Don Aniello Manganiello, prete di frontiera, ex parroco del difficile quartiere di Scampia a Napoli ha portato la sua esperienza questa sera a Piacenza, al Centro “Il Samaritano” di via Giordani.
L’ intervento di Manganiello, moderato dalla giornalista Carla Chiappini, si è inserito nell’ ambito della IX Giornata per la Custodia del Creato il cui tema, per l’ edizione 2014, è "Educare alla Custodia del Creato per la salute della nostra città".
Chi meglio di lui può affrontare il delicatissimo tema delle ecomafie, della camorra e di chi mette a repentaglio proprio la nostra salute, calpestando ogni cosa, in nome del profitto e dell’ illegalità.
Manganiello arriva dal territorio dell’ Agro Nolano chiamato “il triangolo della morte” già all’ inizio degli anni 80, che si affianca alla più nota terra dei fuochi.
In questi territori è la camorra a farla da padrona e a sotterrare rifiuti tossici laddove vengono coltivate frutta e verdura che, ovviamente, si contaminano e diventano veicolo di tumori. Centinaia di persone muoiono, rapidamente, di cancro che ormai, da quelle popolazioni non viene più chiamato così: basta semplicemente dire “la malattia” e già si capisce di cosa si tratta.
Qui, vicino ai poli industriali che sono nati, e che oggi sono dismessi, venivano interrati i rifiuti speciali grazie a una scellerata politica da parte dei governi di allora che non hanno capito la vocazione agricola di quei territori.
“Noi – dice Don Manganiello – non avevamo bisogno né dell’ Alenia, né di Alfasud, né di centri commerciali o di poli industriali ma di una politica che privilegiasse la vocazione agricola di quel territrorio”.
Una politica spesso legata a doppio filo con la criminalità: “Questa collaborazione – continua il sacerdote – si è rivelata deleteria e disastrosa per il nostro territorio”.
Don Aniello si schiera apertamente contro tutto ciò e la sua presa di posizione gli costa cara: arrivano minacce, soprattutto da parte del clan dei Lorusso: non è facile portare avanti questa lotta perché la camorra risponde con la violenza e la sopraffazione, ma ciò che lo lascia perplesso è il ruolo della chiesa locale.
“Alcuni preti della Diocesi di Napoli – racconta Don Aniello – sono pronti a bollare i sacerdoti che si impegnano in questa lotta di contrasto additandoli come malati di protagonismo e bramosi di mettersi in mostra, solo perché suscitano, per la loro lotta, l’ interesse dei media. E per di più non condividono queste battaglie e sono pronti a dare i sacramenti ai malavitosi e a tacere rispetto alle violenze e alle angherie che i loro parrocchiani subiscono”.
Dopo l’esperienza di Scampia, conclusa “ob torto collo”, Don Aniello è passato alla realizzazione di un suo progetto: l’ associazione “Ultimi”, per la legalità e contro le mafie, che Manganiello è impegnato a spalmare su tutto il territorio nazionale, partendo da quello regionale, avvalendosi di “sentinelle” che leggono il territorio e danno risposte concrete.
Queste risposte Don Aniello le cerca anche dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, la cui famiglia è originaria proprio di quelle zone.
All’ indomani delle rivelazioni del boss pentito, Carmine Schiavone, che ha portato alla luce il traffico illecito di rifiuti tossici, le dichiarazioni sono state secretate: “Perché, proprio lui, si è comportato in maniera così superficiale? La sua famiglia è originaria di un paesino che dista 500 metri dal mio”.
“Ultimi”, l’ associazione di Don Manganiello, chiede, oltre a questo, che vengano mappati i territori contaminati (si parla di 10 milioni di tonnellate di terreni inquinati), che vengano effettuate analisi dei pozzi, screening epidemiologico della popolazione e passaggio a colture “no food”, cioè non rivolte all’ alimentazione umana, in quelle zone contaminate dai rifiuti industriali velenosi.
“Abbiamo inoltre richiesto l’ intervento dell’ Esercito – conclude Don Aniello – non per militarizzare il territorio, bensì per controllare le campagne perché è lì che si evidenzia il problema gravissimo del deposito incontrollato, da parte di laboratori clandestini, di scarti di lavorazione pericolosi ai quali si dà fuoco con conseguenze letali per la salute”.