Imprenditoria femminile, ancora crisi: in un anno hanno chiuso 414 aziende

Che la crisi non avesse una connotazione di genere era da attendersi. I dati lo confermano. Anche le imprese femminili hanno subito il contraccolpo della congiuntura negativa e di conseguenza le iscrizioni non sono riuscite ad eguagliare il numero di cessazioni, nel corso del primo semestre del 2014. La differenza tra i due aggregati è pari a 62 unità (250 le iscrizioni, 312 le cessazioni). Complessivamente le imprese femminili sono scese a 6.485, ovvero al 21,3% del totale delle ditte registrate.

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Commercio ed agricoltura sono i settori nei quali è più elevata la presenza di imprese a titolarità femminile e quindi sono anche gli ambiti nei quali si sono concentrate maggiormente le chiusure, che però non sono mancate nemmeno nelle attività dei servizi di alloggio e ristorazione.

Se l’esame si estende al periodo giugno 2013-giugno 2014 sono addirittura 414 in meno le aziende gestite da donne iscritte al registro imprese piacentino, il che equivale ad una variazione negativa del 6%.

Anche nelle province vicine questo periodo ha portato con sé una contrazione nella consistenza dell’insieme. E’ arrivata al 12,1% la riduzione registrata a Lodi.

Il 69% circa delle imprese femminili ha a Piacenza la forma della ditta individuale, l’84% del totale è ad esclusiva presenza femminile (quindi in caso di società non è presente la componente maschile).

Le società (di persone e di capitale) rappresentano il 29% delle ditte femminili. L’incidenza di queste forme giuridiche nello stock complessivo delle imprese (sia maschili che femminili) arriva sino al 40%. Le ditte delle donne sono quindi strutturalmente più semplici, sembrando sostanzialmente una risposta alla necessità di trovare una propria occupazione indipendente ed autonoma in sostituzione –o in mancanza- di una opportunità lavorativa alle dipendenze.