Il futuro della città tra partecipazione ed esclusione. Questo il tema dell'incontro a cui hanno partecipato architetti dell'ordine, tra cui il presidente Giuseppe Baracchi e urbanisti, tra cui Silvia Viviani presidente dell'Istituto urbanistica. Una riflessione che ha preso spunto da un quadro normativo travagliato – dai diversi annunci contenuti nelle diverse stesure del decreto Sblocca Italia – all'annunciato Piano Città. Su questi punti, e in particolare sul rinvio dell'approvazione al regolamento unico edilizio e sulle resistenze all'apertura del mercato per le opere pubbliche, si è espresso Baracchi. "Aldilà degli annunci, che altro non sono che spot, mi sento cautamente pessimista perché manca una visione complessiva. Si parla di recupero della periferia urbana, di rammendo delle città ma senza una reale visione del futuro dell'Italia in edilizia e delle città del futuro. Tanti buoni propositi, ma ancora troppi vuoti".
A fargli eco, spostando la questione sul versante urbanistico, Silvia Viviani. "Se dovessi rifarmi allo stato attuale dell'urbanistica dovrei tratteggiare un bilancio molto negativo, ma preferisco non farlo. Dobbiamo assumere una consapevolezza in grado di partorire proposte nuove e fare squadra. Oggi esploriamo territori con una iper rappresentazione regolative, gabbie burocratiche e processi interminabili. L’urbanista si trova nel mezzo di troppe voci in cui ciò che gli viene richiesto e' una consulenza terapeutica più che un progetto di città. Siamo immersi nel cambiamento. E dobbiamo perciò pensare a un cambio di prospettiva ripartendo dalla cassetta degli attrezzi e dal nostro ruolo".
Il piano di riqualificazione di una città non può dunque ridursi a mera traduzione pratica della legge. I piani sono riempiti di contenuti non propri e aspettative che non li riguardano. E in questo contesto, la proliferazione di impianti regionalistici – contro cui secondo la Viviani vale la pena battersi – non permette la ricomposizione di un progetto comune. "Dobbiamo uscire dal quadro strettamente legislativo e batterci per uno spazio urbano innovativo. Progressivo incremento di consumo di suolo, scarso investimento in dotazioni infrastrutturali, esposizione a fattori climatici rischiosi e centri commerciali giganteschi alle porte delle città. Il boom degli anni Duemila ha eroso il territorio lasciando una miriade di locali vuoti. Dalla città dobbiamo ripartire per una rigenerazione urbana che sia consapevole, ecologica, solidale ed estetica".