“Allegro con Brio” continua la rassegna cameristica alla Sala dei Teatini

Prosegue domenica 15 marzo alle 17 alla Sala dei Teatini la rassegna cameristica, ad ingresso gratuito, “Allegro con Brio”, organizzata dalla Fondazione Teatri di Piacenza in collaborazione con il Conservatorio di Musica “G. Nicolini” di Piacenza. Protagonista il Trio Plotino-Decimo Pepicelli, (Giulio Plotino, violino – Marco Decimo, violoncello – Giuseppe Pepicelli, chitarra) che proporrà musiche di Nicolò Paganini e Mauro Giuliani.

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Il concerto sarà aperto dalla raffinata Serenata op. 19 (1808) di Giuliani, unica composizione per trio strumentale del virtuoso pugliese, che inizia con un Adagio dal carattere espressivo e mutevole nel quale i tre strumenti dialogano sapientemente alternandosi nell'esposizione dei temi cantabili. Seguono uno Scherzo dal carattere potente, quasi beethoveniano, e la conclusiva Polacca, che "dà modo alla chitarra di sfoggiare tutte le sue peculiari qualità idiomatiche e pone lo strumento in grande evidenza" (Riboni).

Il pomeriggio musicale proseguirà all'insegna dell'estro di Paganini di cui verrà prima proposto il Capriccio a violino solo sul tema Nel cor più non mi sento, denominato anche Variazioni senza orchestra, che rappresenta una summa della tecnica paganiniana come il musicista stesso affermò "…formando da me solo l'intera armonia". In molte composizioni, infatti, Paganini utilizzò la chitarra come strumento d'accompagnamento per realizzare semplicemente il basso con accordi secondo un preciso ritmo. Già nel tema è utilizzata questa tipica tecnica chitarristica delle legature per realizzare suoni pizzicando le corde del violino con le dita che rimangono libere, mentre con l'arco si esegue il celebre tema di Paisiello. In questo modo il violino si accompagna da solo, offrendo l'illusione di ascoltare due strumenti. È solo la prima di tante differenti e imprevedibili trovate strumentali che mettono a dura prova il violinista e lasciano letteralmente a bocca aperta gli ascoltatori. Di questa composizione, scritta inizialmente nel 1821, è eseguita solitamente la versione contenuta nel Metodo di Karl Guhr, che ne approntò una trascrizione avendola ascoltata direttamente da Paganini.

A chiudere di concerto sarà invece il Terzetto che è una composizione più cameristica, organizzata in quattro movimenti con l'Allegro iniziale in forma-sonata classica, anche se l'elaborazione consiste nella semplice reiterazione del tema iniziale, trasportato in altre tonalità, e nella successiva introduzione di una nuova idea tematica dove il violino e il violoncello si alternano accompagnati da arpeggi della chitarra. Alla chitarra però, contrariamente a quanto avviene nelle Sonate del Centone, sono affidati anche momenti tematici dove i tradizionali ruoli vengono invertiti. Seguono un Minuetto scoppiettante e un languido Andante larghetto. Un travolgente Finale dal carattere popolareggiante conclude questa composizione che, insieme all'altro Terzetto per viola, violoncello e chitarra, fu scritto da Paganini nel 1833 durante un periodo di soggiorno a Londra. Le cronache dell'epoca raccontano che quest'ultimo vide la partecipazione di Felix Mendelssohn-Bartholdy che arrangiò al pianoforte la parte di chitarra.

Ricordiamo che lo stile di Paganini, profondamente italiano, era fondato su semplici armonie che sostenevano un'intensa e sempre caratterizzata cantabilità, ispirata ai caratteri dell'opera, oltre che alle tradizioni popolari. A questo si aggiungevano straordinarie trovate musicali e strumentali mirate a "sorprendere" gli ascoltatori. La sua capacità di improvvisatore e inventore di nuove possibilità del violino fu riconosciuta a tal punto che dagli anni '20 intraprese viaggi nelle principali capitali europee dove, oltre a impressionare le platee più esigenti, influenzò anche noti compositori. Il virtuosismo, da allora fu spesso associato simbolicamente alla figura di Paganini. Oltre al violino, il genovese fu cultore della chitarra, che portava sempre con sé in viaggio, e alla quale dedicò molte composizioni solistiche e da camera.

Nello stesso periodo, il quasi coetaneo Mauro Giuliani, dopo aver dedicato gli anni giovanili a un intenso studio della chitarra, andò a cercar fortuna a Vienna, dove la musica strumentale era apprezzata e praticata molto più che in Italia. Arrivò nel 1807 e si inserì subito nella vita concertistica suonando composizioni proprie nelle quali la chitarra si mostrava uno strumento completo, sia nel ruolo di solista sia in formazioni da camera. Nei salotti viennesi Giuliani suonò con i più importanti musicisti, tra i quali Ignaz Moscheles, Josef Mayseder, Johann N. Hummel, Heinrich Merck e molti altri.