella sua arringa l’avvocato difensore dell’imprenditore, il legale Paolo Fiori, ha chiesto l’assoluzione per il suo assistito sostenendo che il colpo di fucile non fu un gesto volontario. “Il mio assistito inciampò e scivolò, non voleva colpirlo”. Secondo Fiori, che ha annunciato il ricorso in appello, “il quadro delle risultanze istruttorie era quanto meno incerto. Non c’erano gli estremi per configurare la volontarietà del gesto, tutt’al più si poteva pensare ad un’ipotesi colposa. Certo non ci aspettavamo un verdetto di colpevolezza”.