Delitto Manesco: tentarono di cambiarsi i vestiti in casa, ma c’erano ospiti

Un omicidio quasi perfetto, tranne per quell’errore finale che ha permesso ai poliziotti di scoprire tutto. L’omicidio del professore di 77 anni Adriano Manesco sta creando dibattitto in città da parecchi giorni, e da parecchi giorni si parla di un piano ordito con dovizia di particolari, con attenzione e con pungente preparazione. I due principali sospettati, Gianluca Civardi e Paolo Grassi, avrebbero studiato ogni tappa, ogni minimo dettaglio.  I due avrebbero iniziato con il lasciare i cellulari sull’auto di Grassi in zona Galleana per permettere ai loro telefoni di restare agganciati alla cella di Piacenza, avrebbero preparato strumenti precisi per poter sezionare il cadavere del professore (grembiuli, pantaloni impermeabili, stivali di gomma e un ricambio di abiti), avrebbero scelto con attenzione il cassonetto di Lodi in cui gettare il trolley con all’interno il cadavere di Manesco.

Radio Sound

Poi quell’errore per loro fatale: cambiarsi i vestiti in via Nasalli Rocca. Un gesto che avrebbe dovuto far sorgere più di un dubbio nella mente dei due sospetti: siamo in estate ed è facile che le persone dormano con la finestra aperta, era circa l’una e mezza, un orario in cui (soprattutto in periodo estivo) è facile che qualcuno rincasi, Via Nasalli Rocca è di per sé una via piuttosto silenziosa. Condizioni che mal si conciliano con lo spogliarsi in mezzo alla strada, aprire e chiudere portiere e cassonetti, parlottare, accendere e spegnere il motore di un’auto. Soprattutto se l’intenzione è quella di gettare materiale altamente compromettente. A ciò si aggiunge una pistola da soft air, un coltello, un tirapugni e un manganello contenuti in una borsa che Grassi, al momento dell’arrivo della polizia, teneva ancora tra le gambe mentre stava seduto sul sedile del passeggero a fianco di Civardi. Un comportamento che resta ancora da interpretare, rischi “gratuiti” che restano ancora da capire: pare, ad esempio, che Grassi e Civardi avessero inizialmente deciso di cambiarsi a casa del primo, dove però erano presenti in quel momento alcuni amici che stavano pernottando. Per il resto si possono ancora fare solo delle ipotesi anche perché dal carcere delle Novate, dove sono rinchiusi, i due piacentini confermano la tesi del terzo uomo presente la sera del 7 agosto nell’abitazione di via Settembrini: un terzo uomo di colore che avrebbe materialmente ucciso Manesco per poi costringere i due amici ad aiutarlo a far sparire il cadavere.

In tutto questo discorso il ruolo del protagonista lo riveste comunque la polizia di Piacenza: alla questura, quella notte, arrivò la chiamata di una residente che comunicò di aver notato due persone gettare qualcosa di sospetto nel cassonetto. Una chiamata sulla quale gli agenti avrebbero potuto tranquillamente soprassedere, o che al limite avrebbe potuto spingere i poliziotti di turno a un rapido e sbrigativo controllo. E invece Grassi e Civardi sono stati passati al setaccio così come il cassonetto “incriminato”: e così l’omicidio perfetto si è trasformato in un omicidio imperfetto.