“Lo strano caso di hostess e steward che vogliono restare cassintegrati”. Sono un assistente di volo piacentino di circa 40 anni, insieme alla moglie, i protagonisti della storia tutta all’italiana segnalata nei giorni scorsi da Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera con questo titolo che, certamente, non ha mancato di far discutere.
In pratica il piacentino, che da anni lavorava per la compagnia aerea Meridiana e che insieme alla moglie era stato messo in cassa integrazione a seguito di guai economici della stessa compagnia, ha deciso di fare causa all’azienda dopo essere stato richiamato al lavoro. “Sindrome depressivo ansiosa reattiva”, questa la giustificazione addotta dai due e riportata nel ricorso al giudice del lavoro, Francesca La Russa.
Il piacentino e la moglie, che erano stati assunti nel ‘98 da Eurofly (divenuta nel tempo Meridiana) come assistenti di volo, nel 2012, a causa di problemi economici della società, vengono messi in cassa interazione a zero ore ma con l’80% dello stipendio garantito e in questo periodo – ha scritto Stella – sarebbero stati in America con i tre figli piccoli in cerca di un altro impiego.
Nel frattempo, però, dopo essere stati richiamati in servizio, non solo hanno rifiutato, ma nel ricorso hanno dichiarato di essere stati reintegrati “senza alcuna reale e concreta necessità e solo per carattere punitivo, ritorsivo e illegittimo” e inoltre si sono recati “al loro rientro in Italia dal medico di base e successivamente presso il Policlinico Umberto I di Roma ove è stata loro diagnosticata una ‘sindrome depressivo ansiosa reattiva’ alla quale è seguita la sospensione delle licenze di volo da parte dell’Istituto di medicina legale, con blocco lavorativo di quattro mesi, oltre al mese prescritto dal medico di base”, così si legge.
Inoltre, a seguito dell’invio da parte di Meridiana per tre volte del medico fiscale a controllare il loro stato di salute, hanno dichiarato al magistrato “la natura discriminatoria dei comportamenti descritti attuati dalla compagnia aerea nei loro confronti, con ordine di cessazione dei comportamenti antisindacali, discriminatori e vessatori” e il ritorno, “a chiusura della malattia”, in cassa integrazione, pari all’80% dell’ultimo stipendio. Mensilità, che nei periodi di punta e in base al numero di ore di volo, può arrivare fino a 4.000 euro.
Una richiesta, però, che il magistrato ha deciso di non accogliere. Il giudice del lavoro Francesca La Russa, infatti, gli ha dato torto perché si sarebbe trattato di “legittimo richiamo” al lavoro anche per le “positive ripercussioni sul piano sociale per i minori costi ricadenti sulla collettività”, cioè per i cittadini italiani che stavano pagando ai due lo stipendio.
LA PRESA DI POSIZIONE DEL SINDACATO ALI
La sigla ALI (Associazione lavoratori italiani cassintegrati Meridiana) diffonde però un comunicato in cui viene criticata l’impostazione dell’articolo di Gian Antonio Stella.
“Noi, Lavoratori e Cassaintegrati, saremmo stati ben disposti a raccontare la nostra versione: gli avremmo potuto raccontare, per esempio, quanto la CIGS sia stata utilizzata a volte, dal precedente management, come un randello anziché come ammortizzatore sociale, in maniera da agevolare i “buoni” e penalizzare i “cattivi”. “Cattivi” erano tutti coloro che si rifiutarono di chinare la testa (alcuni furono addirittura espulsi dal sindacato allineato con l’azienda) di fronte al vecchio A.D. e alle sue innovative politiche del lavoro non proprio concertative. Gli avremmo anche, per esempio, potuto dimostrare, dati alla mano, come gli stipendi degli Assistenti di Volo siano ormai sostanzialmente analoghi (al netto dei rimborsi pasti) a quelli degli impiegati.
Gli avremmo potuto spiegare: che le cause di lavoro in cui Meridiana è stata condannata da molti Giudici del Lavoro di tutta Italia a stabilizzare centinaia di lavoratori di terra e di volo tenuti anche per un decennio con contratto a tempo determinato (non “part time”), originano da un’illegale politica aziendale delle passate gestioni che, stressando all’inverosimile tale l’istituto contrattuale, comportava che, anche in periodi di bassissima stagione, una parte importante della forza lavoro fosse precaria. Avremmo anche potuto spiegare che lo stillicidio di scioperi di cui parla nel suo articolo sono stati del tutto formali, provocando danni irrilevanti all’utenza e all’azienda, attesa la sostanziale cassazione di tale diritto nel settore del trasporto aereo a seguito della Legge che disciplina lo sciopero nei servizi pubblici essenziali”.