La fotografia del mondo del lavoro piacentino è inquietante. Sarà interessante valutare i dati dei primi tre mesi di questo 2015, con gli effetti del Jobs Act che qualcosa in effetti sta muovendo, ma nel frattempo la situazione è drammatica. Non c’è un modo delicato per dirlo, parlano i numeri: 12mila disoccupati sul territorio di Piacenza, il quadruplo di cinque anni fa: erano 3mila nel 2009, anno di inizio di questa crisi che non sembra accennare a mollare la presa. Una disoccupazione allarmante anche perché riguarda moltissimi giovani (24%) e soprattutto riguarda una fascia d’età particolarmente delicata ovvero quella tra i 35 e i 50 anni. E sono questi i disoccupati più in difficoltà: i quarantenni, che magari hanno figli piccoli a carico e di conseguenza poche possibilità di muoversi per andare a cercare il lavoro dove c’è.
In questo quadro da mani nei capelli è rilevante notare quali siano i settori che tengono: la logistica, con la movimentazione delle merci, e i servizi sanitari e assistenziali. Come a dire che si lavora se si ha la forza fisica di fare il magazziniere o il facchino oppure se si hanno le competenze per aiutare chi invece non ce la fa più perché malato o anziano. E a Piacenza anche questo incide: l’anzianità della popolazione.
Il manifatturiero, spina dorsale dell’economia piacentina, è in crisi nera; reggono solo le grandi aziende o comunque quelle che hanno la forza economica di innovare e di rivolgersi ai mercati esteri (e a Piacenza ci sono, e prosperano, realtà d’eccellenza assoluta). Il commercio risente in maniera drammatica del calo dei consumi e, anche in questo caso, coloro che rimangono sul tradizionale (che non si affacciano sul digitale, per intenderci) soffrono come mai prima d’ora. Le costruzioni, dall’edilizia vera e propria alle aziende di materiali per l’edilizia, sono alla frutta; anche perché questo è un settore che non ha la possibilità di esportare e non può che rivolgersi al mercato interno, fermo da anni.
Ci sono alcuni numeri che rendono l’idea meglio di altri: i posti di lavoro persi nel 2014 a Piacenza sono 1.248; ed è il saldo tra gli avviamenti di nuovi contratti e le cessazioni di quelli esistenti.
Solo nel commercio sono rimasti a casa 420 lavoratori, 474 nei pubblici esercizi. Anche le badanti e le colf sono in crisi: -233 posti di lavoro in un solo anno, il che significa che nelle casi si cerca di fare con le proprie forze. E questo incide su un altro aspetto di questa fotografia: le donne disoccupate sono molte di più rispetto agli uomini. E parliamo solo di quelle che si sono rivolte agli uffici per l’impiego, ovvero che in qualche modo stanno cercando lavoro, magari dopo averlo perso. C’è poi tutto un mondo di persone che invece hanno addirittura smesso di cercare lavoro, ed è il caso di molte donne che scelgono di stare a casa proprio per evitare di dover spendere denaro in aiuti esterni come colf e badanti.
C’è un dato positivo, grazie al Cielo, ed è su questo che oggi hanno voluto porre l’accento la consigliera provinciale Paola Galvani e la dirigente dell'Osservatorio del mercato del lavoro Elena Bensi (in parte per ottimismo, in parte perché è un fatto rilevante e che fa ben sperare) durante la presentazione del rapporto annuale sul mercato del lavoro piacentino nel 2014; ed è il dato sui nuovi avviamenti, ovvero sui nuovi contratti di lavoro realizzati dalle imprese piacentine: sono 47.410, 2mila in più e cioè il 4% in più rispetto al 2013. Il saldo con le cessazioni è ancora negativo ma significa che la voglia di ricominciare c’è. «Sono convinta che i piacentini ce la faranno a lasciarsi alle spalle questo periodo» dice, positiva, la Galvani. E c’è da sperare che abbia ragione.
In allegato all'articolo, il rapporto completo dell'Osservatorio e una sintesi elaborata dalla Provincia.