Convegno migranti, sperimentare anche a Piacenza nuove forme di accoglienza

Accogliere i profughi in famiglia, sperimentando un inserimento vero, reale, nel primo strato della società che è la famiglia. Se ne è discusso questa mattina in un convegno  presso il centro Il Samaritano di via Giordani. 

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Lo scopo del progetto "Rifugiato in casa mia", già sperimentato a Torino, è quello di andare oltre i metodi di accoglienza finora attuati, sperimentando una nuova forma di trattamento dei migranti e dei richiedenti asilo, che vuole uscire dall’ assistenza e dall’ assistenzialismo e permettere al rifugiato di vivere una vita normale.

 “Il progetto – spiega Luca Bettinelli dell’ area stranieri di Caritas Ambrosiana – consiste nell’ accogliere in famiglia i titolari di protezione internazionale, rifugiati e titolari di protezione sussidiaria, al termine del periodo di accoglienza nei centri istituzionali. Questo vuole essere l’ ultimo aiuto in vista della piena autonomia delle persone”.

Secondo Bettinelli è facile far passare questa idea di progetto nelle realtà medio-piccole, come Piacenza, che non nelle grandi città.

I primi risultati, illustrati oggi nel corso del convegno, sono stati incoraggianti e sulla base dell’ esperienza milanese il progetto viene visto con positività per il futuro.

Il sistema dell’ accoglienza non è funzionante, secondo il responsabile piacentino della Caritas, Giuseppe Chiodaroli: “Si ritiene che solo il vitto e l’ alloggio possano risolvere il problema e questo rende difficoltosa l’ accoglienza, poiché questo sistema è più basato sull’ assistenza.

Nel corso del convegno – spiega ancora Chiodaroli – cercheremo di studiare il progetto di Caritas Ambrosiana in cui si è sperimentata l’ accoglienza presso famiglie. Questo consentirebbe al rifugiato di trovarsi in una situazione di parità e di essere protagonista del proprio inserimento, senza pretendere assistenzialismo da parte dello Stato.

I piacentini – conclude Chiodaroli – sono attenti e sensibili al problema dell’ accoglienza, anche se ci sono pregiudizi da abbattere. Bisogna fare di più e meglio, perché il problema è complesso”.