Fondi spariti nel nulla, compensi e partners non pagati, report “taroccati”, banchetti mai allestiti e, naturalmente, la frustrazione degli operatori che, oltre a non essere stati retribuiti, si sono ritrovati senza un impiego. E’ il quadro desolante che affiora dal racconto di alcuni ex dipendenti della Lila Piacenza (Lega italiana per la lotta contro l’Aids) sull'attività dell'associazione negli ultimi anni. Tanto che, a livello nazionale, l’associazione guidata dalla presidentessa Alessandra Cerioli ha deciso, con una votazione ufficiale della sua assemblea, per l’azzeramento della sezione piacentina. Una situazione sulla quale si sta procedendo a una serie di verifiche approfondite, anche se si parla di ammanchi per diverse migliaia di euro, rese ancor più complicate dal fatto che gli attuali responsabili, il presidente e il suo vice, da qualche tempo sarebbero irreperibili.
La questione, che da tempo circolava in città sulla bocca di molti, è emersa in questi giorni dopo che alcuni degli ex operatori, esasperati per la mancanza di risposte, hanno deciso di rivolgersi ai sindacati e al Comune per riavere quanto gli spetterebbe. E così, da quanto è stato possibile ricostruire, pare che da anni l’associazione piacentina non riuscisse più a tenere fede ai propri impegni. In particolare a tre importanti progetti, finanziati con soldi pubblici regionali e girati in buona fede da palazzo Mercanti ai vertici dell’associazione con sede in via Capra.
L'ammissione che non tutto stava quadrando era arrivata anche all'assessore al Nuovo Welfare Stefano Cugini: “Con Lila abbiamo collaborato per anni su tre progetti, ma negli ultimi mesi confermo che ci sono state delle difficoltà, che comunque non hanno pregiudicato il servizio – ha spiegato l’assessore – poi, dopo aver fatto diversi richiami inascoltati per un comportamento deontologicamente più corretto e conclusi gli interventi in atto, abbiamo avviato una procedura pubblica per riassegnare il servizio ad altro soggetto (l’associazione lombarda “Lotta alla tratta”, ndr) e con la nostra Avvocatura stiamo valutando la questione anche in termini monetari”.
Così, una volta avviate le procedure di tutela dei dipendenti, il Comune ha chiuso le convenzioni che aveva con l’associazione il 28 febbraio del 2014 e il nuovo soggetto, oltre ad utilizzare il proprio personale, si è impegnato a coinvolgere gli operatori piacentini rimasti con l’amaro in bocca.
Nel frattempo la Lila nazionale, a giugno, ha chiuso legalmente la sede di Piacenza dopo aver convocato un’assemblea e aver votato per il suo azzeramento di fatto.
“La decisione è arrivata perché, pur avendo ogni sede un suo statuto autonomo, bisogna seguire delle regole. E a Piacenza abbiamo verificato una serie di problematiche interne” ha premesso la presidentessa nazionale Alessandra Cerioli. “Non venivano rispettati alcuni aspetti amministrativi, come presentazione dei bilanci, pagamento della quota, la presentazione dei tesseramenti. E purtroppo era in difetto su questi aspetti, del tutto interni”. Inoltre, la presidentessa ha voluto precisare che “abbiamo provato più volte a capire come mai non riuscissero ad essere adempienti, ma non siamo riusciti ad avere risposte. E’ stato molto doloroso, perché era una sede molto attiva in passato e con dei bei progetti, però a causa del loro silenzio non potevamo fare diversamente, essendo stati contattati dagli stessi operatori che non sono stati retribuiti e informati che i progetti non venivano portati avanti adeguatamente. Fortunatamente tutto ripartirà a settembre, con gli stessi operatori, nonostante una nuova associazione”. Infine, Cerioli si è detta profondamente dispiaciuta per quanto avvenuto, in questi termini perché non era mai capitato a livello nazionale: "Se fossimo stati avvisati, gli saremmo potuti venire incontro. In questo modo, impossibilitati nonostante solleciti ad avere un incontro, non abbiamo potuto far altro che prendere un provvedimento del genere”.