I Virtuosi dei Berliner Philharmoniker chiudono la Stagione Concertistica

Un appuntamento imperdibile quello di venerdì 24 aprile alle 21 al Municipale. Il compito di chiudere la Stagione Concertistica 2014-2015 della Fondazione Teatri di Piacenza è stato infatti affidato a I Virtuosi dei Berliner Philharmoniker che per l'occasione si esibiranno accompagnati dal violino solista di Laurentius Dinca in un programma che prevede musiche di Ottorino Respighi, Felix Mendelssohn Bartholdy e Antonín Dvořák.

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Ad aprire la serata sarà la Suite III di Antiche arie e danze per liuto di Ottorino Respighi. Si tratta di una partitura emblematica di una delle principali tendenze della musica italiana del Novecento, quella alla riscoperta della secolare tradizione strumentale italiana. Tale tendenza ha motivazioni complesse; per tutto il secolo scorso il melodramma era stato il principale campo d'azione dei musicisti italiani, e questo fenomeno, pur nella sua importanza, aveva portato alla provincializzazione della musica italiana rispetto alle esperienze europee. Fu il desiderio di donare nuovo impulso alla musica italiana che spinse i principali esponenti della cosiddetta "generazione del 1880" – Pizzetti, Malipiero, Casella, oltre a Respighi; giunti a maturità dopo la Grande Guerra – a troncare i rapporti col passato recente e a ricercare nuova linfa nelle partiture del Sei e Settecento.

Per alcuni compositori un simile orientamento tendeva ad inserire la musica italiana fra le due guerre nel filone europeo del Neoclassicismo. Per Ottorino Respighi invece, operista e autore di poemi sinfonici, il ritorno al passato si configura come la ricerca di nuove risorse coloristiche per la propria sensibilità decorativa e decadente. Le tre Suites di Antiche arie e danze per liuto non si propongono alcun intento filologico; esse vogliono invece ricreare in uno spirito attualizzato una selezione di brevi brani rinascimentali, donando loro, con risultati estetizzanti, una veste strumentale ricercata e preziosa, ispirata dal raffinato gusto timbrico di Respighi, dalle sue straordinarie capacità di orchestratore.

La terza Suite, concepita per la sola orchestra d'archi, si divide in quattro movimenti: l'Italiana è una garbata e composta melodia di anonimo, le Arie di corte sono una breve antologia di canzoni francesi, aperta e chiusa dallo stesso brano e con un riflessivo "Lento" in posizione centrale; seguono una Siciliana, anch'essa anonima, dal carattere pastorale, e infine la Passacaglia di Ludovico Roncalli, un tema maestoso e caratteristico arricchito da severe variazioni.

 

La serata di venerdì proseguirà con il Concerto per violino e archi in re minore di Felix Mendelssohn Bartholdy, scritto nel 1822 (l'autore aveva appena 13 anni) e destinato alle soirées musicali che si organizzavano tutti i sabati nella ricca e accogliente casa berlinese del compositore per dilettare i familiari e gli amici.

Definito il più classico dei musicisti romantici, in quanto la sua arte assorbì dallo stile definito classico l'amore per le forme chiare ed equilibrate del linguaggio musicale, Mendelssohn nello stesso tempo fu sensibile alla poetica del fantastico e dell'irreale che fermentava nel Romanticismo tedesco. Questa maniera di sentire l'arte si rivela con nettezza di contorni in Mendelssohn sin dai suoi primi lavori, ai quali appartiene il Concerto in re minore per violino e archi, elaborato nello stesso periodo delle undici Sinfonie per orchestra d'archi, testimonia la straordinaria precocità di un adolescente educato, oltre che a severi studi musicali, alla conoscenza approfondita delle lingue straniere, della letteratura classica e del disegno.

Quello che risalta in questo componimento è l'estroversa eleganza melodica, unita ad una brillante e piacevole scorrevolezza ritmica, espressione di un animo aperto alla gioiosa felicità della vita. Non per nulla i due Allegri cingono, in un affettuoso abbraccio, l'Andante centrale, dalla delicata e carezzevole linea catabile indicata dal violino. Le esigenze tecniche non sono eccessive e raramente vanno oltre i soliti ornamenti e arpeggi. Lo stesso Mendelsshon ha composto le cadenze del secondo e del terzo movimento.

 

Il concerto sarà quindi chiuso dalla Serenata per archi in mi maggiore di Antonín Dvořák, composta in sole due settimane nel Maggio del 1875 e considerata uno dei lavori per orchestra più famosi del compositore ceco.

Quando, nel 1875, Dvořák pensò di musicare una Serenata si trovò a che fare con un genere tipico del classicismo viennese, ma dotato di alcune caratteristiche che ne rendevano possibile una specie di superamento. Più ampia e scandita in più movimenti rispetto alle forme-sonata di Sinfonie, Sonate, Quartetti, si disponeva ad accogliere maggiore varietà di modelli ritmici e tematici, tempi di danza, occasioni per fare emergere le specificità degli strumenti impegnati nel discorso.

La Serenata in mi maggiore venne scritta in un periodo particolarmente positivo sia nella sfera famigliare, sia in quella professionale ; in quell'anno il compositore presentò anche la sua quinta Sinfonia, oltre al Trio op. 21 e al Quartetto op. 23. Ma a dispetto dei pochissimi giorni che occorsero per confezionarla, la sua esecuzione in pubblico dovette attendere più di un anno a causa di alcuni imprevisti.

Insieme a un abile gioco di contrasti, una carica melodica di grande corposità contrassegna tutta l'opera fin dalle prime misure, quando nell'iniziale Allegro moderato si assiste alla scambievole imitazione fra le parti estreme del gruppo d'archi; al centro dell'episodio è inserita una sezione dalla ritmica più spiritosa, che si oppone al quadro generale del brano. Anche nel Tempo di Valse seguente si inserisce un momento antitetico alla vaporosa leggerezza della danza, probabile reminescenza degli anni in cui l'autore si guadagnava da vivere nei locali da ballo. Non si sottrae a questo progetto nemmeno lo Scherzo, il cui andamento vivacissimo ospita nelle sue stanze una scena dai tratti più languidi e sinuosi. Il cuore dell'intera Serenata sembra essere dunque il Larghetto: qui si assiste al culmine della tensione emotiva e ad una scrittura tesa al massimo della sua carica espressiva: un climax che, come abbiamo notato, è stato più volte annunciato nei movimenti precedenti. Una danza chiude la composizione con il suo ritmo incalzante, ripresentando il tema del primo episodio secondo un ideale di forma ciclica che approssimava Dvořák a tanti illustri colleghi europei: una Serenata fatta per gli archi, con le proporzioni di un arco.

Per info e biglietti è possibile rivolgersi alla biglietteria del Teatro Municipale di Piacenza, in via Verdi 41, al numero di telefono 0523.492251 o al fax 0523.320365 o all'indirizzo mail biglietteria@teatripiacenza.it.