Per il penultimo appuntamento con la Stagione Lirica 2014-2015 della Fondazione Teatri di Piacenza andrà in scena sabato 18 aprile alle 20,30 e in replica domenica 19 aprile alle 15,30 al Municipale (in anteprima per il pubblico delle scuole venerdì 17 aprile alle 15,30) il dittico La Voix Humaine di Francis Poulenc e The Telephone di Gian Carlo Menotti. Le due opere sono frutto di una coproduzione tra Teatro Alighieri di Ravenna, Teatro del Giglio di Lucca e Fondazione Teatri di Piacenza.
Uno degli oggetti della vita quotidiana a cui ben pochi di noi oggi saprebbero rinunciare è al centro di una produzione che riunisce due grandi autori del teatro lirico del Novecento: La Voix Humaine di Francis Poulenc e The Telephone di Gian Carlo Menotti.
In scena al Municipale sabato 18 aprile alle 20,30 e in replica domenica 19 aprile alle 15,30 (in anteprima per il pubblico delle scuole venerdì 17 aprile alle 15,30), le due opere, frutto di una coproduzione tra Teatro Alighieri di Ravenna, Teatro del Giglio di Lucca e Fondazione Teatri di Piacenza che riprende l'allestimento della Fondazione Teatro Comunale e Auditorium di Bolzano, saranno dirette da Jonathan Webb per la regia di Sandro Pasqualetto, le scene e i costumi di Cristina Alaimo e le luci di Claudio Schmid.
A dare voce e corpo a queste due pièce musicali saranno invece Alda Caiello nel ruolo di Una donna, protagonista assoluta de La Voix Humaine, mentre Teresa Sedlmair ed Emilio Marcucci saranno Lucy e Ben in The telephone. A completare il cast l'Orchestra Giovanile Luigi Cherubini.
Quando nel 1959 Jean Cocteau, a trent’anni dalla prima stesura, vide in scena il suo testo La voix humaine messo in musica da Francis Poulenc restò piacevolmente sbalordito: si accorse che la veste musicale lo aveva reso perfetto e definitivo. La «voce umana» è quella di una donna sola, disperata per l’abbandono del suo amore e che impugna ostinatamente il ricevitore nel tentativo di avviare una conversazione che ogni volta si interrompe sul più bello.
Accanto all’intenso e drammatico monologo, un atto unico comico con la consueta triade: lei, lui l’altro. Stavolta però il terzo incomodo non è un fascinoso antagonista in carne ed ossa ma l’apparecchio solitamente impiegato per avvicinare le persone, che riesce invece a protrarre oltre ogni sopportazione il compimento dell’idillio fra Ben e Lucy. Presentata a New York nel 1947, The Telephone, or L’Amour à Trois è una freschissima pièce a cui Gian Carlo Menotti ha dato sia le parole che la musica, salutata dal critico Guglielmo Barblan alla prima veneziana come «spregiudicata, saporita e monellesca».
Un accostamento quello tra La Voix humaine e The Telephone definito ormai un “classico” in cui spesso se non sempre, l’attenzione si concentra tutta sul primo titolo relegando il secondo quasi al ruolo di “riempi serata”. Lo spessore drammaturgico, la forza evocativa dei due testi e della musica sono molto differenti e lontani tanto che il loro accostamento spesso rischia di creare l’effetto pastiche”. Allora perchè decidere di fare questi due titoli assieme?
A spiegarlo è lo stesso regista Sandro Pasqualetto: “Due elementi estremamente affascinanti potrebbero essere la risposta: il tempo e il luogo. Il Tempo. Non un tempo teatrale, finto, ma due storie “in tempo reale”: un minuto sul palco, un minuto nella vita. In The Telephone, come in una puntata di una serie televisiva, seguiamo solo un pezzo della storia di Lucy e Ben. Avremmo magari anche voglia di sapere come si sono conosciuti e come vivranno poi la loro storia. Invece abbiamo diritto solo a un pezzetto della loro vita, appena il tempo di conoscerli e ficcanasare un pochino nel loro incontro. In La Voix humaine, una storia che ognuno di noi potrebbe riconoscere in un proprio vissuto, una donna senza nome (come il libretto impone) ci si presenta, sulla scena, da sola. Da dove viene Lei, qual è stata la sua vita, perché non sappiamo come finisce la sua storia (l’autore stesso non dà una precisa indicazione per il finale), come sarà (se ci sarà) il suo futuro? Cos’è successo e succederà, prima e dopo il momento in cui vediamo e ascoltiamo questi personaggi? Le risposte possibili a queste domande diventano sempre più affascinanti, e non fanno che accrescere la mia curiosità, ma queste risposte, più che fornire soluzioni, fanno sorgere altre domande”.
“Il Luogo. In un’epoca di “ipercomunicazione” – prosegue il regista – potrebbe sembrare normale “intercettare” pezzi di vita altrui in tempo reale, basta una telefonata nel treno e sappiamo tutto del nostro vicino. E dopo che questa persona se n’è andata, non ne arriva sempre un’altra, con nuove storie da raccontare? Quando le persone sono nascoste dal muro di una stanza invece noi siamo per forza esclusi dalle loro vite. Allora ancora una volta noi spettatori possiamo approfittare del nostro ruolo; giocare a guardare attraverso la parete trasparente della “scatola scenica”. E permetterci (noi il pubblico, i guardoni, les voyeurs) di entrare nell’intimità di una stanza chiusa, di ascoltare una conversazione e, dalla posizione privilegiata di “osservatori”, trarre conclusioni e commentare all’uscita. Alla fin fine, tutto il problema (come giustificare e rendere credibile l’unione dei due titoli?) si riassumeva in poche domande: in quale luogo e in quale tempo queste storie potevano riuscire a convivere? Ed ecco trovato il legame: un luogo privato e pubblico nello stesso tempo, in cui noi li possiamo spiare nella loro intimità, dal buco di una serratura e dove loro possono vivere la loro vita. Consecutività di tempo e unione di luogo”.
“Allora cosa ci sarebbe di meglio che una camera d’albergo? – prosegue Pasqualetto – Ed ecco che finalmente ci ritroviamo autorizzati a poter ficcanasare liberamente nella privacy altrui. E di colpo abbiamo voglia di conoscere questi personaggi, di ascoltare le loro storie, di spiare tutto attraverso la parete trasparente del corridoio di quell’albergo. Queste storie poi continueranno a fine serata, nella nostra immaginazione. Così come quella del nostro vicino di poltrona, qui a teatro, e quella delle cameriere dell’albergo in cui sono ambientate queste storie, e quella di quella ragazza che in quell’albergo non vorrebbe lavorare, e quella dell’Hausmeister che in quell’albergo ci ha lasciato la vita e vi ha visto passare tante altre storie diverse. È un gioco affascinante per chi lo osserva, una sfida coinvolgente per chi a queste storie prova a dare vita e credibilità”.
Per info e biglietti è possibile rivolgersi alla biglietteria del Teatro Municipale di Piacenza, in via Verdi 41, al numero di telefono 0523.492251 o al fax 0523.320365 o all'indirizzo mail biglietteria@teatripiacenza.it.