“Se mi ricandiderò nel 2017? Non lo escludo. Di sicuro non farò come ha fatto Pisapia a Milano”. Nella risposta del sindaco c’è molto di più di qualche indizio sull’ipotesi di un Dosi bis tra due primavere. Una ricandidatura certamente che certamente è ancora lontana dall’ufficialità, ma che trova suffragio anche dal chiacchiericcio di palazzo secondo il quale Dosi starebbe già abbozzando il lavoro per una sontuosa campagna elettorale. In fondo si è da poco consumato il giro di boa del quinquennio (come prevede la legge tra qualche giorno verrà presentato il bilancio di metà mandato). E per Paolo Dosi è tempo di bilanci. Se a un anno dalle elezioni il suo illustre collega Pisapia ha già annunciato che non correrà più, per Dosi invece farsi giudicare dai piacentini rappresenta qualcosa di più di un semplice stimolo: “Credo sia normale dopo cinque anni voler sottoporre il proprio operato al giudizio degli elettori” confida. Il Paolo Dosi odierno è ben diverso da quello che due anni e mezzo fa si apprestava a raccogliere l’eredità di Reggi e che, per sua stessa ammissione, era un politico “zoppicante, preso da mille timori di non essere all’altezza del compito”. Indipendentemente dal giudizio sul merito dell’operato, oggi il sindaco è innegabilmente più maturo, più scafato, decisamente più avvezzo all’arena politica, più corazzato rispetto alle critiche che piovono addosso a chi è chiamato a guidare una città, specialmente in un periodo storico così complesso. E il fatto che nell’intervista che segue pronunci più volte l’espressione “sfida”, la dice lunga sull’animo pugnace sviluppato in questi anni dal primo cittadino a dispetto di quell’aria così timida.
Sindaco Dosi, partiamo dall’inizio dell’avventura. Provi a tornare con la memoria all’inizio dell’avventura. Che riflessioni fa?
“Certamente mi immaginavo di trovare una situazione difficile. In realtà ho trovato una situazione ben più complessa di quanto avevo pronosticato, con una precarietà perdurante e una continua improvvisazione dettata dai livelli di governo nazionale. Specialmente l’inizio per me non è stato assolutamente facile. Fare il sindaco non è come fare l’assessore. Così dopo un periodo diciamo di orientamento e di rodaggio, ho capito che la sfida era quella di governare in queste condizioni. E penso che, nonostante tutto, siamo riusciti ad avviare dei percorsi interessanti”.
Ad esempio? Di quali interventi svolti va più fiero?
“Non potevamo immaginare di mettere in cantiere nuovi progetti e investimenti così come era stato in passato, con Reggi tanto per intendersi. Abbiamo capito fin da subito che sarebbe stato un successo già smuovere alcune partite finite un po’ nella palude. Ne cito cinque strategiche che, a cascata, ne trascinano con sé altre: Borgofaxhall (con il Piano Caricatore e il mercato ortofrutticolo); il Polo del Ferro, il proseguimento della bonifica all’ex Acna; l’ex Manifattura e Tabacchi che, dopo qualche anno di impasse, si sta sbloccando; per finire le aree militari che prefigurano davvero una città nuova”.
Certo è che finora le critiche da parte delle opposizioni non sono mancate. Hanno sempre questa amministrazione di immobilismo. Come reagisce?
“All’inizio mi provocavano sofferenza e, per come sono fatto, anche un forte senso di colpa. Quasi mi convincevo che ci fossero forti lacune nella mia azione. Alla fine, per quanto tutto sia naturalmente migliorabile, sono convinto che certi passaggi, seppur duri, siano serviti per partire veramente. Ho maturato l’idea che questa opposizione frammentata sia più orientata a cavalcare l’onda populista delle difficoltà della gente piuttosto che proporre temi costruttivi”.
Le critiche che più l’hanno ferita?
“Ad esempio quando hanno iniziato a dire che toglievamo le merendine per i bambini, quando in realtà abbiamo tenuto altissimo il livello sui servizi alla persona, aspetto del quale talvolta mi meraviglio ancora di come abbiamo fatto. Poi sulla sicurezza: attaccarci sulla sicurezza è come sparare sulla Croce Rossa. E’ un argomento facile ad uso e consumo della demagogia”.
La preoccupa di più forse il fuoco amico?
“All’inizio ero preoccupato del fuoco amico. Ora le considero normali dinamiche all’interno dell’unico partito in cui regna ancora una dialettica”.
Stando così le cose, sembra quasi che ora nessuna critica la scalfisca. Non si sente più sulla graticola?
“Non è così. Uno si sente sempre sulla graticola. Mi ci sono sentito all’inizio quando dovetti fare i conti con la formazione della giunta. Quel passaggio fu drammatico, me ne rendo conto. Poi però devo dire che dal momento del rimpasto c’è stata la svolta. Senza nulla togliere ai vecchi colleghi, da quel momento si è instaurato un clima più sereno che aiuta a lavorare meglio”.
Quando gira per la città sente la fiducia della gente?
“Ritengo che nel tempo la fiducia della città sia cresciuta. In mezzo ai piacentini percepisco comprensione a considerazione. Certo, mi arrivano anche critiche soprattutto sui social. Ma più vado avanti e più mi ritengo soddisfatto del lavoro svolto. E’ una sfida”.
Domanda a bruciapelo: ha intenzione di ricandidarsi nel 2017?
(Un attimo di supspance) “Quello che posso dire ora è che di sicuro non farei come Pisapia. E’ uscito alla scoperto troppo presto. Io penso che stia nella logica delle cose che al termine del primo mandato un sindaco si sottoponga al giudizio degli elettori. Lo vedremo più avanti, ma di certo non escludo di ripresentarmi. Dico di più. Posso garantire che per me fare il sindaco è il massimo e non ho altre ambizioni, Parlamento o cose varie”.
Nei prossimi due anni e mezzo su quali temi l’amministrazione concentrerà la propria azione?
“Emergenza casa e housing sociale. Tante famiglie non riescono più a reggere i prezzi del mercato privato. E poi il tema del lavoro. Sbloccando certe partite speriamo di ridare ossigeno anche alla nostra occupazione”.
In conclusione. Che voto si darebbe?
“Mi darei un sette”.