Riceviamo e pubblichiamo, la presa di posizione del Tavolo della pace di Piacenza, formato da ANPI Comitato Comandante Muro, ARCI, AVE', Caritas – Diocesi di Piacenza e Bobbio, La pecora nera, Fiorenzuola oltre i confini, Legambiente, MLAL (Movimento Laici America Latina)-Piacenza, Mondo aperto, CISL e Libera, per dire no ad un possibile intervento militare in Libia. Un appello, che segue a quello di padre Alex Zanotelli e l’esperto Angelo del Boca, dal titolo: “NO A UN'ALTRA GUERRA IN LIBIA”
L'appello del Tavolo della pace: “La guerra ormai è pervasiva e la si vuole fare entrare nella nostra “normalità” come una delle possibilità- a volte la prima – cui ricorrere con irresponsabile leggerezza per affrontare problemi complessi.
Non sarà una guerra a risolvere nessun problema. Non sarà una guerra alla Libia a proteggerci ma semmai a farci diventare bersaglio di guerra. Solo altre guerre e altra violenza seguiranno. Sembra inutile dire che occorre imparare dalla passata esperienza e in particolare dall'ultima guerra in Libia, ma inutile non è: è necessario invece che siamo in molti a ricordarlo perchè i venti di guerra spirano forti in questi giorni seppure ci siano ora accenti più riflessivi e meno guerrafondai.
Invitiamo pertanto chi ci legge, le cittadine e i cittadini di Piacenza a riflettere e a fare riflettere chi parla di guerra con troppa superficialità, ascoltando quanto scrivono persone credibili, informate, che riscuotono la fiducia e il rispetto di tanti come padre Alex Zanotelli e Angelo del Boca, autori dell'Appello che riportiamo più sotto. Il primo l'ispiratore ed il fondatore di più movimenti italiani che hanno l'obiettivo di creare le condizioni della pace e di una società solidale in cui gli ultimi abbiano cittadinanza, tra i quali Rete Lilliput (un movimento che ha operato anche nella nostra città), che si è formato in America ai tempi di Martin Luther King dal quale fu molto influenzato, missionario comboniano in Sudan, ex direttore della rivista Nigrizia, co – fondatore del movimento Beati i costruttori di pace, creatore di comunità e cooperative nella baraccopoli di Korogocho in Kenya sino al 2001. Ora vive a Napoli presso il quartiere Sanità, uno dei simboli del degrado sociale, ma anche della possibilità di rinascita del nostro Paese, con il solo obiettivo di fondo (insieme con vari comitati e coordinamenti di cittadini per la pace, il disarmo e per l'ambiente, la difesa dei beni comuni a cominciare dall'acqua), quello di “Aiutare la gente a rialzarsi, a riacquistare fiducia”. Il secondo lo storico Angelo del Boca legato alla storia della nostra città da quando dopo avere disertato da giovane entrò nella 7a Brigata alpina della I Divisione G.L. "Piacenza" durante la Resistenza, sino a quando fu direttore dell'ISREC (Istituto Storico per la resistenza e L'età contemporanea). Ha testimoniato nelle sue opere le tragedie dei Gulag, della Shoah, delle atomiche, dei massacri etnici, delle povertà e delle speranze dei Paesi emergenti impegnandosi soprattutto nella ricerca della verità sulle guerre di aggressione del fascismo di Mussolini, in Libia e in Africa Orientale e nella documentata denuncia dell'utilizzo, da parte italiana, dei gas contro i resistenti e i civili in Africa. Profondo conoscitore della Libia dunque dal colonialismo italiano sino ai giorni nostri, del quale la nostra nostra città custodisce presso l'ISREC il Fondo Del Boca , circa 10.000 libri e documenti di storia contemporanea da cui trarre saggezza anche nelle attuali scelte politiche quando si parla di Libia.
Il Tavolo vi invita, a diffondere e far conoscere questo appello e a sottoscriverlo via internet all'indirizzo: http://www.ildialogo.org/FormAdesioneAppelli.php?doc=nolibia2
Appello di Alex Zanotelli e Angelo del Boca “NO A UN'ALTRA GUERRA IN LIBIA”
"L’abbattimento del regime di Gheddafi ha riportato la Libia al clima politico ed economico di due secoli fa, prima della colonizzazione italiana e ancora prima della presenza ottomana. In altre parole, si è tornati a una tribalizzazione del territorio. Scomparsi i confini amministrativi, ogni tribù difende le proprie frontiere e sfrutta le risorse petrolifere. Non c’è alcun dubbio che Muammar Gheddafi sia stato un crudele dittatore, ma nei suoi 42 anni di regno ha mantenuta intatta la nazione libica, l’ha dotata di un forte esercito e di un’eccellente amministrazione al punto che il reddito procapite del libico era il più alto dell’Africa e si avvicinava a quello dei paesi europei. Ma soprattutto ha dato ai libici una fierezza che non avevano mai conosciuto.
A tre anni dal suo assassinio (avrebbe meritato un processo), la Libia è nel caos più completo e già si parla con insistenza di risolvere la questione inviando truppe dall’estero per organizzarvi una seconda, micidiale e sciagurata guerra. Nel corso della prima infausta guerra, voluta soprattutto dalla Francia di Sarkozy, il paese ha subito danni immensi, 25 mila morti e distruzioni valutate dal Fondo Monetario Internazionale in 35 miliardi di dollari.
Poiché le voci di un intervento militare italiano si fanno più frequenti, noi chiediamo alle autorità del nostro Paese di non commettere il gravissimo errore compiuto nel 2011 quando offrimmo sette delle nostre basi aeree e più tardi una flotta di cacciabombardieri per aggredire un paese sovrano, violando, per cominciare, gli articoli 11, 52, 78 e 87 della nostra Costituzione. In un solo caso l’Italia può intervenire, nell’ambito di una missione di pace e dietro la precisa richiesta dei due governi di Tripoli e di Tobruk che oggi si affrontano in una sterile guerra civile.
Ma anche in questo caso l’azione dell’Italia deve essere coordinata con altri paesi europei e l’Unione Africana (Ua), animati soprattutto dal desiderio di riportare la pace in un paese la cui popolazione ha già sofferto abbastanza. Ci appelliamo al nostro ministro degli esteri Gentiloni, che non si faccia catturare dai venti di guerra che stanno soffiando insistenti. Ma sopratutto chiediamo a tutto il movimento per la pace perché faccia pressione sul governo Renzi affinché l’Italia, come ex-potenza coloniale, porti i vari rivali libici attorno a un tavolo. Questo per il bene della Libia, ma anche per il bene nostro e dell’Europa".