La gestione dell’emergenza profughi sul nostro territorio provinciale finisce in procura. A depositare questa mattina, giovedì 22 gennaio, un esposto negli uffici di via del Consiglio è stato Marco Colosimo, consigliere comunale della lista civica Piacenza Viva, che riporta alla ribalta un tema che negli ultimi giorni, dopo le polemiche di fine anno, pareva essersi momentaneamente sopito.
Si apre dunque un nuovo fronte. Colosimo ha spiegato di “aver verificato le condizioni di accoglienza praticate nella nostra realtà agli stranieri da noi accolti e richiedenti asilo”. Il giovane consigliere ha infatti visitato di recente alcune delle strutture dove sono stati collocati gli stranieri fuggiti dalle loro terre d'origine ravvisando, a suo dire, che non sarebbero osservati alcuni obblighi disposti dalle normative vigenti in tema di accoglienza.
In particolare il consigliere comunale avrebbe individuato "gravi lacune e carenze in tema di assistenza medica, di inserimento culturale e di inserimento lavorativo". Queste le ragioni per cui lo stesso consigliere chiede alla procura di avviare degli accertamenti che, stando a quanto si desume dall'esposto, dovrebbero spaziare anche sui criteri di distribuzione degli stranieri negli alloggi al fine di "evitare e prevenire l'insorgere di situazioni di abuso in una così delicata materia, con pericolo di malversazione di pubblico denaro".
Nelle premesse del suo esposto il consigliere fa notare "che è stato stabilito per legge un protocollo di accoglienza, comprendente: servizi di gestione amministrativa, servizi di assistenza generica alla persona, servizi di igiene e pulizia ambientale nei luoghi di accoglienza, erogazione dei pasti, fornitura di beni di prima necessità per il confort personale, erogazione del pocket money nella misura di € 2,50 procapite e pro die, erogazione una tantum di una tessera telefonica di€ 15 all'arrivo. A questi servizi di prima accoglienza, si devono aggiungere – sempre in base al protocollo stabilito legislativamente – altri riferiti specificamente all'integrazione degli assistiti e comprendenti l'assistenza sia sul piano culturale che amministrativo, nonché sanitario, al fine di assicurare il miglior inserimento e la migliore integrazione possibili; che tali obblighi sono assunti dallo Stato, delegandone l'assolvimento alle Prefetture, e, in concreto, sono stati recepiti in un bando di gara emanato dalla Prefettura di Piacenza in data 25 luglio 2014 per l'affidamento a persone o enti privati, mediante appalto, dei detti servizi".
Esercitando le sue funzioni di consigliere Colosimo ha motivato il suo interessamento istituzionale, "anche alla luce degli avvenimenti scandalosi recentemente riportati dai media nazionali" e dunque "per accertarmi che simili avvenimenti non siano accaduti anche nella nostra realtà locale". I sopralluoghi sono avvenuti il 2 dicembre scorso presso le strutture d'accoglienza dei profughi presenti nella città, uno in via Cortesi 2 (appartamento che ospita solo quattro persone) ed uno ben maggiore in strada di Cortemaggiore, località Corte Bossina, dove sono ricoverati una cinquantina di profughi. "Mi sono incontrato con un giovane profugo, di cui non conosco esattamente le generalità , ma che so proveniente dalla Costa d'Avorio, unico in grado di dialogare in italiano – scrive Colosimo – il quale mi ha illustrato le loro condizioni all'interno delle suddette nostre strutture di accoglienza. Specialmente per quanto si riferisce alla struttura più grande, ho potuto rilevare (sia dal colloquio che dall'osservazione diretta) che molti degli obblighi surriferiti non sono affatto (o ben poco) osservati. Particolarmente gravi mi sono parse le carenze in tema di assistenza medica, di inserimento culturale e di inserimento lavorativo. Ad esempio, mi è stato riferito che in un caso di necessità medica, verificatosi di sera, hanno dovuto rimandare al giorno successivo la chiamata del medico, dal quale hanno dovuto recarsi personalmente in bicicletta, poiché non erano in grado neppure di indicare chiaramente per telefono dove si trovavano. Peraltro, fra gli obblighi del gestore di un servizio di accoglienza c'è proprio quello di assistenza e accompagnamento presso le strutture sanitarie in caso di bisogno. L'emergenza riferitami era dipesa da un malessere alimentare a causa di cibi evidentemente non idonei (mentre nel citato protocollo è data particolare importanza proprio all'aspetto alimentare dell'accoglienza). Altrettanto carente mi è parso il servizio di assistenza linguistico e culturale. Mi è stato riferito che gli ospiti non hanno possibilità pratica di interagire con qualche soggetto responsabile dei servizi di accoglienza, tranne che con una signora (…..), la quale li ha caldamente esortati a non lamentarsi di nulla, perché non sarebbe stato possibile rapportarsi con qualche soggetto responsabile. Mi è stato aggiunto poi che essi potevano solo parlare col cuoco (che è del Bangladesh) e con un tale …, il quale (sempre a detta di un ospite) "lavora per il capo ed è il figlio di una poliziotta". Non mi è stato possibile verificare o controllare il contenuto di queste dichiarazioni, che riferisco qui solo per scrupolo di completezza".
L'esposto di Colosimo si conclude con l'auspicio che la procura possa interessarsi della questione "anche al fine di evitare e prevenire l'insorgere di situazioni di abuso in una così delicata materia, con pericolo di malversazione di pubblico denaro".