“Preghiera in italiano nei centri islamici”, il no motivato dall’Imam

 “Nelle moschee si preghi in italiano”. La proposta, a quanto pare nata più come provocazione che per produrre effetti reali, ha aperto un dibattito incandescente in rete. Arrivata dai consiglieri regionali Gian Guido Bazzoni e Luigi Giuseppe Villani di Forza Italia – e che ha diviso lo stesso partito, come dimostrano i distinguo avanzati ai nostri microfoni da esponenti locali come Fabio Callori e Andrea Pollastri – in buona sostanza interroga la giunta “se non ritiene di dover attuare iniziative che agevolino prevenzione e controllo verso i fenomeni di estremismo islamico". E inoltre chiede alla Regione “come valuta l'iniziativa di porre l'obbligo di proferire in lingua italiana preghiere e discorsi all'interno delle moschee o comunque dei luoghi dove i credenti musulmani si riuniscono”. 

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Una proposta che difficilmente troverà attuazione, ma alla quale ha deciso di rispondere il rappresentante più in vista dell’Islam di Piacenza, come l’Imam Mohamed Shemis che gestisce da anni il centro in via Mascaretti. Anche perché, al di là delle provocazioni, ha cercato di chiarire come mai la proposta sia irricevibile punto di vista pratico che scarsamente utile, suo dire, sul fronte sicurezza. 

“Premesso che una parte in italiano già esiste – ha detto l’Imam –  viene fatto solo per coloro che non conoscono l’arabo. La religione musulmana ormai conta credenti da tutte le parti del mondo, che arrivano a Piacenza e non conoscono da subito l’arabo e spesso è più facile tradurre la parte del discorso iniziale in italiano. Ma la preghiera non può essere tradotta, perché si rischierebbero interpretazioni errate del Corano. Anche la religione cattolica ha delle parti che vengono recitate in latino e nessuno, mi pare, ha mai chiesto che venga tradotto”. E anche sul fronte sicurezza, Mohamed Shemis ha detto di ritenere l’idea poco utile: “Non credo che gli estremisti possano essere arginati traducendo la preghiera. Non penso si fermerebbero nell’indottrinamento parlando in italiano. Nella questione bisogna avere la giusta misura per rispettare l’Islam e nel contempo le regole e i modelli di integrazione di ogni paese. Vogliamo vivere e convivere con questi aspetti, però non possiamo lasciare ogni tradizione della nostra religione”.