Mondo della scuola distante anni luce dal mondo del lavoro. Ma non solo: politica distante anni luce dagli insegnanti. Sono i due macrotemi sviscerati questa mattina nell’incontro-dibattito (partecipatissimo, in perfetta linea col titolo del Festival del Diritto 2014) che si è tenuto a Palazzo Galli con il professor Daniele Checchi e con il sottosegreatario all’Istruzione del Governo Renzi Roberto Reggi, di casa a Piacenza di cui è stato sindaco per due mandati consecutivi. Abbandono scolastico ed esclusione era il tema del convegno introdotto da Stefano Piziali che ha visto una vasta partecipazione di autorità ma anche di addetti ai lavori, ovvero insegnanti, professori, dirigenti ma anche sindacalisti impegnati nel mondo della scuola. Dopo un’analisi approfondita dell’evoluzione dell’istruzione, delle esigenze dei giovani e di quelle delle imprese, dei criteri di selezione, delle novità introdotte dalla globalizzazione delle competenze, si è entrati nel merito dei problemi. Perché sono i problemi a farla da padroni in ogni dibattito di questa fase storica di grandi cambiamenti e di grandi riforme, spesso promesse e poi non realizzate. Tant’è che lo stesso Reggi, sarcasticamente, si è morso la lingua quando ha parlato di riforma della scuola dicendo che il termine riforma porta sfortuna.
Particolarmente duri gli interventi di alcuni insegnanti, quasi tutti di diritto, arrivati da varie città italiane, che hanno sottolineato la distanza delle scelte politiche rispetto ai dibattiti ai quali partecipano i politici; compreso quello di oggi. “Noi ci troviamo a fare i conti con un costante svilimento della nostra figura – ha detto una insegnante – Con la difficoltà di mezzi e di risorse, con l’aumento delle classi che dobbiamo seguire; andiamo avanti per passione perché non tutti gli insegnanti sono fannulloni, come ormai pare assodato nel sentire comune”.
Il sottosegretario Reggi ha replicato trovandosi d’accordo con l’analisi delle criticità fatta dagli intervenuti, soprattutto con riferimento alla riforma Gelmini, ma ha subito buttato lì qualche numero per far capire che la direzione presa dal Governo è proprio in linea con l’intenzione di valorizzare maggiormente l’insegnamento: “Investire tre miliardi di euro nella scuola in questo periodo di grande incertezza e crisi – ha detto – non può essere considerata una cosa da poco. Significa che quel denaro lo togliamo ad altri settori, come le infrastrutture eccetera”. E’ una scelta di campo, sottolinea Reggi, che dimostra la considerazione che l’Esecutivo ha del mondo della scuola, della formazione. E stabilizzare 150mila insegnanti – come previsto dalla riforma – è un primo passo per dare maggiore sicurezza a tutto il comparto, consentendo una programmazione più fedele e precisa “che oggi non è possibile fare”.
E ancora, il sottosegretario all’Istruzione si è spinto ad analizzare quello che secondo lui è stato il più grande errore degli ultimi anni in tema scuola, e cioè separare nettamente il mondo scolastico da quello del lavoro: “Prima si studia, poi si lavora è sempre stato il principio su cui si basavano le valutazioni e le scelte – ha detto Reggi – ma oggi non può più essere così, perlomeno per quanto riguarda le scuole secondarie di secondo livello. Non si può pensare di non far entrare il lavoro nelle fasi di istruzione. Oggi si inizia, ma solo negli istituti professionali. Dovrebbe essere una pratica introdotta in tutte le tipologie di scuola”. E qui entra in gioco il tema del cosiddetto eccesso di formazione, trattato anche da Checchi. Dalle scuole e dalle università escono persone troppo qualificate, o meglio qualificate in settori che non trovano risposta poi nelle esigenze del mondo del lavoro e quindi dell’offerta.
Eppure potenzialmente l’offerta esiste. Si tende ancora a sottovalutare la formazione tecnica che è quella più richiesta dalle realtà lavorative, a favore di una formazione umanistica che poi produce diplomati e laureati che vanno ad ingrossare le fila dei disoccupati, dice Reggi. Si tratta di colmare questo gap, di studiare il modo di far interagire sempre di più e sempre meglio il mondo della scuola con il mondo del lavoro.