Rifiuti, convegno internazionale sulla Tari: conoscerla significa risparmiare

«E’ nella speranza che, uscendo di qui, le imprese produttrici di rifiuti, i professionisti e tutti coloro che si trovano ad operare nel settore della gestione dei rifiuti speciali, possano avere le idee più chiare in merito alla TARI, e alla norma che disciplina questa materia, spesso interpretata in modo troppo poco omogeneo sul territorio nazionale, complesso e, di conseguenza, poco chiaro per chi, magari, potrebbe anche richiedere riduzioni o esenzioni sul pagamento».

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E’ con questo spirito che Claudio Dodici, amministratore unico di TRS Ecologia, ha aperto ieri i lavori del Convegno Nazionale “TARI – Risparmiare sulla tassa rifiuti”, svoltosi presso l’Auditorium dell’Università Cattolica di Piacenza e promosso dalla stessa società TRS.

Ed è proprio di “esclusione e riduzione” che ha parlato, nel suo intervento, l’avvocato Francesca Volpe: «Chi produce rifiuti speciali assimilati, conferendoli a soggetti privati autorizzati, ha diritto ad ottenere l’abbattimento della quota variabile della TARI, in proporzione alla quantità di rifiuti avviati al riciclo nella misura decisa dal Regolamento comunale. Ciò ovviamente, a condizione che ne venga fornita la prova attraverso la presentazione della documentazione richiesta».

A tentare di fare chiarezza sui principi giuridici, l’avvocato Andrea Calisse che ha sottolineato come «al vertice si trovino i principi sanciti dal Trattato Europeo, secondo i quali “chi inquina paga” e “dove non vi è alcun servizio non vi è nessun pagamento”. Ciò significa che se un produttore di rifiuti ha prevenuto l’inquinamento affidando, a proprie spese, la gestione dei rifiuti a impresa autorizzata e non usufruisce di alcun servizio da parte del Comune, non dovrebbe pagare, salvo per i servizi indivisibili e non tariffabili».

Eppure le incoerenze in Italia restano tante e a fronte di una normativa europea che parrebbe fornire direttive utili, restano moltissime le incoerenze o le diverse interpretazioni legate a molti aspetti di questa materia, a iniziare dalla stessa definizione di “rifiuti assimilati”. «La normativa italiana sostanzialmente – ha spiegato l’avvocato Massimiliano Valcada – non definisce cosa è un rifiuto assimilato. Attualmente in Italia la base giuridica per questo è rappresentata, in concreto, dai diversi regolamenti comunali che definiscono tale categoria di rifiuti in maniera non omogenea cercando, tuttavia, al fine di procurare maggior gettito al Comune, di ampliarne il concetto».

Un percorso «periglioso», come lo ha definito anche Gianluca Bertazzoli del consorzio Ecocarbon, il quale ha spiegato come «di fatto non esiste alcun dato disponibile circa l’effettivo impatto quantitativo che l’immissione di rifiuti assimilati ha sul totale dei rifiuti urbani. Questa carenza rappresenta un handicap gravissimo per qualsiasi ragionamento sulla tematica e, di fatto, “dopa” ogni dato sulla raccolta urbana, in primis la differenziata».

A tenere le fila del confronto, il dottor Gianni Marella, consulente in gestione dei rifiuti e ieri in Cattolica moderatore di un Convegno che ha visto anche l’intervento di Giulia Battista in rappresentanza dell’Antitrust il cui ruolo «è quello di effettuare interventi sul delicato tema della concorrenza nel settore». Un ruolo che «l’Agenzia – ha spiegato Giulia Battista – ha svolto e svolge non solo sollecitando e caldeggiando una maggiore chiarezza normativa e chiedendo di definire meglio i criteri di assimilazione ma ponendo anche una particolare attenzione, proprio in tema di concorrenza, alla durata stessa delle assegnazioni».

Ed è proprio sul tema della concorrenza e del delicato rapporto tra imprese e pubblica concessionaria dei Comuni, che è intervenuta anche l’avvocato Tiziana Ronchetti, rappresentante di Federmacero: «Nella filiera del recupero dei rifiuti a base cellulosica convivono due sistemi di gestione: quello pubblico e gli operatori privati. Una recente ricerca ha dimostrato come ben il 74% del recupero di questo tipo di rifiuti sia assicurato dai soli operatori privati». Del resto «mentre gli operatori privati – ha concluso Ronchetti – hanno da sempre garantito elevatissime percentuali di recupero/riciclo, il sistema consortile non ha modificato sostanzialmente la produttività della filiera nel suo complesso».