Bassi (Sel): “Investiamo in manutenzione oggi per evitare tragedie domani”

Più di sei milioni di italiani vivono in zone esposte al pericolo di frane e alluvioni. I comuni in aree a rischio idrogeologico sono 6.633 pari “all’82% del totale”. Case costruite dove non si sarebbe dovuto, mancata prevenzione e cura del territorio, disorganizzazione nel gestire le emergenze hanno portato polemiche, dolore, e soprattutto vittime (più di 6.300 dal 1950 ad oggi).

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Nell’Italia del dissesto, dove ad ogni pioggia abbondante si iniziano a contare danni e vittime, le zone montane dell’Emilia-Romagna non fanno eccezione. 70mila le frane cartografate che fanno della nostra, la regione italiana più colpita dal dissesto idrogeologico. Nelle province emiliane si arriva anche al 30% del territorio collinare e montuoso interessato da smottamenti, come testimoniano le emergenze degli ultimi anni ancora nitide nei ricordi di chi le ha vissute da vicino.
Complice la solita urbanizzazione fuori controllo, si aggrava anche qui il rischio idrogeologico. Il suo valore sfiora ormai il miliardo di euro. E la prevenzione vera, quella che taglia di 6-8 volte il danno che deve essere affrontato poi, rimane poco applicata. Dal 1996 al 2008 sono stati spesi per le emergenze 27 miliardi di Euro, pari a più di 2 miliardi/anno contro i 250 milioni all’anno spesi per la prevenzione.
Sel ritiene che la messa in sicurezza del territorio e del patrimonio edilizio sia non solo doverosa per prevenire vittime e danni ingenti, ma anche una straordinaria occasione per la ripresa economica e occupazionale del Paese, considerando l’insieme degli interventi di prevenzione la vera grande opera strategica di cui l’Italia ha prioritariamente bisogno.

La Regione, in proposito, dovrà perciò seguire una precisa linea guida: una politica di rigenerazione consapevole del territorio, ben più conveniente dell’intervento a emergenza avvenuta e della spesa coatta in grandi opere. Per dare certezze maggiori a chi vive e fa impresa nel territorio e per creare un’economia più stabile, perchè basata sull’estetica, l’ecologia e la solidarietà.
La proposta di istituire la figura del geologo comunale, recentemente discussa in Parlamento, non può essere la soluzione: ritengo che molti Comuni, compresi quelli di montagna, non possano permettersi una figura simile, complice il patto di stabilità. Dovrà essere invece la Regione a dotarsi di una equipe di esperti per ogni provincia che, ben conoscendo la situazione locale, potranno mappare e quantificare urgenze, costi e tempi di intervento, evitando inutili sprechi di risorse e favorendo il recupero dell’ambiente come luogo di progettualità condivisa.

L’investimento nella manutenzione del nostro Paese e della nostra Regione è prioritaria rispetto a qualsiasi altra forma di intervento, compresa la creazione di nuovi e discutibili assi viari. Perchè senza regole e punti di arrivo condivisi da chi abita il territorio, il percorso dello sviluppo non può che apparire insensato e creare solo ulteriori incertezze e turbamenti.

Roberto Bassi Sel