Cyberbullismo, Picozzi: “Nell’era social chi ti perseguita lo fa ovunque”

Massimo Picozzi a tutto tondo, dal cyberbullsimo ai delitti più efferati. Il noto criminologo italiano è stato ospite dell’istituto Raineri Marcora dove ha tenuto con gli studenti un seminario sul tema in particolare del cyberbullismo, che ha definito "un’evoluzione del bullsimo che però non lascia scampo". Accanto a lui anche le due giocatrici della Nordemccanica Rebecchi Veronica Angeloni e Chiara di Iulio. Il crimonologo ha anche rilasciato un commento su uno dei delitti più recenti ed efferati che Piacenza ricordi, quello del professor Manesco fatto a pezzi e chiuso in una valigia nell'agosto scorso. Ecco l'intervista completa rilasciata al giornalista Andrea Crosali.

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Oggi si parla di cyber bullismo. Come nasce questo fenomeno?

Deriva ovviamente dal bullismo anche se rispetto a quello tradizionale presenta sostanziali differenze. Si è sviluppato con l’utilizzo sempre più dirompente dei social network. Il cyber bullismo in sostanza ha espanso i confini di quello che era il bullismo tradizionale. Anche prima incontrare un bullo era un’esperienza drammatica, ma si sapeva di essere al sicuro dietro la porta della propria camera. Oggi non è più così: con le tecnologie moderne, anche con il computer e il cellulare disconnesso, chi ti prende di mira può seguirti ovunque.

Lo sport può essere un antidoto al cyber bullismo?
Assolutamente sì. La grande potenzialità dei social network, ma anche dei cellulari e di whatsapp è di aumentare le possibilità di comunicazione. Però non ci consente di avere un’altro tipo di comunicazione, quella non verbale, che è importantissima. Noi tutti capiamo se stiamo offendendo qualcuno alla faccia del nostro interlocutore. Lo sport, invece, ti porta ad un confronto costante. Nello spogliatoio di qualsiasi squadra ci sono sempre problemi, ma si risolvono faccia a faccia

Cambiamo tema, visto che siamo al cospetto di un noto criminologo. Sono sempre di più i programmi televisivi legati agli omicidi. Lei come se lo spiega tutto questo interesse per il macabro?
Cominciamo a dire che il dato sorprendente e che in pochi sanno è che non ci sono mai stati così pochi omicidi in Italia. L’ultima statistica parla di un numero che non è mai stato così basso dal 1860. Per quanto riguarda l’interesse non mi sorprende. Se ne parla da quando esiste l’uomo. Noi ci portiamo appresso un lato oscuro che ci spaventa, ma allo stesso tempo ci affascina: proiettarlo all’esterno in vicende che non ci riguardano direttamente è rassicurante. Chiunque si appassiona alla cronaca nera lo fa nella convinzione che a lui queste cose non succederanno mai.
In più, piccola nota polemica, la gente si è spostata verso la cronaca nera perché non ne può più dei talk show politici. Questo non toglie che la passione per questi temi ci sia sempre stato: siamo ancora qui che cerchiamo di capire chi abbia pugnalato alle spalle Giulio Cesare.

Quale dei delitti recenti ti ha colpito di più?
Quello che mi ha segnato di più, anche perché sono entrato pochi minuti dopo i fatti assieme al Ris di Parma, è il delitto di Samuele Lorenzi a Cogne. Io ero il consulente della Procura che ha sostenuto le accuse contro Anna Maria Franzoni. Vedere la scena di un bimbo ucciso barbaramente in quel modo è stato davvero un’esperienza forte.

Avrà forse sentito parlare del delitto Manesco, il professore fatto a pezzi e chiuso in un trolley, un caso di cronaca nera che ci riguarda da vicino?

Una volta arrivati a togliere la vita, a deumanizzare l'altro, dopo riesci a fare cose che a bocce ferme sembrano incredibili. In casi come questi il passaggio cruciale è il momento in cui si arriva ad uccidere.