Più di un’impresa su cinque dall’inizio della crisi ha scommesso su innovazione, ricerca, conoscenza, qualità e bellezza, sulla green economy. Sono infatti 341.500 le aziende italiane (circa il 22%) dell’industria e dei servizi con dipendenti che dal 2008 hanno investito, o lo faranno quest’anno, in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2. Un dato che sale al 33% nell’industria manifatturiera. A Piacenza, nello specifico sono circa 2.000 le imprese che hanno scelto di essere “green”.
Un orientamento che si rivela strategico, tanto che proprio alla nostra green economy si devono 101 miliardi di euro di valore aggiunto, pari al 10,2%dell’economia nazionale, esclusa la componente imputabile al sommerso. Oltre alla ricchezza l’economia verde – sempre più apprezzata dai consumatori italiani, visto che il 78% di essi è disposto a spendere di più per prodotti e servizi eco-sostenibili – produce anche lavoro: già oggi in Italia ci sono 3 milioni di green jobs, ossia occupati che applicano competenze ‘verdi’. Una cifra di tutto rispetto destinata a salire ancora nel corso del 2014. Dalle realtà della green Italy infatti arriveranno quest’anno 234 mila assunzioni legate a competenze green: ben il 61% della domanda di lavoro. Coni green jobs che diventano protagonisti dell’innovazione e determinano addirittura il 70% di tutte le assunzioni destinate alle attività di ricerca e sviluppo delle nostre aziende. Una percentuale da capogiro superiore al già alto 61,2% dello scorso anno. Sono i dati di GreenItaly 2014 il rapporto annuale di Unioncamere e Fondazione Symbola che da 5 anni ricostruisce la forza e racconta le eccellenze della green economy nazionale, presentato oggi a Roma.
Numeri alla mano risulta evidente che nel nostro Paese, come ci dicono Symbola e Unioncamere, la green economy è già in movimento e sta contribuendo in modo determinante a rilanciare la competitività del made in Italy. Per questo, nonostante le difficoltà, dall’inizio della crisi più di un’azienda su cinque ha scommesso sul green. Una propensione che abbraccia tutti i settori della nostra economia – da quelli più tradizionali a quelli high tech, dall'agroalimentare all’edilizia, dalla manifattura alla chimica, dall'energia ai rifiuti – e che sale nettamente nel manifatturiero, comparto in cui quasi un’impresa su tre punta sull’economia verde. Una scelta che paga: nella manifattura il 25,8% delle imprese eco-investitrici ha vistocrescere il proprio fatturato nel 2013, mentre tra le non investitrici è successo solo per il 17,5% dei casi. Le imprese manifatturiere che fanno eco-investimenti sono anche più forti all’estero: il 44% esporta stabilmente, contro il 24% di quelle che non investono. Green economy significa anche innovazione: lo scorso anno il 30% delle aziende che puntano sul verde ha sviluppato nuovi prodotti o nuovi servizi, contro il 15% di quelle che non hanno imboccato la via della green economy. Innovazione, export e maggiore redditività si traducono anche in occupazione e maggiori assunzioni. Ad oggi nell’intera economia italiana sono presenti quasi 3 milioni di green jobs, che corrispondono al 13,3% del totale nazionale. A cui si aggiungono le 50.700 figure professionali “verdi” e 183.300 figure che abbiano competenze green previste nelle assunzioni programmate dalle aziende dell’industria e dei servizi per il 2014. Nell’insieme si tratta di 234 mila assunzioni, equivalenti al 61% della domanda di lavoro. Il ‘fattore green’ è determinante anche nello stimolare nuove assunzioni, il 26,6% delle imprese eco-investitrici prevedono di assumere nel 2014 contro il 12,1% delle non investitrici. Con 29.480 imprese green l’Emilia Romagna conquista il terzo posto in Italia nella graduatoria regionale per numero assoluto di imprese che hanno investito tra il 2008 e il 2013, o investiranno quest’anno, in tecnologie e prodotti verdi.
Passando dal livello regionale a quello provinciale, è Bologna con le sue 6.690 imprese green la provincia più virtuosa dell’Emilia Romagna. Seconda Modena con 4.950 imprese green, terza Reggio Emilia a quota 3.260. Seguono Parma con 3.030 imprese green, Forlì Cesena a quota 2.810, Rimini con 2.440, quindi Ravenna 2.350, Piacenza 2.000 e Ferrara a quota 1.944. Da notare che le buone performance di Bologna e Modena si impongono anche a livello nazionale: Bologna è la nona provincia italiana per numero assoluto di imprese che puntano sulla sostenibilità e Modena è la diciassettesima. Ma i primati della regione non si fermano qui: con 4.520 assunzioni non stagionali di green jobspreviste dalle imprese per il 2014, l’Emilia Romagna è al quinto posto nella graduatoria regionale per numerosità di assunzioni verdi programmate entro l’anno. E Bologna, con 1.390 assunzioni previste, è quinta nella classifica nazionale delle province per numerosità di assunzioni non stagionali green. Bene anche Modena (dodicesima con 840 assunzioni previste), Parma (580) e Reggio Emilia (570).
Non a caso, tra le tante aziende citate nella ricerca, molte hanno casa proprio in Emilia Romagna. Per la provincia di Reggio Emilia possiamo citare il gruppo Landi Renzo: big della produzione di impianti GPL e metano per l’autotrazione che vanta uno dei reparti R&S più avanzati d’Europa nel settore delle alimentazioni alternative. Parma è rappresentata dalla Dallara, storica factory parmense specializzata in auto da corsa che collabora con la statunitense Global Caravan Technologies alla realizzazione del prototipo di CR-1 Carbon, un caravan monoscocca in fibra di carbonio. Una collaborazione conquistata grazie alla possibilità dell’azienda di Varano Melegari di costruire pannelli in fibra di carbonio di grosse dimensioni. La CR-1 avrà un peso base di circa la metà di un caravan tradizionale delle stesse caratteristiche e dimensioni. Questo risparmio di peso si trasformerà in un risparmio di carburante doppio rispetto ai concorrenti. Ha casa nel Bolognese, invece, Alce Nero che, con oltre mille produttori, è la più grande rete nazionale del biologico ed è presente in 14 Paesi, dove distribuisce i propri prodotti, dalla pasta al miele, dalla cioccolata all’olio. Infine ricordiamo la System di Fiorano (Mo), che ha lanciato un nuovo ingegnoso sistema di packaging a basso impatto ambientale, utilizzabile in tutti i settori merceologici . Il macchinario trasferisce l’attività cartotecnica all’interno dell’azienda utilizzatrice e nei suoi 28 mq controlla l’intero processo di costruzione dell’imballo, gestendolo in automatico, velocemente, tagliando i costi fino al 70% e diminuendo l’utilizzo di materia prima fino al 60% rispetto alla scatola americana pre-assemblata.
Grazie anche alle realtà che puntano sull’efficienza, l’Italia vanta importanti primati sul fronte dell’ambiente a livello europeo. Siamo, ad esempio, una delle economie a minore intensità di carbonio dell’UE: per ogni milione di euro prodotto dalla nostra economia emettiamo in atmosfera 104 tonnellate di CO₂, contro i 110 di Spagna, i 130 del Regno Unito e i 143 della Germania. Non solo, siamo campioni europei nell’industria del riciclo: a fronte di un avvio a recupero industriale di 163 milioni di tonnellate di rifiuti su scala europea, nel nostro Paese ne sono state recuperate 24,1 milioni di tonnellate, il valore assoluto più elevato tra tutti i paesi europei (in Germania ne sono state recuperate 22,4 milioni di tonnellate). C’è anche questo dietro al fatto che l’Italia è uno dei cinque Paesi al mondo – assieme a Cina, Germania, Corea del Sud e Giappone – che vanta un surplus commerciale con l’estero di prodotti manifatturieri superiore ai cento miliardi di dollari.
Lungi dal soccombere alla globalizzazione, il nostro Paese ha quindi reagito conquistando nuovi mercati e diversificando la propria specializzazione per intercettare nuove richieste di mercato. La green economy è stato uno dei driver di questa evoluzione, permettendo a molte imprese del nostro made in Italy di tornare ad essere competitive e di riposizionarsi su nicchie ad alto valore aggiunto e di competere efficacemente con i paesi emergenti. Un driver valido tanto all’estero quanto in casa, vista la sempre maggiore sensibilità dei consumatori verso il tema ambientale, come testimonia il sondaggio condotto da SWG per questo rapporto, secondo cui il 78% di cittadini italiani è disposto, nonostante la crisi dei consumi, a spendere di più per prodotti e servizi eco-sostenibili. Se, all’inizio del nuovo secolo, più della metà degli italiani definiva il green una moda, oggi questo dato ha mutato completamente di colore. Per il 74% dell’opinione pubblica, la green economy è un reale nuovo modo di fare impresa, economia e società.
Uno spread positivo che ci indica la direzione da seguire. Lo spiega Ermete Realacci presidente Fondazione Symbola: “Non usciremo dalla crisi come ci siamo entrati, non ci metteremo alle spalle questa tempesta perfetta se non cambiando e imboccando con convinzione la via della green economy, che è anche la strada maestra per contrastare i mutamenti climatici. L’Italia deve affrontare i suoi mali antichi, che vanno ben oltre il debito pubblico e che la crisi ha reso ancora più opprimenti: le diseguaglianze sociali, l’economia in nero, quella criminale, il ritardo del Sud, una burocrazia spesso persecutoria e inefficace. Deve rilanciare il mercato interno, stremato dalla mancanza di lavoro, dalle politiche di rigore e dalla paura. E deve saper fare tesoro della crisi per cogliere le sfide, e le opportunità, della nuova economia mondiale. Scommettendo sull’innovazione, la qualità, la bellezza, la green economy, per rinnovare il suo saper fare, la sua vocazione imprenditoriale e artigiana. L’Italia, insomma, deve fare l’Italia”.
“Che la cultura green non sia oggi più soltanto patrimonio di un piccola cerchia di illuminati”, sottolinea il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, “ma, al contrario, sia un orientamento che sta progressivamente conquistando gran parte dei nostri connazionali, è dimostrato dalla disponibilità, che quasi 8 italiani su 10 dichiarano, a preferire prodotti eco-sostenibili all’atto dell’acquisto. Un acquisto peraltro oggi sempre più oculato e attento, visto il permanere di una sostanziale crisi dei consumi. Questa semplice constatazione deve ancora di più valorizzare l’atteggiamento seguito dalle nostre imprese, che si rivelano campioni anche nel fare un diverso tipo di made in Italy, in cui il rispetto della nostra tradizione produttiva si sposa indissolubilmente con la tutela dell’ambiente e si coniuga con una idea di business anche eticamente positiva, oltre che vincente”. Se vogliamo rilanciare il sistema Paese è da qui che dobbiamo ripartire. Da questa green Italy che rappresenta una delle punte più avanzate del Paese. Un’Italia innovativa, competitiva e sostenibile da incoraggiare.
GEOGRAFIA DEGLI ECO-INVESTIMENTI
La green Italy è diffusa in modo piuttosto uniforme lungo tutto lo Stivale, ma trova nel Nord del Paese il suo punto di forza: si trovano qui quasi 170 mila delle nostre 341.500 imprese green, di cui 94mila nel Nord-Ovest e circa 75.600 nel Nord-Est. Un’altra buona fetta di imprese verdi si trovano al Meridione, circa 94.000, mentre nel Centro ce ne sono quasi 65 mila. Analogamente scendendo a livello delle singole regioni, spicca il numero di imprese lombarde che hanno fatto o faranno ecoinvestimenti: più di 62mila. Nulla da stupirsi, dunque, se è la Lombardia a guidare la classifica regionale per numero delle imprese green. Segue il Veneto con 35.650 imprese che puntano sull’eco-efficienza, terza posizione all’Emilia-Romagna con 29.480 imprese verdi. Seguono Lazio, Piemonte, Toscana, Campania e Puglia, rispettivamente con 27.220, 24.710, 24.500, 20.070, 20.760 imprese attente alle loro performance ambientali. E quindi troviamo la Sicilia, a quota 19.150, e le Marche, che si attestano a 10.340 imprese green. Passando dalle Regioni alle Province, i livelli più elevati di numerosità di imprese green spettano alle grandi realtà: Roma e Milano guidano la classifica con oltre 19.000 imprese green in ciascuna provincia, seguite da Napoli (quasi 13.000 imprese green) e Torino (poco più di 11.000).
LE GREEN VALLEYS ITALIANE: GEOGRAFIA DEI GREEN JOBS
Vista la presenza prevalente di imprese green nel Nord-Ovest, anceh La diffusione geografica della domanda di green jobs riproduce quella delle imprese green e vede una marcata concentrazione nel Nord-Ovest, dove le assunzioni previste per il 2014 arrivano a sfiorare le 19.000 unità, di cui ben 13.100 solo in Lombardia. Buone prospettive per le assunzioni dal mondo della green economy anche nel Nord-Est, dove le assunzioni di green jobs programmate per il 2014 sono 11.500, grazie soprattutto alla presenza del Veneto, dove se ne contano quasi 5.000 unità. Quasi appaiate, con un numero di assunzioni di green jobs previste nel 2014 attorno alle 10.000 unità in ciascun, le macro-ripartizioni del Meridione e del Centro; quest’ultimo vanta il Lazio in seconda posizione nella graduatoria per numerosità assoluta di assunzioni di green jobs (5.600). Scendendo nel dettaglio provinciale, troviamo sul podio, con il più elevato numero di assunzioni di green jobs programmate per quest’anno, la provincia di Milano (circa 8.000 unità), cui seguono la provincia Roma (4.700), Torino (quasi 3.300) e Napoli (più di 1.500).