“Sono disperato, non so più cosa fare. Quando sono arrivato all’aeroporto mi hanno detto che i documenti rilasciati dalla questura di Piacenza erano falsi. Il mio cognome era scritto male, corretto con la penna rossa. E quando lo hanno visto le autorità norvegesi hanno pensato ad una contraffazione e mi hanno messo in carcere, prima di farmi rientrare in Italia”. Ora il “refuso” è stato corretto, anche se sempre scrivendo i dati a mano: “Così mi hanno detto, non sono comunque validi. Perché nel passaporto hanno scritto a mano e secondo le leggi norvegesi non sono a norma”.
La paradossale vicenda ha per protagonista un 35enne palestinese, affidato per mesi al percorso finanziato dal Fondo nazionale per le politiche e i servizi d’asilo che, a causa di un errore nel documento d’identità rilasciato dalla questura, non solo è stato fermato e arrestato, ma anche espulso con il divieto di tornare per un anno.
Voleva andarsene dall’Italia e aveva trovato buoni contatti per lavorare in Norvegia ma, a causa di una "A" di troppo nel cognome, non solo è stato rispedito a Piacenza ma ha anche perso la possibilità di rientrare nel sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar). Ora si trova senza un tetto e senza soldi. In una terra di mezzo che non gli permette né di avere un presente decente né di sperare in un futuro migliore.
Non solo, perché i documenti rilasciati ai profughi – come in questo caso – vengono compilati a mano e non in digitale tramite computer. In questo modo, secondo quanto ci ha riferito, anche se l’errore è stato aggiustato, non gli sarà possibile tornare a cercare di trasferirsi in Norvegia visto che le norme di Oslo, soprattutto dopo gli atti terroristici al settimanale satirico francese Charlie Hebdo, non ritengono validi i documenti d’identità sottoscritti a mano.
Una storia che ha davvero dell’incredibile, alla quale si aggiunge la difficoltà di trovare un lavoro, sempre a causa della burocrazia. Da giorni, il 35enne palestinese, si trova di nuovo a Piacenza senza alcuna protezione: “Ma sono stato ritenuto un rifugiato, quindi dovrei avere dei diritti. Invece sono in mezzo alla strada senza soldi e non posso neanche farmi una doccia. In più, cercando lavoro come meccanico, le officine non mi accettano. Perché dicono che gli attestati conseguiti nel mio paese non sono riconosciuti in Italia”.
Della vicenda si sono interessati i rappresentanti del Nap (Network Antagonista Piacentino), che lo hanno accompagnato ai servizi sociali "ma l'unica soluzione – hanno fatto sapere – potrebbe essere quella di mettersi in lista per uno dei dormitori piacentini o scegliere di occupare una casa come sempre più spesso accade".