AGGIORNAMENTO – Ieri sera, domenica 17 agosto, è stato il momento del fil di Gianni Amelio con la sua ultima fatica: “L’intrepido”. E’ la storia di Antonio, un uomo particolare, non solo caratterialmente ma anche per il lavoro che porta avanti: il “rimpiazzo”. Antonio Albanese è l’interprete di questo “dramma” moderno e ieri è stato ben accolto anche nel chiostro di San Colombano, dove si svolgono tutte le proiezioni del festival.
L’INTREPIDO – Antonio è un uomo speciale. Vive a Milano e ogni giorno, pur di non risvegliarsi la mattina senza sapere cosa farà, pratica un lavoro "particolare", il rimpiazzo: lui in pratica sostituisce, anche per poche ore, lavoratori di qualsiasi tipo che si assentano dal lavoro per cause più o meno valide, una volta, mentre fa l'attacchino di manifesti, gli portano via la bici come nel film Ladri di biciclette. Fa di tutto, lavora in qualsiasi luogo, pur di essere pagato, anche per molto poco, ma non si arrende mai. E, nonostante tutto, riesce ad aiutare la gente che gli sta intorno, sempre col sorriso sulle labbra.Antonio, inoltre, aveva una moglie, che lo ha lasciato per un uomo dalle ricchezze più solide, e un figlio, con il quale ha mantenuto un bellissimo rapporto, che studia sassofono al conservatorio, e fa parte di una band. Il ventenne, però, è più fragile del padre, e alcune volte, prima di esibirsi, è affetto da forti attacchi di panico che non riesce a controllare. Antonio, intanto, conosce Lucia, una ragazza della stessa età di suo figlio, che non riesce ad affrontare la vita con la stessa forza di Antonio, e a cui offre un aiuto disinteressato, durante un concorso, passandole le risposte con il rischio di farsi scoprire dall'assistente. Alla fine, però, Lucia, a causa della troppa confusione e della debolezza che la contraddistingue, si suicida, schiacciata dalla sua stessa vita. Antonio, pur di cercare di rendere la sua vita migliore, si trasferisce in Albania, dove cerca ancora lavoro. Dopo qualche tempo, l'uomo deciderà di fare ritorno in Italia dove, fra le altre cose, cerca di aiutare il figlio durante uno dei suoi tanti attacchi di panico, prima di un concerto. Antonio non sa cosa sia la paura, ormai gli è sconosciuta, e alla fine, non riuscendo a tranquillizzarlo completamente, lo sostituisce per un po' nel suonare il sax, con le sue poche conoscenze di musica. Il figlio, vedendo il grande atto di altruismo mosso dal padre, finalmente si sblocca, andando a suonare sul palco. Sulla scena finale vediamo Antonio che, camminando su una strada buia, si volta a guardare la telecamera, sempre con il suo immancabile sorriso sulle labbra.
NOTIZIA DEL 16 AGOSTO – Il Bobbio film festival ha ormai abituato ai grandi personaggi in passerella per la cittadina dell’alta Valtrebbia. E anche quest’anno, per l’apertura della rassegna arrivata al 18esimo anno di vita, non sono mancati gli ospiti di rilievo e, aspetto non secondario, gli omaggi ai grandi del passato. Assente, purtroppo, il regista Ettore Scola a causa di un malanno che lo ha costretto al ricovero. A fungere da madrina della kermesse cinematografica ci ha pensato la figlia, Silvia, sceneggiatrice del film “Che strano chiamarsi Federico”, dedicato all’amico, collega e maestro, Federico Fellini.
“Cadeva il ventennale e, avendo chiesto a mio padre una partecipazione, ha deciso di trasgredire la promessa di non mettersi più dietro la macchina da presa – ha spiegato Silvia Scola, sceneggiatrice della pellicola -, E invece, poi, i ricordi hanno preso il sopravvento ed è nato questo film. Una commistione tra vita vissuta insieme e materiale di repertorio”. Un film molto sentita da parte sue e del padre, perché “mio padre voleva solo raccontare Fellini, con dei ricordi così importanti perché lui provava molto amore e ammirazione, non sentendosi mai pari a un grandissimo immortale”.
Sala, come sempre, strapiena nel chiostro di San Colombano, dove avvengono le proiezioni e dove, come di consueto, i protagonisti incontrano i presenti. L’apertura ha visto sul palco, oltre ai fondatori della rassegna, Marco e Piergiorgio Bellocchio, anche il curatore del laboratorio per giovani registi, quest’anno il noto attore Sergio Rubini, e il direttore esecutivo Paola Pedrazzini.
“Legare il film all’autore e all’interprete è qualcosa che rende questo festival, appunto, un festival – ha detto Marco Bellocchio – perché la gente è sempre interessata al dibattito, come il teatro. E’ sempre vivo il cercare il dialogo tra la gente e tra i personaggi che vengono apprezzati dalla gente stessa. Stupisce, però, la partecipazione”. Bellocchio, in seguito, ha chiarito la scelta di invitare un film di Ettore Scola su Federico Fellini: ”Sono personalmente molto affezionato a Scola, è un amico e dopo molti anni ha fatto un film originale, su un’esperienza vissuta profondamente. E ritrovare un indubbio genio del cinema, come Fellini, attraverso un altro grande regista che ne fa una rappresentazione del genere mi pareva una buona occasione”.
Tra il pubblico era presente anche Gianni Amelio, altro regista di punta del cinema italiano, che domenica 17 agosto incontrerà il pubblico di Bobbio per presentare il suo film in cartellone, “L’intrepido”.
“Per chiunque venga a Bobbio, dal 16 al 30 agosto, l’atmosfera è davvero elettrizzante, europea, con molti artisti e giovani in giro per la cittadina – ha voluto sottolineare il direttore Paola Pedrazzini – e l’invito, oltre a quello di partecipare, è di scoprire le novità e gli eventi sul nostro sito www.bobbiofilmfestival.it”.