Iniziata da poco all'Università Cattolica la sessione pubblica della 69esima assemblea di Confindustria Piacenza alla presenza delle massime autorità locali, dei rappresentanti del mondo dell'imprenditoria e dell'associazionismo. Tra gli ospiti Guido Barilla, numero uno dell'omonima azienda di Parma leader nel settore alimentare, e l'assessore ai trasporti della Regione Emilia Romagna Alfredo Peri.
Il sindaco Paolo Dosi ha aperto i lavori con un saluto nel quale ha fatto riferimento all'impegno del Comune nel tentativo costante di combattere la crisi e ha parlato di progetti specifici come la cittadella dell'innovazione e della creatività che sorgerà nel quartiere Roma. E di crisi ha parlato il presidente degli Industriali Emilio Bolzoni: "È il sesto anno consecutivo di crisi – ha detto – quando invece davvero credevamo che il 2013-2014 sarebbe stato un anno di recupero, di ripresa. Così non è stato". E sei anni di crisi sono davvero tanti, sottolinea Bolzoni. E fa un esempio che colpisce: «Basti pensare che un bambino nato il 15 settembre 2008 quando è fallita la Lehman Brothers, giorno simbolo dell'inizio di questa recessione, questo settembre andrà a scuola».
Ma c'è crisi e crisi, nel senso che ancora una volta la differenza tra settori è notevole. La soglia è il 50% di export, spiega Bolzoni: chi ci arriva riesce a distinguersi, a combattere con maggiore forza; chi non ci arriva, è in serissima difficoltà. «Il punto è che nessuna azienda può essere sana e crescere se non lavora anche sul mercato interno in situazioni positive – aggiunge il presidente confindustriale – Quindi abbiamo assolutamente bisogno che anche il mercato nazionale riparta. Grazie a quello anche le azienda che non posso esportare per la tipologia del prodotto, come le aziende del comparto edile, potranno finalmente ripartire e rifiorire. Ma anche quelle che vanno già forte nell'export, partendo da un mercato interno in crescita potranno essere molto più forti sui mercati internazionali».
LA RELAZIONE DI EMILIO BOLZONI, PRESIDENTE DELL'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DI PIACENZA
Oggi la nostra assemblea si tiene nella sede di una prestigiosa Università.
Nella sede della nostra storica Università Cattolica.
Tutti sappiamo che qui si sta formando la classe dirigente del nostro futuro.
Come sono sicuro che qui si stiano formando anche nuovi imprenditori, anche se magari loro stessi non lo sanno ancora.
E’ in posti come questo che si prepara il futuro della nostra città.
E’ anche per questo che è molto importante essere qui oggi.
Oggi inizia per me il quarto ed ultimo anno della mia presidenza in Associazione.
E’ certamente il momento per voltarsi indietro a verificare la differenza tra le aspettative, tra gli obiettivi che ci eravamo dati e quanto concretamente realizzato.
E’ il momento di definire cosa può essere ancora realizzato o completato nei prossimi 12 mesi.
Quello che ci ha guidato in questi tre anni di lavoro, per molti versi appassionanti, è stata una considerazione di fondo sul ruolo della nostra Associazione al servizio e in rappresentanza degli imprenditori e delle loro imprese
Gli imprenditori all’interno delle aziende piccole o grandi sono giustamente concentrati sul prodotto, sul mercato, sui costi, sulla competizione quotidiana.
Tutti però subiscono in senso positivo o negativo gli effetti del mondo che li circonda, esattamente come ogni cittadino, vivendo sul territorio, usando i servizi del territorio, pagando le tasse sul territorio.
E’ compito dell’imprenditore e dell’azienda fare diventare fattori competitivi sul mercato i vantaggi che il posto dove lavora offre, è compito dell’imprenditore non solo subire, ma anche compensare, qualche volta nascondere o dimenticare gli svantaggi competitivi del territorio nel quale opera.
Lo stesso imprenditore però, tante volte, si sente impotente nei confronti delle inefficienze, spesso gravi, che è costretto a subire.
In questa sensazione di impotenza si inserisce il ruolo della nostra Associazione.
Ruolo che deve essere certamente di servizio e di supporto per tutte le esigenze degli associati, ma che deve essere anche un ruolo attivo, di critica e di proposta per migliorare quel mondo intorno a noi e alle nostre imprese.
E’ in questo ruolo che abbiamo cercato di lavorare in questi tre anni cercando di essere sempre propositivi in tutte le occasioni.
Qualche risultato è stato raggiunto anche con il nostro contributo, come tante cose belle e importanti rimangono da fare.
Tra poco ne darò conto.
Dunque tre anni di lavoro.
Tre anni nei quali abbiamo convissuto con la peggiore crisi del dopoguerra e forse di sempre.
Abbiamo sperimentato una crisi finanziaria globale devastante, abbiamo subito l’incapacità politica della leadership Italiana ed Europea di gestirne le conseguenze, provocando quindi la crisi del debito sovrano e degli spread, questa volta non mondiale ma nazionale, con il denaro che è scomparso e i costi finanziari che sono aumentati, con l’aumento della tassazione, con un mercato interno costantemente depresso, la disoccupazione altissima e la disoccupazione giovanile a livelli assurdi.
6 anni di crisi.
Non era mai successo.
Le crisi del dopoguerra duravano mediamente 16 mesi.
Ed è per nostra fortuna (si fa per dire) se la seconda parte della crisi ha riguardato solo una parte dell’area Euro, Italia compresa, con il resto del Mondo tornato a crescere anche a ritmi sostenuti.
Grazie a questo, le nostre aziende hanno potuto cercare ordini sempre più lontano, compensando almeno in parte la profondità della crisi.
Chissà cosa sarebbe successo se anche Stati Uniti, Giappone, Cina avessero applicato una politica restrittiva e deflattiva, in una parola una politica miope come quella europea.
Chissà in che condizioni saremmo oggi e non parlo solo delle aziende e degli imprenditori, ma parlo di tutti quanti noi , senza quei benedetti ordini venuti da lontano.
Mi sembra giusto tradurre con qualche dato gli effetti della crisi nella quale siamo ancora immersi.
Prodotto interno lordo
2005 base 100
2013
Italia 95,0
Area Euro 104,5
Germania 111,6
Produzione manifatturiera dal 2000 al 2013
mondiale cresce del 36%
Italiana scende del 25%
Persi in Italia, sempre dal 2000, 1.200.000 posti di lavoro e 120.000 aziende- Disoccupazione al 13,6% con disoccupazione giovanile al 46%
A Piacenza
Disoccupazione 8,1% (nel 2007 era 2,2%)
Disoccupazione giovanile: 30,4% ( nel 2007 era 6,8%)
Sono dati pesanti che incidono non solo sulle imprese, ma che incidono sulla pelle di ogni cittadino, dati che di anno in anno mi sono trovato a dover descrivere e commentare.
C’è di conseguenza attorno a noi una preoccupazione di fondo più che comprensibile dopo 6 anni di crisi.
6 anni sono tanti, un bambino nato il 15 Settembre 2008, il giorno del fallimento della Lehman Brothers quest’anno va a scuola.I nostri concittadini e i nostri connazionali cominciano a pensare che i livelli di benessere precedenti alla crisi non torneranno più, che dovremo convivere con una situazione analoga a questa ancora per lungo tempo, qualcuno teme per sempre.
Ma il compito di chi fa il mio mestiere non è quello di lamentarsi di fronte a dati negativi, ma è quello di proporre soluzioni è quello di proporre un percorso utile.
Per fare questo è necessario guardarsi attorno, analizzare quello che gli altri fanno, quello che quelli bravi fanno.
E rileggendo i dati che ho letto poco fa con maggiore attenzione emerge un fatto ben diverso.
Infatti, mentre la media dei Paesi europei ha recuperato gli effetti della crisi e ha prodotto una crescita del 4,5% rispetto al 2005, mentre la Germania ha prodotto una crescita del 11,6%, noi segniamo ancora un meno 5 %.
5% sul Pil nazionale è un numero enorme.
Ma leggendo questi dati in positivo scopriamo che le nostre paure sono infondate, che si può tornare al livello di benessere che abbiamo conosciuto e lo si può anche superare.
La decrescita felice o infelice è solo nostra (con pochissimi altri Paesi che ci fanno compagnia).
Negli altri Paesi europei i consumi sono probabilmente diventati più intelligenti, più mirati, sono cambiati gli atteggiamenti, probabilmente siamo tutti diventati consumatori più maturi, ma la ricchezza e il benessere hanno superato i livelli di prima.
Quindi la nostra sfida sta tutta in questo 10% di differenza di Prodotto Interno Lordo rispetto alla media europea o nel 17% di differenza rispetto alla Germania.
Tra il 10 e il 17% di prodotto interno lordo in più: sembra un sogno, ma è un sogno che altri hanno realizzato e che anche noi possiamo certamente realizzare.
E’ solo, si fa sempre per dire, un problema politico.
Non ci sono dubbi che con una efficace politica europea, nazionale e locale, tutto questo sarebbe alla nostra portata.
E guardando ancora più lontano ci accorgiamo che è in corso quella che non è esagerato definire una nuova rivoluzione industriale.
Tra i dati che ho letto ce n’è uno impressionante:
36% di crescita della produzione manifatturiera mondiale.
e poi:
L’Europa che si da come obbiettivo per il 2020 un 20% di incidenza del manifatturiero sull’economia che significa all’incirca un 20% in più di manifatturiero rispetto al 2011.
Gli Stati Uniti puntano sullo shale gas diventando esportatori netti di gas e diventando di gran lunga il Paese più competitivo al mondo per tutte le lavorazioni ad alto contenuto di energia, alimentando con assoluta certezza una nuova stagione di forte crescita manifatturiera.
Esempi di aziende che riportano linee di produzione negli Usa (ma anche in Europa) dopo avere fatto una esperienza nei Paesi emergenti (o emersi).
Tutto questo si traduce in un modo solo:
Il manifatturiero non è mai stato così di moda negli ultimi 30 anni.
Tornando quindi qui in Italia, a Piacenza a casa nostra diventa doveroso chiederci:
In una situazione come questa le nostre aziende come si collocano.
Sono competitive?
Il nostro sistema è competitivo?
In altre occasioni ho usato due dati per me illuminanti per rispondere a queste domande e li ripropongo anche oggi.
Tutti sappiamo che la Germania ha il Prodotto Interno Lordo manifatturiero procapite più alto al mondo e le statistiche dicono che le aziende tedesche hanno un grado di efficienza medio superiore alle aziende italiane.
E’ un dato unanimemente riconosciuto.
Nomisma però, per prima, ha voluto stratificare il confronto creando una divisione tra aziende grandi (sopra ai 250 dipendenti) e medio piccole e cioè con meno di 250 dipendenti..
Ne esce un dato molto interessante e sensibilmente diverso che, da un lato certifica e conferma la differenza di efficienza tra le grandi aziende italiane e le grandi aziende tedesche, ma mette in evidenza un recupero di efficienza delle medie piccole aziende italiane negli ultimi anni, fino a raggiungere e superare l’efficienza tedesca di oltre il 10%.
Le nostre aziende medie e piccole sono quindi mediamente più efficienti dei migliori
Siamo meglio dei migliori.
E veniamo alla seconda domanda e quindi a Piacenza.
Credo condividerete il fatto che la capacità di competere di una azienda si misuri soprattutto nella capacità di raccogliere ordini lontano da casa.
Ebbene leggendo questo grafico noterete come le aziende piacentine, anno dopo anno, sono riuscite sempre, costantemente ad incrementare le loro esportazioni anche di valori importanti.
Quindi la risposta alle due domande è si, per nostra grande fortuna (magari con qualche merito per qualcuno) le nostre aziende sono in grado di competere.
Ho qui accanto un autorevolissimo rappresentante delle grandi aziende italiane, anche se, in una sua relazione gli ho sentito dire che Barilla nel settore alimentare è piccola, che si trova a combattere con colossi internazionali dell’alimentare di dimensione ben più grandi.
E’ però giusto riconoscere che l’Italia ha poche grandi aziende e pochissime grandi aziende competitive e questo non è per nulla un bene soprattutto sapendo che c’è stato un tempo in cui le grandi aziende le abbiamo avute.
Ma oggi non è certo con Alitalia che vinceremo nel mondo.
Tornando però a parlare della nostra città, è essenziale che qui ci siano le condizioni per crescere e per lavorare bene
A questo proposito è giusto riconoscere per noi dei fatti innegabilmente positivi:
A Piacenza
Abbiamo buone scuole di ogni indirizzo e abbiamo ottime scuole tecniche.
Abbiamo un polo universitario e centri di ricerca di tutto rispetto.
Abbiamo cultura
Siamo gente seria e affidabile con creatività e voglia di fare.
Piacenza è logisticamente in un ottimo posto
Abbiamo difeso la nostra grande tradizione manifatturiera.
Condividiamo però con tutto il resto d’Italia drammatiche inefficienze e fardelli che ci vengono in continuazione caricate sulle spalle.
Abbiamo il 68,5% di tassazione che ci porta a smettere di lavorare per lo Stato e iniziare a lavorare per le nostre aziende solo dalla seconda decade di Settembre.
Ed è certamente il caso di ricordare che alcune di quelle settimane da Gennaio a Settembre sono dovute al recente raddoppio della tassazione locale.
Abbiamo una Regione che spesso si dimentica di noi.
Abbiamo poi 50.000 Leggi vigenti e 28.000 Leggi regionali spesso in contrasto tra loro e con le Leggi nazionali.
Mi fermo qui, ma tutti sappiamo quanto l’elenco sarebbe lungo.
Tutti sappiamo quindi quanto abbiamo bisogno, tutti quanti, non solo chi fa impresa, di uno Stato più leggero e più efficiente.
Abbiamo bisogno di buona politica come dell’aria che respiriamo.
Ma voglio associarmi a quanto ha detto il Presidente Squinzi alla nostra recente Assemblea quando ha riconosciuto nel responso delle urne per le elezioni europee una delega forte al Governo in carica perché le riforme le faccia.
Come ha detto lui, dico anch’io: non deludeteci!
Quindi il nostro futuro è certamente legato a quello che viene fatto nel mondo anche molto lontano da qui, come è certamente legato a quello che si farà e si deciderà in Europa e poi a Roma, ma è anche legato a quello che la nostra comunità e le nostre Istituzioni locali sapranno esprimere.
Tra queste Istituzioniun ruolo importante è certamente quello delle associazioni e quindi anche della nostra.
E’ quindi il momento di descrivere le iniziative alle quali abbiamo dato il nostro contributo in questi 3 anni.
Tra i progetti realizzati e quelli ancora in corso ce ne sono di più o meno importanti.
Mi scuserete se, nella descrizione che farò, non ci sarà un ordine di priorità, se non darò un diverso peso alle diverse iniziative.
In ogni progetto abbiamo messo il massimo impegno, I Vicepresidenti, il Direttore, i Dirigenti i funzionari, tutte le persone della nostra associazione si sono impegnate a fondo come se ognuna fosse la cosa più importante.
Inizierei quindi da Expo 2015 e dalla nostra Associazione Temporanea di Scopo Piacenza per Expo
Inutile ribadire l’opportunità storica di un evento come Expo 2015 a 60 Km da noi.
Ho visitato il sito di Expo di recente.
L’impressione è di una enorme cantiere che sta girando alla massima velocità, dove importanti realizzazioni cominciano ad essere ben visibili.
Difficile dare un giudizio tecnico, mi rendo conto del rischio di dover rinunciare a qualcosa a causa dei ritardi e dei seri problemi anche recenti.
Sono però convinto che riusciremo a fare una cosa comunque talmente bella che nessuno si accorgerà di quello che manca.
Alimentarsi tutti in modo sano e sostenibile: è questa la sfida culturale di Expo e a questa sfida risponderà il mondo intero venendo a casa nostra.
Noi saremo gli ospiti offrendo una tradizione che non ha eguali al mondo.
Splendida sfida, anche perché chi verrà a Milano vedrà per prima cosa l’Expo, ma un attimo dopo vedrà l’Italia.
Expo sarà certamente l’occasione per i nostri visitatori per valutare l’organizzazione, i servizi, del nostro Paese, per valutare la possibilità di tornare a farci visita e, considerando i ruoli e il livello delle delegazioni, anche per valutare le occasioni di investimento.
Quindi una enorme opportunità che ci si presenta grazie al lavoro di tutti, grazie all’investimento che il Paese intero ha fatto.
E’ per questo che voglio dire forte oggi che chi macchia Expo oltre ad essere contro la Legge è contro il Paese.
E non solo per Expo: basta con la corruzione, basta con i tempi dilatati ad arte perché è nell’emergenza che prospera la corruzione.
Non potrei dirlo meglio del nostro Presidente Squinzi: “chi corrompe fa male alla propria comunità e fa male al mercato, produce un grave danno alla concorrenza e ai sui colleghi”
E aggiungo io:
Le imprese, gli imprenditori degni di questo nome, sono parte lesa.
Questa gente noi non la rappresentiamo.
Quando matureranno finalmente le scelte politiche indispensabili per risolvere finalmente alla radice questo problema?
Sono comunque certo che costoro non riusciranno ad offuscare un grande progetto come Expo.
Expo, nonostante loro si farà e sarà bellissimo.
Come sapete, la nostra Associazione è fortemente impegnata su Expo 2015 e sulla ATS che è nata a Piacenza.
Il fatto rilevante, da sottolineare è che condividiamo questo impegno con 18 Associazioni che rappresentano la quasi totalità dell’economia piacentina.
Non era mai successo a Piacenza.
Non smetterò mai di ringraziare Silvio Ferrari che ha accettato di mettersi a capo di questa impresa e la sta conducendo con energia e dedizione.
E’ certamente merito suo se oggi possiamo essere sicuri che Piacenza coglierà a pieno questa opportunità storica.
Chi è più bravo di noi a fare i conti e le previsioni ha detto che Expo produrrà nel 2015 un incremento del Pil in Italia dell’1% (in tutta Italia).
Ma Expo è certamente importante per i sei mesi della sua durata, ma è molto più importante per le opportunità che creerà dopo la fine della manifestazione.
Una ragionevole simulazione porta a un incremento del Prodotto Interno Lordo piacentino nei 10 anni successivi all’Expo, tra i 300 e i 400 milioni di Euro.
Questo è il livello della sfida.
Questo è il motivo per cui i soldi che la nostra comunità sta investendo in questa operazione non sono mai stati così ben spesi.
E’ logico dopo Expo parlare del treno ovvero del collegamento efficiente tra Piacenza e Milano.
E’ stato uno dei primi progetti lanciati tre anni fa quando ancora sentivamo Expo come un evento lontano.
Allora chiedevamo un collegamento efficiente con Milano come atto dovuto a una città come la nostra a 60 Km da una metropoli come Milano e lo chiedevamo soprattutto nell’interesse dei nostri concittadini che in Lombardia lavorano.
Poi, avvicinandoci a Expo, abbiamo cercato di sfruttare quell’evento come catalizzatore di un’opera comunque indispensabile.
Expo porterà 21 milioni di persone a Milano.
Di questi 21 milioni di persone inevitabilmente una parte rilevante verrà verso sud.
Quella parte sarà ancora più rilevante grazie alle iniziative di cui abbiamo già parlato.
Piacenza, per un evento come questo, è a una distanza che la rende appetibile per chiunque venga da lontano.
A sud di Milano però, nessuna infrastruttura aggiuntiva è prevista.
Abbiamo oggi un servizio ferroviario di pessimo livello che non riesce a portare a Milano, in modo almeno decoroso, i 2700 piacentini che tutti i giorni prendono il treno con quella destinazione.
Varese, Como, Lodi, Pavia, Novara hanno già oggi a disposizione un servizio di tipo metropolitano simile a quelli in uso in tutte le città attorno alle metropoli europee.
Piacenza no.
E’ Piacenza che è fuori dall’Europa senza un collegamento ferroviario degno di un Paese Europeo.
13 corse giornaliere da Piacenza verso Milano sono gestite da Trenord con treni del 1965.
Il prossimo anno compiranno 50 anni.
E ci si meraviglia se sono in ritardo, se non funziona il riscaldamento o l’aria condizionata o se non funzionano i bagni?
Sappiate che c’è qualcuno che su quei treni di 50 anni ci sta mettendo i nostri concittadini e vorrebbe metterci anche i nostri ospiti che verranno a trovarci in occasione di Expo 2015.
Mi sembra chiaro che questa battaglia debba essere vinta per Expo e per sempre.
Su questa battaglia abbiamo avuto a fianco sempre, costantemente il Presidente Massimo Trespidi e il Sindaco Paolo Dosi che hanno dedicato a questo progetto tutto il tempo e l’energia necessarie.
Così come propedeutica e importante è stata la ricerca commissionata dal Presidente della Camera di Commercio Giuseppe Parenti.
Assieme abbiamo ricevuto promesse da tutti e delusioni da tanti.
Il progetto ha avuto una importante evoluzione con la Regione Emilia Romagna che, attraverso l’Assessore Peri, ha preso una posizione forte aprendo alla possibilità di coinvolgere la Società Ferroviaria regionale Tper, con un servizio sulla linea Piacenza Milano in aggiunta a quello esistente, mettendo a disposizione treni nuovi ed efficienti.
Se avremo a fianco la nostra Regione sono sicuro che sarà possibile trovare la soluzione tecnica adeguata alla sfida.
L’Assessore Peri ci fa l’onore di essere qui in sala.
Gli diamo il benvenuto e lo ringraziamo.
Sappiamo di dover condividere il progetto con la Regione Lombardia dove negli ultimi 3 anni tre Assessori si sono succeduti.
Sono però sicuro che Piacenza assieme alla sua Regione possa e debba vincere questa battaglia.
Come ho già detto, i nostri Vice Presidenti Maurizio Croci, Marco Livelli e Giovanni Rebecchi e il Presidente dei Giovani imprenditori piacentini Giuseppe Conti, hanno partecipato all’elaborazione e allo sviluppo di tutti i progetti, ma, in particolare, si sono fatti carico di alcuni di essi.
Logistica e città del ferro, credito, finanza e nuovi modelli di impresa, filiera delle costruzioni sono i temi che li hanno impegnati con risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
Quanto alla logistica, affidata a Giovanni Rebecchi – titolare anche di una delega su Expo 2015 – , è stato costituito un tavolo comune tra le aziende insediate nel polo di Piacenza ed il Comune capoluogo nelle persone degli assessori Bisotti e Timpano. L’obiettivo è quello di fare di questa ampia zona, nella quale tanto è stato investito, un polo di assoluta eccellenza poiché, nonostante qualche attuale difficoltà, possa dispiegare a pieno i suoi importanti effetti così come era nelle attese di chi diede avvio al progetto, effetti che potrebbero essere ulteriormente esaltati grazie allo spostamento dello scalo merci dal centro città.
Ne nascerebbe un centro logistico che potrebbe far crescere la qualità del lavoro all’interno, aumentare la sicurezza e rendere la zona attrattiva per altri operatori.
Verrà elaborato a breve un progetto di massima.
A Marco Livelli invece i progetti legati al credito, finanza d’impresa e nuovi modelli di business. Il che significa affiancare le imprese nel loro sforzo di passare a forme di finanziamento alternative al credito bancario a breve termine e ad esplorare nuove strade da percorrere. Il suo impegno si è concretizzato attraverso momenti formativi realizzati con il contributo del Centro CESPEM della Cattolica e degli Istituti di credito aderenti alla nostra Associazione. Banca di Piacenza, Banco Popolare Italiano, Banca Popolare dell’Emilia Romagna e Cariparma sono stati costantemente al nostro fianco anche in questa operazione.
Inoltre, giovedì scorso 5 giugno il lancio di un primo bond territoriale che verrà emesso da Cariparma. Anche questo è frutto di un lavoro comune. Lo sviluppo di questa delega vedrà inoltre l’impegno verso il tema dei minibond ed esplorerà l’opzione della quotazione anche in considerazione del nuovo settore di borsa specifico per le piccole e medie aziende.
Contiamo nel prossimo anno di costruire una serie di esempi concreti rendendoli disponibili al sistema delle aziende.
E poi i Condomini intelligenti
L’edilizia, come sappiamo, sta attraversando una crisi ancora più profonda del resto dell’economia.
A differenza degli altri settori e salvo rari casi, non può infatti compensare la crisi italiana andando a cercare commesse all’estero.
Ma anche per la crisi e visti i costi dell’energia, la riduzione dei consumi energetici è diventato un obiettivo virtuoso e interessante.
Sotto la guida del nostro vice presidente Maurizio Croci è stata costituita una rete di imprese attrezzate per fornire un servizio completo per la ristrutturazione degli edifici rendendoli energeticamente efficienti.
La riduzione dei consumi e i vantaggi fiscali consentono di ammortizzare i costi in tempi veramente contenuti, tanto che la nostra rete di imprese è in grado si addossarsi il rischio del risultato.
Sono in corso i primi contatti e sono state elaborate le prime offerte, contiamo tra un anno di vedere qualche realizzazione.
Una parentesi per sottolineare che nel corso di questi mesi i processi aggregativi all’interno della nostra Associazione si stanno moltiplicando come è avvenuto in gennaio per il RICT un acronimo che identifica le aziende dell’ICT, del marketing e dei servizi innovativi che hanno deciso di lavorare insieme. E’ di questi giorni invece l’avvio di un gruppo di lavoro nel settore legato alla lamiera.
Quando riusciamo a mettere attorno a un tavolo più aziende che condividono un interesse, sentiamo che le nostra funzione associativa si realizza veramente.
A tutti loro quindi i nostri complimenti ed i migliori auguri.
E poi il lavoro fatto sull’Internazionalizzazione delle imprese
Un doveroso riconoscimento va al lavoro eccellente di Mariangela Spezia, presidente del nostro comitato Piccola Industria e ambasciatrice del made in Piacenza.
Se è vero che 75.000 imprese italiane hanno un potenziale verso l’export ancora inespresso e che tra 15 anni la classe a medio reddito di livello occidentale arriverà a 1,5 miliardi di individui con oltre 500 milioni di individui nei Paesi emersi , abbiamo davanti un periodo intensissimo di lavoro. La nostra Associazione ha deciso di giocarlo in prima fila a fianco delle aziende potenziando il servizio Export sotto varie forme.
Corsi specifici per giovani export manager sono stati organizzati. Siamo alla terza edizione con quasi il 100% di collocamento.
E poi Giuseppe Conti alla guida del Gruppo Giovani, attivissimo su più fronti, in particolare su quello della formazione e con grande attenzione di nuovo a Expo 2015.
Politica Industriale
E poi un progetto che ci sta dando poche soddisfazioni pur essendo vitale per le prospettive di sviluppo della nostra Provincia.
Parlo di Politica industriale, terreni industriali e promozione del territorio
Da tre anni stiamo chiedendo una politica industriale che preveda una vera promozione del territorio dal punto di vista manifatturiero.
Ad oggi, accanto a dichiarazioni positive e confortanti non abbiamo avuto alcun risultato concreto.
Non nego che in provincia di Piacenza esista qualche comune che una politica industriale la ha fatta e anche con successo.
Si tratta però di fatti purtroppo rimasti isolati.
Nella nostra Provincia abbiamo oggi 114 zone industriali.
Oggi lo sappiamo perché i tecnici della Provincia, sotto le indicazioni dell’Assessore Barbieri, hanno prodotto uno studio ben fatto e approfondito.
Ogni Comune quindi ha fatto la sua zona industriale.
Abbiamo il coraggio di chiamare zona industriale un’area di 40.000 metri quadri.
Chi vuole costruire uno stabilimento deve oggi quindi cercarsi il terreno e andare a trattativa privata con il proprietario che ha certamente pagato oneri compensativi (una originale e costosa invenzione italiana) che hanno fatto lievitare il costo.
La crisi ha calmierato i prezzi, ma prima della crisi i prezzi al metro quadro erano arrivati a livelli proibitivi.
I confronti con i Paesi esteri, anche con quelli nostri vicini di grande tradizione industriale, sono disarmanti.
Loro la politica industriale l’hanno definita e la praticano, sono propositivi e accoglienti.
Non ci sono dubbi che, con il comportamento attuale, stiamo allontanando investimenti.
In tre anni di lavoro non siamo riusciti a trovare un Comune della nostra Provincia in grado di definire un piano per impostare una zona industriale degna di questo nome.
Nemmeno uno.
In un recente incontro l’Assessore Barbieri e il Presidente Trespidi hanno raccolto la sfida per identificare tre zone in provincia che abbiano le caratteristiche opportune per tre vere zone industriali e quindi con una superficie tra 1 e 3 milioni di metri quadri.
Non si tratta di aumentare la superficie delle aree edificabili, come ho già detto quelle che abbiamo sono fin troppe.
Avviare un progetto come questo significherebbe poter attrezzare quelle zone in modo moderno ed efficace rendendone competitivo il prezzo anche senza costi per la comunità.
Solo una volta avviati i progetti sarà possibile fare una vera azione di promozione territoriale non solo locale, ma anche nazionale e internazionale.
Senza un terreno dove costruirle le aziende ogni dichiarazione favorevole al manifatturiero è inutile e vuota.
Difficile prevedere cosa sarà possibile realizzare nel corso del prossimo anno anche se non faremo mancare il nostro impegno a fianco dell’Assessore Barbieri.
Aggregazione tra Associazioni
Altro fondamentale progetto è stato quello che ha portato all’aggregazione della nostra Associazione assieme con Unione Provinciale Artigiani e Libera Associazione Artigiani
Stiamo sollecitando con energia la politica ad essere più efficiente, a ridurre le strutture e i costi e a migliorare i servizi.
Non possiamo che essere altrettanto intransigenti con noi stessi cercando le stesse efficienze nei servizi che la nostra associazione fornisce.
Abbiamo trovato la stessa sensibilità all’interno dell’Unione Provinciale Artigiani e della Libera Associazione Artigiani.
Assieme rappresentiamo più di 3000 aziende per un totale di 58.000 dipendenti.
Assieme abbiamo firmato un protocollo con il quale mettiamo in comune alcuni servizi essenziali come la formazione, i servizi all’export, i servizi alle aziende, la finanza.
Vediamo in questo un primo passo nel rispetto della indipendenza di ogni associazione, ma fortemente orientato all’interesse degli associati.
Siamo le tre associazioni più grandi nei rispettivi settori di riferimento, nonostante questo abbiamo capito che solo con l’aggregazione avremmo potuto diventare grandi abbastanza per dare ai nostri associati il miglior servizio al minor costo.
Dalla firma dell’accordo la condivisione dei nuovi progetti è diventata intensa ed efficace a conferma del fatto che gli interessi delle aziende associate alle tre associazioni sono quasi sempre sovrapponibili.
Ringrazio il Presidente Pietro Bragalini e il Presidente Bruno Sivelli per avere condiviso questo progetto.
Sono sicuro che durante il prossimo anno riusciremo a riempire di tanti concreti contenuti l’accordo sottoscritto.
E’ questo il momento per parlare dei progetti rivolti ai giovani e ai nuovi imprenditori.
Asilo nido
E parlo per primo del progetto la cui realizzazione è stata più facile del previsto grazie alla condivisione di tutti gli attori coinvolti.
Parlo del progetto dell’Asilo nido a servizio della zona industriale dei Casoni di Podenzano.
Si tratta di un progetto già annunciato in precedenza, ma che è arrivato ora ad una fase molto concreta.
Scalda il cuore poter realizzare qualcosa a favore delle mamme e dei papà che vogliono crescere i loro figli pur mantenendo un impegno professionale nelle nostre aziende.
Grazie all’impegno della Provincia, della Fondazione e del Comune di Podenzano l’asilo è oggi in costruzione a Gariga.
La Provincia inoltre ha coordinato i sindaci dei vari comuni, ottenendo l’accordo per sottoscrivere un reciproco impegno a mettere a disposizione dei papà e delle mamme lo stesso contributo a cui avrebbero diritto se i bambini frequentassero l’asilo del comune di residenza.
Grazie a questo e grazie al contributo su base volontaria di alcune aziende della zona industriale dei Casoni, è ragionevole prevedere un costo mensile per ogni bambino ospite di circa 250-300 euro mensili.
Vorremmo con questo dare un segnale concreto di attenzione verso i problemi della famiglia, come vorremmo combattere i falsi stereotipi delle aziende nemiche delle mamme.
Di fronte a una famiglia che nasce o che cresce, il piccolo sacrificio che una azienda deve fare è nulla.
Vi confermo che la gru è piazzata e l’impresa sta lavorando, certamente prima della fine del prossimo anno i bambini occuperanno i nuovi spazi creati per loro.
40 adempimenti per una nuova azienda
Due anni orsono, proprio in occasione della nostra Assemblea, avevo letto l’elenco dei 40 adempimenti che toccano a ogni nuovo imprenditore intenzionato ad aprire una impresa con due dipendenti (43 adempimenti nel settore alimentare).
Dopo due anni abbiamo di nuovo verificato il numero.
Per un attimo abbiamo temuto che fossero diventati 41.
Non è così, ma continuano ad essere esattamente 40.
Quindi nulla è successo.
Difficile per noi incidere sul numero se non gridare il nostro disappunto.
Sappiamo però che è invece un obbiettivo ragionevole fare in modo che tutti i 40 adempimenti vengano espletati in un solo posto semplificando la vita del nostro ipotetico, ma benvenuto, nuovo imprenditore.
Analizzando il problema con la collaborazione costruttiva del Vice Sindaco Prof. Timpano, abbiamo scoperto che ogni Istituto destinatario delle 40 pratiche lavora con software che non parlano tra di loro.
Bel colpo!
Il famoso sportello unico diventa quindi un obbiettivo che rimane possibile, ma difficile da raggiungere.
Sappiamo che non riusciremo a modificare i software in uso: è compito di altri che invitiamo con forza a fare quanto in ogni Paese degno di questo nome sarebbe già stato fatto.
Nel frattempo vediamo comunque un ruolo per chi, rappresentando l’imprenditore, possa fare da elemento intermedio verso tutte le istituzioni coinvolte
Nel caso in cui non si trovi una soluzione istituzionale più efficace ci candidiamo a questo ruolo.
L’obbiettivo del prossimo anno deve essere: 40 adempimenti sì, ma in un posto solo.
Sostieni una classe
Sostieni una classe è l’ultima iniziativa di cui voglio parlarvi
Come ho già detto, a Piacenza abbiamo ottime scuole e, in particolare, abbiamo ottime scuole tecniche.
Ma le scuole tecniche italiane in generale hanno registrato negli ultimi 20 anni una flessione degli iscritti del 30% a favore delle scuole a indirizzo umanistico.
Con tutto il rispetto per le materie umanistiche, sono convinto che questo sia stato un errore che non tiene conto della nostra tradizione e che è anche contro l’interesse dei nostri ragazzi e in contrasto con le reali prospettive professionali che il nostro territorio offre.
In un convegno promosso dalla Banca di Piacenza il Professor Ichino ci ha descritto i risultati di una indagine Europea che studia il corretto indirizzo agli studi dei giovani.
L’indagine prevedeva interviste agli studenti di tutta Europa per verificare la corretta percezione di quello che sarebbe stata la loro attività lavorativa.
In particolare, veniva loro chiesto se ritenevano che il loro primo impiego avrebbe avuto un contenuto rilevante di attività manuale.
Il prof. Ichino ha riportato le risposte dei ragazzi svedesi e italiani facendo una premessa: in Svezia il 42% dei contratti di lavoro per un primo impiego prevede lavori manuali, in Italia, Paese maggiormente manifatturiero della Svezia, il 48% dei contratti per un primo impiego prevede lavori manuali.
I ragazzi svedesi hanno risposto, nel 40% dei casi, che si aspettavano per il loro primo impiego un lavoro manuale.
Quindi 40 contro 42, un perfetto equilibrio tra aspettative e realtà del mercato del lavoro, a testimonianza del fatto che la scuola, l’indirizzo scolastico, l’informazione, in Svezia, avevano funzionato.
Alla stessa domanda solo il 5% dei ragazzi italiani ha risposto di sì, che pensano che il primo impiego avrà un contenuto di lavoro manuale.
Disastro assoluto.
Assoluta mancanza di indirizzo.
Noi, tempo fa,non avevamo letto i risultati di questa indagine, ma abbiamo capito che era necessario avvicinare le aziende alla scuola, creando una maggiore integrazione.
Seguendo una idea di una insegnante dell’Isii Marconi e grazie al pieno appoggio del Dirigente scolastico prof. Carini, abbiamo affiancato a ogni terza dell’Istituto tecnico una azienda con il compito di accompagnare i ragazzi nei tre anni successivi, portando i ragazzi in azienda, portando l’esperienza dell’azienda a scuola, puntando su stage molto più lunghi di quelli previsti in precedenza, mettendo a disposizione l’esperienza e la documentazione aziendale in affiancamento agli insegnanti.
Stiamo imparando un mestiere, ma tante belle idee stanno nascendo grazie all’entusiasmo delle persone che le aziende hanno delegato al progetto.
La stessa iniziativa è partita anche all’Istituto Romagnosi e rischia di fare figli anche in provincia.
Il nostro obbiettivo è quello di ridurre o annullare la distanza tra aziende e scuola e tra scuola e azienda.
La sensazione è quella di essere sulla buona strada
Fra un anno dovremmo aver consolidato questa iniziativa e averne fatto un terreno di semina per nuove idee.
E’ a scuola che si coltiva il futuro delle nostre aziende sono i ragazzi il nostro futuro meritano tutto il nostro impegno.
E quindi concludo tornando al manifatturiero e dicendo che, se siamo finalmente e veramente convinti che sia la scelta manifatturiera quella che ci porterà fuori da questa crisi infinita, se abbiamo capito che grazie alla nostra tradizione, grazie al posto dove siamo, grazie a un catalizzatore come Expo 2015 abbiamo l’opportunità di riprodurre e superare il benessere che abbiamo conosciuto, allora questo è il momento di darci un obbiettivo comune che guidi tutte le nostre scelte future.
E non parlo della nostra Associazione, ma mi riferisco a tutte le Istituzioni del nostro territorio.
Ogni scelta che faremo, che le nostre istituzioni faranno, dovrà considerare sempre un obbiettivo , quello della nascita di nuove imprese, quello della formazione di nuovi imprenditori.
Se questo diventerà il posto dove chi vuole fare impresa e ha i numeri per farlo, viene accolto, supportato, apprezzato, qui si creeranno le condizioni per un futuro migliore e un maggior benessere per tutti i nostri concittadini.
Un futuro alimentato dall’impegno e dall’entusiasmo di chi avrà scelto di fare il mestiere più bello del mondo, il mestiere dell’imprenditore.