Autismo, non è una malattia ma una “condizione”. Decuplicati i casi a Piacenza

L’autismo non è una malattia, è una "condizione neurobiologica". Non si “guarisce” dall’autismo: “Ci si nasce, come si nasce con gli occhi azzurri o con i capelli neri. Bisogna solo saperla riconoscere, questa condizione, e imparare a conviverci come si fa per qualsiasi altra condizione. E si può fare, oggi più che mai”. Ne è assolutamente certo lo psichiatra Corrado Cappa del Dipartimento di salute mentale dell’Ospedale di Piacenza. Lo abbiamo contattato oggi non a caso: il 2 aprile è la giornata mondiale voluta dall’Onu per celebrare la consapevolezza dell’autismo. Un momento importante per sensibilizzare l’opinione pubblica su questa condizione ancora per molti misteriosa e che può avere vari gradi di incidenza sul modo di essere delle persone che ne soffrono.

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Fino a qualche anno fa era perlopiù sconosciuta. Poi ha iniziato ad occuparsene anche il grande schermo, con pellicole magistrali come Rain Man e un Dustin Hoffman da Oscar proprio in quell’occasione a fianco di Tom Cruise e all’italiana Valeria Golino. Oggi l’autismo viene riconosciuto sempre più precocemente, già nei bambini, e le possibilità di intervento per “normalizzare” comportamenti che altrimenti potevano venire giudicati strani (nella migliore delle ipotesi) sono diventate sempre maggiori, con tecniche e metodi sempre più efficaci.

E proprio a Piacenza esistono programmi che stanno ottenendo risultati davvero ottimi. La sfida, dice il dottor Cappa, è proprio quella di migliorare le condizioni di vita delle persone con autismo: “Ripeto, non è una malattia dalla quale si può guarire ma una condizione che richiede l’adattamento”. Ma non solo da parte degli autistici, sottolinea lo psichiatra: “Il primo passo è il riconoscimento di questa condizione dopodiché, al netto di pregiudizi e incomprensioni, i cosiddetti normotipici devono imparare a capire come funziona la mente di un autistico e comportarsi di conseguenza”. Così facendo, anche se a volte non è semplice, i risultati possono essere davvero strabilianti.

I passi successivi sono accompagnare le persone autistiche in programmi che le aiutino ad acquisire comportamenti che altrimenti non terrebbero in modo naturale e che consentono loro di vivere meglio in mezzo alla gente. Perché, come sottolinea Cappa, è quello relazionale il campo in cui soffre maggiormente chi è autistico. Programmi di “abilità sociali”, si chiamano così e hanno risultati sempre migliori.

Al dottor Cappa abbiamo chiesto se sia quantificabile, ad oggi, l’autismo a Piacenza. No, non lo è in modo chiaro. Si sa solo che fino a qualche anno fa l’incidenza presunta era dello 0,5% sul totale della popolazione; oggi si è decuplicata. Per quanto riguarda gli adulti, sono attualmente una cinquantina quelli in carico al Dipartimento di salute mentale che stanno seguendo i programmi in questione. 

LA REGIONE – L'Emilia-Romagna conferma il proprio impegno per il 2015 con un finanziamento di 1 milione e 200mila euro a sostegno del PRIA, il “Programma regionale integrato per l’assistenza alle persone con disturbo dello spettro autistico”. L’ha annunciato il presidente Stefano Bonaccini intervenendo oggi a Modena al seminario “Incontrando persone con autismo”, organizzato dall’associazione “Aut Aut” in collaborazione con l’Azienda Usl e il Comune, e il coinvolgimento delle forze dell’ordine, in occasione della Giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo, indetta dall’Onu.
“Come Regione – ha detto Bonaccini – vogliamo contribuire, accogliendo l’invito di questa Giornata, ad aumentare la consapevolezza vera sull’autismo, quella che spazza via luoghi comuni, stereotipi e false credenze. In un percorso insieme ai medici, agli specialisti, alla scuola, agli educatori, alle associazioni e, prime fra tutte, alle famiglie”.
In Emilia-Romagna sono circa 1.900 i minori affetti da disturbo dello spettro autistico annualmente in carico alle strutture territoriali di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza (NPIA) delle Ausl. Obiettivo del Programma regionale è garantire equità, tempestività e appropriatezza della diagnosi, presa in carico e trattamento delle persone nelle diverse fasce di età. Il PRIA ha un’organizzazione secondo il modello hub and spoke (centri di riferimento per area vasta – “hub”; e centri collegati – “spoke”) e ha consentito di abbassare notevolmente l’età della prima diagnosi, a vantaggio della presa in carico precoce. Attualmente si sta lavorando per migliorare la presa in carico della persona giovane adulta con autismo, attraverso la costruzione di percorsi dedicati tra le strutture di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza delle Ausl, i servizi di Salute mentale adulti e i servizi per disabili adulti.