Da soggetti passivi ad attivi nella gestione dei profughi sul territorio. Questo, in estrema sintesi, l’intento dei 48 sindaci – a parte qualche contrario – dopo che la questione era riesplosa a seguito del “caso” Caratta. Riuniti nel palazzo della Provincia, su convocazione del presidente Francesco Rolleri, i primi cittadini si sono confrontati, per la prima volta in maniera così schietta, su una possibile redistribuzione delle presenze dei richiedenti asilo.
Ma non è stato solo l’incendio doloso della struttura che avrebbe dovuto accogliere – o almeno era la notizia circolata in campagna elettorale – circa una ventina di migranti in una frazione con venticinque residenti, che ha portato le istituzioni a mobilitarsi. Perché anche grazie alla divulgazione nei giorni scorsi attraverso Radio Sound/Piacenza24 del documento Excel, preparato dall’assessore al nuovo Welfare di Piacenza, Stefano Cugini, per una più equa ripartizione degli stranieri, è sembrato possibile arrivare a questa riunione con la consapevolezza che una diversa organizzazione è possibile e, forse, sostenibile.
E si è arrivati, alla fine, persino a una bozza – per ora scritta a mano – di linee guida di protocollo, che ora dovranno essere presentate e condivise con la Prefettura (che si era detta disponibile alla redistribuzione). In una sola settimana, insomma, di passi avanti se ne sono fatti, quando per mesi si era parlato di profughi solo attraverso la cronaca.
Il punto di partenza, sul quale si è discusso, è stato il piano dell’assessore Cugini per una ripartizione delle presenze, 236 a Piacenza e provincia, in base al numero degli abitanti. Un progetto che è stato accolto, anche se in parte, perché nel corso della discussione alcuni amministratori locali hanno fatto presente che una ripartizione così rigida avrebbe potuto – benché in maniera ridotta – ricreare disagi a piccole realtà impossibilitate all’accoglienza. E così si è fatto largo il piano, discusso e approvato precedentemente dalla giunta dell’Unione dei Comuni della bassa Valtrebbia e Valluretta, per una distribuzione dei profughi in base ai Distretti, di Levante e di Ponente, che presupponga però il rispetto di alcune norme.
A farsi portavoce del protocollo è stato il primo cittadino di Rottofreno, Raffaele Veneziani: “Serve che il sindaco diventi parte attiva rispetto ad una imposizione dall’alto. Per questo vogliamo normare i rapporti con la Prefettura, salvo poi prendere posizione verso i parlamentari piacentini e l’Anci per stimolare un radicale cambio di atteggiamento a livello nazionale”.
Questa la premessa. Nello specifico, il progetto è di “superare la ripartizione su base territoriale, tenendo conto degli immobili di privati e associazioni a disposizione, ma che vengano assegnati attraverso una concertazione istituzionale. In questo modo potremo arrivare a tutelare il profugo da possibili business o ghettizzazioni, e dall’altra parte il sindaco sarebbe in grado di valutare la ricaduta sociale e in termini di sicurezza sul proprio Comune”.
In buona sostanza, dopo i bandi aperti dalla Prefettura in tempo di emergenza, che si sono aggiudicati alcuni privati che però raramente vengono controllati, ora i sindaci vogliono poter fissare dei paletti in fatto di “idoneità, agibilità, numero massimo, sostenibilità degli immobili messi a disposizione dai privati”, si legge nel protocollo. E ancora, guardando al futuro, conoscere se vi siano i presupposti per far intraprendere a queste persone percorsi “di lingua, formazione e lavori di pubblica utilità”.
In apertura era stato proprio il presidente della Provincia, Francesco Rolleri, a invitare i sindaci "ad arrivare a proposte condivise, ed evitare imposizioni dall’alto. Io sento come sindaco (di Vigolzone) il dovere di controllare queste dinamiche, voglio avere il controllo del mio territorio". E aveva cercato di dare il buon esempio: "Ne ho parlato con la mia giunta, pensiamo sia possibile trovare un appartamento di un privato in grado di ospitare 4/5 profughi. E’ un impegno che tutti i comuni si potrebbero assumere: in caso contrario si dovrebbe affidare tutto alla Prefettura, che ha comunque l’obbligo di far fronte alla situazione. E’ la proposta che mi sento di farvi".
Ora il protocollo sarà distribuito a tutti i sindaci, perché ne prendano visione e possano formulare loro obiezioni o proposte e un nuovo incontro è stato fissato per mercoledì prossimo, sempre alle 18, nella sede della Provincia.
Tutti gli interventi dei sindaci (o assessori il loro rappresentanza):
Anna Tanzi, sindaco Sarmato: "Non sono d’accordo con pochi profughi sparsi sul territorio. Ci deve essere integrazione, non devono essere affidati a privati in grado di lucrare, ma associazioni di volontariato".
Angelo Ghillani, sindaco di Gossolengo: "Proprio partendo da Caratta voglio lasciarvi alcune riflessioni, rimarco la cosa che il Comune non è stato assolutamente coinvolto dalla Prefettura, intenzionata a portare 20-25 persone in una frazione in cui abitano 30 persone. Il modello di Pontedellolio è positivo, ma c’è un problema a monte. L’idea lanciata dal presidente Rolleri è interessante, il piano di ripartizione distrettuale può funzionare, ma deve essere accompagnato da un progetto serio di integrazione di queste persone. Il tema dei profughi non e’ un problema politico, ma amministrativo: dobbiamo prenderci delle responsabilità per far sì che la Prefettura non agisca come e’ accaduto in passato".
Jonathan Papamarenghi, sindaco di Lugagnano: "Se ci limitiamo di fare un semplice calcolo matematico non cogliamo la sostanza del problema. Qui si tratta di persone che resteranno sul territorio almeno un anno, quindi bisogna rivolgerci a Comuni che hanno le strutture in grado di farvi fronte".
Roberta Battaglia, sindaco di Caorso: "La comunità europea ci impone di accogliere i profughi? Francia e Austria hanno chiuso le frontiere. Sono d’accordo con quanto hanno detto prima i colleghi: questo tema non può essere lasciato in mano ai privati, perché è un business, ed è fondamentale che vengano coinvolti preventivamente i sindaci, in quanto garanti della pubblica sicurezza sul loro territorio. Il contrasto sociale nasce perché non c’è chiarezza: tante richieste di asilo non vengono accolte".
Sandro Busca, sindaco di Bettola: "Il dramma dei profughi è quello che vivono loro, più di quelli che li accolgono. La loro accoglienza non deve essere affrontata solo dalle istituzioni, ma da parte di tutta la società civile. Per questo sarebbe utile avere un elenco delle strutture ricettive in province. Andrebbe poi valutato l’effettiva ripartizione tra regioni e province. Va pensato un piano strategico provinciale dedicato ai profughi, sono d’accordo con il sindaco Veneziani. Devono far parte di questo tavolo anche la Chiesa e il volontariato. Non sono d’accordo con il riparto meramente statistico, perché Comuni come quelli di montagna farebbero sicuramente fatica a far fronte alle esigenze dei profughi".
Patrizia Calza, sindaco di Gragnano: "Questo fenomeno non e’ un’emergenza che si fermerà, ma dovremo farvi fronte per diverso tempo. Dobbiamo quindi trovare una proposta che ci faccia essere protagonisti. Sono d’accordo con Busca: come cittadina ho le preoccupazioni di tutti i miei cittadini, come il timore su come queste persone si potrebbero comportare così come penso ai tanti italiani che non possono contare su aiuti europei, da cattolica non posso non accoglierli. Da sindaco devo massimo rispetto alla legge, quindi devo obbedire agli ordini che arrivano. Sposo in toto la proposta di Veneziani, che mi sembra più ragionevole rispetto a quella di accoglierli rispetto a un mero criterio numerico, perché alcuni Comuni potrebbero fare fatica ad accoglierli. E’ fondamentale essere coprotagonisti del percorso, al pari della Prefettura, per evitare di subirlo. Così come e’ importante il progetto educativo in cui inserire queste persone, che devono essere coinvolte in attività di pubblica utilità come e’ accaduto a Pontedellollio".
Giancarlo Tagliaferri, sindaco di San Giorgio: "E’ vero che abbiamo tanti doveri ma abbiamo anche dei diritti, come quello di difendere i nostri concittadini. Va bene il protocollo, ma credo che ci debba essere rispetto: i sindaci devono essere sempre consultati e quando chiedono informazioni gli si deve essere data risposta. San Giorgio sta per perdere una parte importante della propria popolazione (smantellamento San Damiano, ndr) e da parte dei nostri cittadini sicuramente ci sarà un no all’accoglienza".
Roberto Pasquali, sindaco di Bobbio: “Se sono costretto ad accoglierli voglio un foglio certificato che queste persone siano sane, viste le malattie come Ebola o Aids diffuse nei loro paesi di provenienza. A Piacenza, però, vorrei ricordare quante caserme o stabili del Demanio sono semi vuoti e che magari potrebbero essere utilizzati”.
Stefano Cugini, assessore di Piacenza: “Sono d’accordo su una distribuzione distrettuale, che era anche nel mio piano, oltre a quella per abitanti. Penso che questa riunione sia comunque un buon segno, perché dire a priori che non volevamo impegnarrci sarebbe stata una sconfitta di tutti. Però dobbiamo avere un controllo maggiore sui gestori privati. Oggi non c'è controllo. Così un privato può mettere i profughi in qualsiasi comune senza tenere conto delle ricadute delle comunità”.
Lucia Fontana, sindaco di Castelsangiovanni: “Sono contraria, abbiamo una percentuale del 21% di stranieri con un forte disagio per i residenti. Si può anche dire no alle disposizioni nazionali se sono sbagliate. Il 70% dei servizi sociali ormai sono per gli stranieri. Ho frazioni che sono diventate enclavi, dove gli anziani si sentono in un altro paese”.
Gabriele Girometta, sindaco di Cortemaggiore: “Dobbiamo tenere conto dell'opinione della gente. Le proposte devono vedere una situazione oggettiva. Questi stranieri a fine percorso cosa faranno? Io ho un assistente sociale e mezza e due vigili urbani. Cerchiamo con la distribuzione a pioggia di evitare l'esplosione di tante bombe sociali”.
Francesco Zangrandi, sindaco di Calendasco: “Sono favorevole a distribuirli, il Comune non deve tirare fuori un euro, che siano in strutture pubbliche o private. Certo ci sono i problemi di sicurezza, dei servizi sociali. Ma la mia delusione è perché i sindaci non sono sinceri quando dicono che non hanno la possibilità di accogliere. Nel mio Comune Prefettura e Protezione civile hanno cercato la struttura e me ne hanno affidati, prima 40, ora 19. Comunque adesso bisogna trovare il modo di collocarli. Anche in Comuni più attrezzati. Qualcuno nella campagna elettorale ha fomentato certi problemi. E ognuno per la sua parte deve finirla con certi discorsi”.
Gianni Trioli, assessore di Pontedellolio: “Noi abbiamo in carico 15 profughi e all’inizio è vero che la gente non li voleva, era pronta a sdraiarsi per strada per non farli arrivare. Ma da quando siamo riusciti, insieme alla Cassa edile, a farli lavorare per opere utili alla comunità, sono ben accetti da tutti. E ci stanno dando una mano a fare tante cose”.
Davide Zucchi, sindaco di Alseno: “Noi non ci stiamo perché non conosciamo i dettagli. Prima di tutto i costi, la durata della permanenza, a chi sarò affidato il controllo di queste persone”.
Angelo Mussi, assessore di Fiorenzuola: “Dobbiamo affrontare il tema con realismo, tutti abbiamo sempre assolto i nostri compiti. Non si può solo dividerli per abitante. Sono concorde con i diversi parametri. I centri più grossi come il mio sono già alle prese con tanti problemi”.
Marco Bricconi, sindaco di Cadeo: “Il progetto del governo non è serio. Indegno che tutto ricada sul sindaco. Finalmente dobbiamo dettare le regole e la mia approvazione è legata al fatto che il sindaco possa dire la sua su questa partita”.
Manuel Ghilardelli, sindaco di Ziano: “Sono in sintonia con il sindaco di Castelsangiovanni. Non li vogliamo e non firmiamo. Noi faremo tutto il possibile per non farli arrivare”.
Carmine De Falco, sindaco di Caminata: “E’ un esodo biblico, un fenomeno inarrestabile, dobbiamo fare la nostra parte. Io farò la mia, con il Comune che rappresento per un progetto di solidarietà. Bene dividere i profughi in base alle Unioni dei Comuni o le vallate”.