Focus della polizia: “Obbligo di usare le ciclabili, no alle bici contromano”

Le norme stradali per chi circola in bicicletta sono spesso un mistero. Tra piste ciclabili utilizzate saltuariamente, discussioni sulla possibilità di viaggiare contromano e libertà o meno di restare a bordo della bicicletta nelle zone pedonali regna spesso una gran confusione. Per questo la questura di Piacenza tiene a fare una sorta di punto della situazione, approfittando del corposo articolo comparso nell'ultimo numero della rivista ufficiale Polizia Moderna dal titolo "Su strada senza motore – Tutte le regole per viaggiare in sicurezza con velocipedi e affini" di Giandomenico Protospataro, direttore della Sezione normativa del Servizio polizia stradale che riporta alcuni stralci del codice stradale.

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Innanzitutto se la carreggiata è affiancata da una pista ciclabile, il ciclista è obbligato a utilizzarla come spiega il codice stradale: "In presenza di una pista ciclabile adiacente alla strada e presegnalata dall’apposito segnale, i conducenti di velocipedi hanno l’obbligo di servirsene e non possono mai circolare sulla carreggiata". Ma soprattutto il codice della strada "si impegna" per evitare che le carreggiate cittadine e provinciali si trasformino in circuiti in stile Giro d'Italia: "La possibilità di circolare sulla carreggiata, insieme agli altri veicoli, perciò, è limitata ai luoghi in cui non siano presenti le piste ciclabili. In tali casi, i velocipedi devono essere condotti tenendosi il più vicino possibile al margine destro della carreggiata stessa, in modo da non intralciare il transito dei veicoli a motore". E ancora: "I ciclisti devono di regola procedere su unica fila e comunque mai affiancati in numero superiore a due. Il rispetto di tale regola, che nei centri abitati è rimesso alla prudente valutazione del ciclista in base alle condizioni della circolazione (es. se il passaggio non è stretto o ingombrante, se non si trova in curva, ecc.), fuori dei centri abitati diviene un preciso ed inderogabile obbligo. In ogni caso è consentito procedere affiancati quando uno dei ciclisti è minore di anni dieci e procede a destra del conducente più anziano".

Il dibattito inerente la libertà di pedalare contromano, se ci si attiene al codice della strada, non dovrebbe nemmeno sussistere: "Il ciclista deve rispettare tutte le norme di comportamento valide per i conducenti e, in particolare, le prescrizioni della segnaletica".

Per quanto riguarda invece le zone pedonali la legge strizza l'occhio ai ciclisti: "Le biciclette e gli altri velocipedi possono circolare nelle zone a traffico limitato e nelle aree pedonali urbane. Non possono, invece, circolare sulle corsie riservate ai mezzi pubblici".

Inoltre, anche questa una regola forse non nota a tutti: "Il conducente deve essere idoneo per requisiti fisici e psichici e, quindi, non può circolare ubriaco o in stato di alterazione da stupefacenti. Le sanzioni per i reati di guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti, infatti, trovano applicazione anche nei confronti dei ciclisti".

Anche il romantico gesto di portare la propria amata sulla canna delle bici va contro le ferree regole del codice, un'usanza tradizionale, ma passibile di pesanti sanzioni.

Per coloro che invece scelgono di portare a spasso il cane tenendolo al guinzaglio durante la pedalata un avvertimento: si può fare, ma attenzione a non esagerare perché in quel caso si può incappare nella pesante denuncia di maltrattamento degli animali.

Infine una regola molto rispettata all'estero ma un po' meno in Italia: "La svolta a destra o a sinistra deve essere sempre presegnalata sporgendo lateralmente il braccio".

Ma se finora abbiamo un po' tirato le orecchie ai ciclisti l'articolo di Alberto Fiorillo, "Dalla parte del ciclista" ci ricorda, con toni dolceamari, che chi viaggia in bicicletta resta sempre e comunque l'utente debole della strada:

Il dibattito sulla sicurezza stradale di chi si sposta in bici è spesso parziale, ispirato da una lettura approssimativa delle statistiche e delle esperienze disponibili o, peggio, muove le mosse da pregiudizi fondati su una serie di luoghi comuni alimentati dai media o da scaltri e interessati addetti ai lavori. Proviamo allora insieme a fare una macabra previsione: tra un mese esatto è il tuo turno, tocca a te morire in un incidente stradale mentre stai pedalando sulla tua bicicletta. Però sei fortunato. Prima del fattaccio ti viene data l’opportunità di cambiare le regole che governano la mobilità e, se fai le scelte giuste, se riesci almeno a dimezzare il rischio di incidentalità stradale nella tua città, puoi sperare di sopravvivere. Hai fatto tutti i riti apotropaici del caso? Bene, procediamo.
1) La tua scelta è la protezione passiva. Dunque da ora in poi indossi il casco. Risultato: sei morto! La specifica norma comunitaria che definisce i requisiti degli elmetti per biciclette, skateboard e pattini (omologazione EN 1078) prevede che i caschi garantiscano un’apprezzabile protezione solo fino a velocità d’impatto di 25/30 km/h.
2) La tua scelta è farti vedere. Dunque da ora in poi riempi te stesso e la bici di luci e catarifrangenti. Risultato: sei morto! La quasi totalità degli incidenti che coinvolgono i ciclisti avvengono di giorno, in condizioni di luminosità spesso ottimali. Degli ultimi dieci omicidi stradali di un ciclista, uno solo si è verificato al crepuscolo, gli altri sono avvenuti di mattina o nel primo pomeriggio.
3) La tua scelta è la tolleranza zero nei confronti di ubriachi e drogati. Risultato sei morto! Anzi, sei morto due volte! Prima che gli effetti di pene più severe facciano sentire i loro effetti sulla sicurezza stradale, il tuo mese è passato e tu fai in tempo a partecipare al tuo funerale e pure a varie cerimonie annuali alla memoria. E poi il tuo obiettivo qual è? Vendicare la tua morte o sopravvivere? Inoltre, bisogna leggere con attenzione le cifre: l’ultima volta che Aci e Istat hanno analizzato statisticamente il fenomeno (nel 2008) è stato rilevato che gli incidenti con morti e feriti imputabili a un alterato stato psico-fisico del conducente sono il 3,12 % del totale. Si tratta, approssimativamente, di 135 casi su 3.860. La quasi totalità delle vittime della strada è provocata da persone in pieno possesso delle proprie facoltà mentali.
4) La tua scelta è la sensibilizzazione e la promozione di un cambiamento culturale. Risultato: sei morto! Dal 1946 a oggi sono state uccise da incidenti stradali 481.000 persone, circa 40.000 in più rispetto alle vittime italiane della seconda guerra mondiale. È dagli anni Sessanta, dalla motorizzazione di massa, che si parla di promuovere campagne di educazione a partire dai più piccoli, dalle scuole. Non dico che non vada fatto, ma anche ammesso che partisse ora un progetto serio ed efficace, prima di vedere risultati apprezzabili serviranno diverse generazioni e altre migliaia di funerali oltre al tuo.
5) La tua scelta sono le piste ciclabili. Risultato: sei morto! La via infrastrutturale verso la sicurezza e la ciclabilità è impraticabile per tantissimi motivi. A parte i soldi, è tecnicamente impossibile, ad esempio, realizzare una ciclabile in ognuno dei 68.267 chilometri che costituiscono la sola viabilità ordinaria all’interno dei comuni capoluogo. E anche se fosse possibile, considerando il ritmo di crescita delle ciclabili urbane nell’ultimo ventennio, servirebbero 649 anni e mezzo per assicurare una rete completa di strade riservate alle due ruote. 
6) La tua scelta è la messa in sicurezza delle strade, delle rotatorie, della pavimentazione stradale, dell’illuminazione notturna. Risultato: sei morto! Il pessimo stato delle infrastrutture o la loro inadeguatezza (buche, scarsa illuminazione, rotatorie malprogettate…), secondo le statistiche, è responsabile di una percentuale di incidenti compresa tra lo 0,4 e il 2,3%.
7) La tua scelta è affidare il tuo destino agli amministratori pubblici. Risultato: sei morto! Anzi, ma dove vivi? Tu chiedi risposte immediate ma la macchina burocratica comporta che gli interventi programmati si sviluppino nell’arco di 10-20 anni. Ma tu hai un mese di tempo, mica puoi aspettare!

Nell'articolo presente sulla rivista Polizia Moderna sono presenti tanti altri consigli che potete trovare in allegato.