“Una grande occasione sprecata, per Piacenza e per l’Italia”. Così l’architetto Manlio Lilli, docente, nonché esperto archeologo, ha definito la scelta dell’amministrazione comunale di sostituire con appartamenti e negozi lo spazio che era occupato fino a qualche tempo fa dal palazzo ex Enel, su viale Risorgimento, che affacciava su un lato palazzo del Farnese. Lo studioso, in un lungo articolo pubblicato sul suo blog nella testata on line del Fatto quotidiano, ha spiegato le ragioni per cui si può ritenere uno scempio l’aver coperto con una soletta di cemento i resti di un teatro antico di inestimabile valore. Lo abbiamo intervistato, per farci spiegare meglio la questione e quella che lui stesso ha definito “un’occasione sprecata, non solo per gli studiosi ma anche per le potenzialità turistiche di Piacenza”.
Professore, lei ha condotto un’excursus storico su come le rovine sono state trattate dalle varie amministrazione che si sono succedute. Il risultato, però, sembra essere stato sempre lo stesso: la mancanza di valorizzazione, anteponendo un interesse economico. E’ così?
“Credo che questa sia un’ennesima sconfitta per la sovrintendenza e per il Comune. Giusto che un’amministrazione abbia delle priorità, cercando di trovare nuove occasioni di ricovero per i cittadini, ma ritengo che anche la valorizzazione e la tutela dei beni archeologici sia necessaria, anzi imprescindibile. Questa era un’occasione, grazie all’intervento di sponsor privati, come prevede tra l’altro l’Art Bonus voluto dal ministro Franceschini. Il fatto di aver deciso di seppellire nuovamente questi resti sotto una soletta di cemento penso che dimostri la cifra dell’amministrazione attuale”.
Che cosa non potranno ammirare, per chissà quanto tempo, i piacentini e i potenziali turisti che avrebbero attirato queste rovine?
“A Piacenza il centro storico insiste sull’antica città romana, sulla quale ci sono studi passati e recenti. I resti erano stati individuati negli anni ‘80 da indagini preliminari dalla Sovrintendenza. Oltre alla cinta muraria, all’esterno di questa, era stato rinvenuto un edificio per spettacoli, probabilmente un teatro. L’identificazione delle mura è certo, questa costruzione, comunque molto imponente, è più dubbia. Ma in ogni caso è una testimonianza molto significativa. Sarebbe stato un biglietto da visita anche in vista di Expo, visto che viene considerato un evento non limitato al capoluogo lombardo ma esteso a tutta l’Italia, ancor di più per Piacenza non molto distante da Milano”.
Cosa prova uno studioso e appassionato come lei quando si trova davanti a decisioni del genere da parte delle amministrazioni locali?
“La sensazione immediata è quella dell’occasione mancata. Spesso gli amministratori locali reputano il patrimonio storico archeologico qualcosa di marginale, una questione della quale interessarsi solo nelle giornate del Fai o simili. In realtà queste sono tematiche che dovrebbero riguardare tutta la cittadinanza e le amministrazionni comunali dovrebbero cercare di pubblicizzarle in tutta la loro bellezza. Perché sono una possibilità futura di sviluppo. Il ministero si chiama dei Beni culturali e del Turismo e ci sarà pure un motivo. Il bene archeologico deve essere valorizzato per gli studiosi ma anche per il visitatore occasionale che poi può creare indotto. Sarebbe bene che gli amministratori si adeguassero a questa visione che potrebbe portare benefici, non solo di immagine ma anche economici”.
AL LINK l'articolo completo del professor Manlio Lilli sul Fatto quotidiano:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/03/18/piacenza-dopo-lenel-cemento-teatro-romano/1512125/
Manlio Lilli è un archeologo impegnato nella tutela e valorizzazione del Patrimonio culturale italiano, non disgiunta dall’analisi del contesto urbano e territoriale nel quale le singole testimonianze sono inserite. Si è laureato in Topografia di Roma e dell’Italia antica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Roma “La Sapienza” e ha conseguito un dottorato ed un post-dottorato in Archeologia (Topografia antica) presso l’Università degli Studi di Bologna “Alma Mater”. E’ stato professore a contratto in Topografia medievale presso la Facoltà di Ingegneria di Terni dell’Università degli Studi di Perugia. Ha partecipato e condotto scavi archeologici a Roma, Giulianova, Pesaro, Grumento e Venosa e campagne di ricognizione in Abruzzo, Marche e Lazio. E’ autore di numerosi studi e approfondimenti editi in collane e riviste di settore italiane e straniere, oltre che di alcune voci nell’Enciclopedia Archeologica e nel Mondo dell’archeologia a cura della Treccani. Nella sua attività scientifica si annoverano anche tre opere monografiche sulla ricostruzione del popolamento antico di Lanuvio (2001), Ariccia (2003) e Velletri (2008). Collabora con le testate online Formiche, Il Fatto quotidiano, Istituto di Politica e Linkiesta.