Oltre la grande divisione tra persone e cose può aprirsi lo spazio di una nuova immaginazione politica e giuridica che consenta di sottrarre le relazioni umane al dispositivo teologico-politico dell’esclusione reciproca. Il filosofo politico Roberto Esposito, docente all’istituto di Scienze Umane – ha analizzato la radice del diritto pubblico e di quello privato tracciando l’essenza germinale di una contraddizione tra persone e cose che ancora oggi nell’età contemporanea produce effetti esclusioni e nuove forme di schiavitù, irriducibili se non si va nella direzione di un cambio di paradigma, il cui il diritto sciolga dialetticamente la contraddizione, imparando a tutelare non le persone, ma i corpi viventi.
Il potere – ha affermato il filosofo presente quest’oggi in una Sant’Ilario gremita- riguarda tradizionalmente relazioni tra persone. Il potere e’ sempre potere dell’uomo sull’uomo. E’ la possibilità di far valere la propria volontà su e contro quella degli altri. Affianco a questa modalità di interpretare il potere giuridicamente e politologicamente ve n’è un’altra di carattere antropologico. In questo senso la relazione di potere non è originaria ma scaturisce dal potere dell’uomo sulle cose.
La persona e’ colui che usa e ha disponibilità della cosa, come schiavo muto della persona. Se però esistono persone che sono interne al regime della cosa – come gli schiavi nell’antica Grecia – quella definizione scricchiola. Esiste un legame invisibile che accomuna i due poli che sembrano contrapporsi. I rapporti di potere tra le persone passano per quelli tra le persone e le cose”. Ma Il diritto pubblico ha sempre effetti sui rapporti privati. Ed e’ per questo – continua il docente che non può esistere rapporto di uguaglianza tra le persone se non sussistono legami di uguaglianza tra le persone e le cose”. Ma c’è di più: la relazione di sudditanza degli uomini può spingerli a diventare non-persone. L’istituto della schiavitù e’ stato abolito solo due secoli fa ma e’ ancora attuale purché occulto. “Questo processo di reificazione e’ anche frutto di una concezione del diritto che non e’ mai stato in grado di comprendere tutta l’umanità”. Eppure, l’essenza del diritto sta proprio nel margine di esclusione dalla propria tutela. “Se tutti indistintamente godessero di un diritto, questo sarebbe percepito non più come un diritto ma come un dato di fatto. Senza attuale o potenziale esclusione, non si può parlare di diritto. La categoria di inclusione assume senso dalla possibilità dell’esclusione. La persona e’ la maschera dell’attore così come la persona giuridica non ha coinciso con il corpo della persona a cui si riferisce. La personalità giuridica e’ qualcosa che uno ha non qualcosa che qualcuno è. E’ singolare la durata di questo dispositivo di separazione poi radiografata da Cartesio nella separazione tra cosa pensante e cosa estesa”. In questa prospettiva di insanabile conflitto introdurre il corpo vivente come oggetto specifico del diritto può essere la via per risolvere la contraddizione tra persone e cose.