Dimagrito e con la barba lunga. Scende dall’auto lentamente, indossa il giaccone a fatica e si avvia, claudicante, verso la sua abitazione. Ma quando si spalanca la porta ed escono i tre figli, gli occhi si illuminano e la fatica sembra sparire. Li alza in un grande abbraccio, li bacia e sparisce attorniato dal calore della moglie e dei parenti che, in questi quattro mesi, non hanno mai perso la speranza.
E’ distrutto Marco Vallisa, il 54enne di Cadeo rapito in Libia il 5 luglio scorso. Il tempo nelle mani dei suoi aguzzini non dev’essere stata una passeggiata e ne porta i segni. Un incubo che, però, non sembra avergli tolto il carattere di sempre, testimoniato in questo periodo dai tanti che lo conoscono.
“Sto abbastanza bene, ma sono molto provato. Molto, molto molto”, dice ai cronisti che lo attendevano al suo ritorno. E lo ripete tre volte, così come tiene a sottolineare che “è stata dura, dura davvero. Ma adesso sono a casa, quindi ora va bene”.
Vallisa, tecnico della ditta modenese Piacentini costruzioni, mancava da casa dal 5 luglio scorso quando, mentre era impegnato in un cantiere, è stato rapito insieme con altri due colleghi, il bosniaco Petar Matic e il macedone Emilio Gafuri, nella città costiera di Zuara, abitata in prevalenza da berberi. Matic e Gafuri erano stati rilasciati due giorni dopo.
“Posso solo ringraziare chi è stato vicino alla mia famiglia e all’unità di crisi della Farnesina. Sono stati eccezionali, perché è stata una trattativa difficile”, ha aggiunto durante quei pochi passi in cui ha accettato di rispondere ai giornalisti che lo attendevano, fino alle 23.30 circa. Poi, come naturale, è emerso l’unico desiderio che un padre possa avere in una circostanza del genere: “Sono tre giorni che non dormo ma non vedo l’ora di riabbracciare i miei bambini”.
Ed erano lì ad aspettarlo con il sorriso sulle labbra. Come la moglie Silvia Bolzoni, farmacista e consigliere comunale del paese, che appresa la notizia della liberazione, ieri sera, non ha atteso un attimo. E’ partita alla volta di Roma per riabbracciarlo e riportarselo a casa. In auto, nonostante pare gli avessero offerto un aereo. “Perché è molto nel loro stile, semplice” si è azzardato a dire uno dei parenti in attesa del suo arrivo.
Sin dai primi momenti seguiti alla scomparsa, si era subito pensato a un rapimento, anche perché l’auto sulla quale viaggiava Vallisa con i colleghi era stata trovata con le chiavi inserite nel quadro. E anche l'obiettivo dei rapitori era apparso chiaro: quello di chiedere un riscatto. La pista del sequestro 'politico', infatti, era parsa meno realistica, perché i fatti si sono verificati in una zona lontana dalla Cirenaica, dove si concentrano i ribelli jihadisti in conflitto con Tripoli.
Riscatto che, a quanto pare, sarebbe stato pagato. Una fonte libica avrebbe ammesso che è stato versato 1 milione di euro per la liberazione. La rivelazione è stata affidata ad un’agenzia, la France Presse. Una fonte della sicurezza libica, che ha chiesto di rimanere anonima, avrebbe quindi confermato il versamento e che Vallisa e' stato tenuto prigioniero da un gruppo armato di cui non ha fornito l'identità.
Nonostante ciò, il fratello Corrado si è sentito di ricordare che “lo Stato italiano c’è e si vede. Ci hanno promesso che ce lo avrebbero riportato e hanno mantenuto la parola. Spero solo non debba più accadere ad altri”.
Purtroppo, però, sono ancora cinque gli italiani sequestrati all'estero: le due giovani cooperanti lombarde Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, scomparse in Siria dal 31 luglio 2014; il tecnico veneto Gianluca Salviato, rapito in Libia il 22 marzo 2014; il gesuita romano padre Paolo Dall'Oglio, sequestrato a fine luglio 2013 in Siria; il cooperante palermitano Giovanni Lo Porto, scomparso il 19 gennaio 2012 tra Pakistan e Afghanistan.
Stasera, però, è solo tempo di pensare alla buona notizia che è stato possibile raccontare. “Bentornato Marco” è lo striscione che dal pomeriggio campeggia davanti alla sua abitazione e che gli hanno voluto dedicare i suoi compaesani di Cadeo. Così come le campane a festa che il parroco ha fatto risuonare in mattinata poco prima della messa.
Nel pomeriggio, poi, il tecnico piacentino ha avuto modo di ricevere anche la chiamata del ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni: “Gli ho parlato al telefono, poco dopo il suo risveglio, e per lui è stata un'esperienza molto molto dura” ha detto il ministro che si trova a Berlino. E ha aggiunto: “Per lui è stato come rivedere la luce".