Inzaghi allenatore del Milan: ricomincia il tormento

   Ormai i giornalisti piacentini avevano raggiunto la pace dei sensi. Pippo Inzaghi aveva smesso di giocare ed era andato ad allenare la Primavera del Milan, un ruolo importante che però, a livello locale, non richiedeva grandi vetrine giornalistiche, se non in caso di risultati eclatanti (come per esempio la vittoria del Viareggio).

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I giornalisti piacentini erano qua, a fare le loro cose, col Piacenza, il Pro Piacenza e i dilettanti, e lui era là, a fare le sue cose, impegnato a far crescere giovani interessanti in ottica prima squadra. I ricordi in cui dovevi passare ore al telefono per una sua battuta erano lontani e, a esserci sinceri, i giornalisti piacentini stavano tutti benissimo. Pippo aveva smesso di giocare, ma quello era il meno. Pippo aveva smesso di segnare e di vincere, e lì erano casini. Perché quando Inzaghi segnava un gol importante e decisivo (molto spesso) scattava l’ordine di redazione: “Chiama Inzaghi”. E tu venivi assalito dallo sconforto e dall’ansia. Vedevi la cena con gli amici svanire nel nulla, la serata al pub dissovlersi a poco a poco. Sapevi quale sarebbe stata la tua fine, perché ci eri già passato tante volte.


Prima giocavi il jolly, la botta di culo: lo chiamavi sul cellulare e speravi (vanamente) in una risposta immediata. Ma non era quasi mai così. Il telefono squillava a vuoto e tu rimanevi lì a fissare il suo numero sulla rubrica. I pensieri t’assalivano.

Pippo è un patrimonio di Piacenza e gli siamo tutti grati, ma se quel pallone fosse finito fuori, in questo momento sarei al Comoedia con due splendide ragazze mulatte intente a versarmi da bere (in realtà le due splendide ragazze mulatte erano due cessi che avevi incontrato poco prima in uno dei peggiori bar del Quartiere 2000). Invece eri lì, a cantare la gloria di Filippo Inzaghi, l’uomo che viveva appeso al filo del fuorigioco, quello che, secondo molti, non era bravo tecnicamente (316 gol in carriera), quello che “mio figlio giocava con lui ed era più forte” anche se in carriera ha vinto due Konami Cup con Iss Pro ’98 e Inzaghi ha collezionato un Mondiale Fifa, due Champions League, un Mondiale per club e tre scudetti, oltre a qualche altro record personale. Il bello – e il brutto per i giornalisti piacentini – era che Inzaghi andava avanti con l’età e e quando sembava finito, come si dice nel calcio, saltava fuori ancora con un gol decisivo. “Chiama Inzaghi”.


E’ successo al Mondiale in Germania, dove Pippo partiva dietro Toni e Gilardino nelle gerarchie di Marcello Lippi. E infatti con la Repubblica Ceca è entrato dalla panchina. Gol.”Chiama Inzaghi”. E’ accaduto in Champions col Liverpool. Fare una doppietta in finale di Champions non è mica facile. Due gol e Coppa al Milan. “Chiama Inzaghi”. E’ successo col Real Madri di José Mourinho, con Pippo che anche lì era partito dalla panchina. Altri due gol. “Chiama Inzaghi”. E’ successo addirittura nell’ultima partita della sua carriera, a San Siro contro il Novara. Anche lì Inzaghi è entrato a gara in corsa. Era maggio e c’era bel tempo. Anche ai giornalisti piacentini piace cazzeggiare, anzi, piace soprattutto a loro. E poi Inzaghi non può segnare nella sua partita d’addio a San Siro. Sarebbe un sogno, come direbbe lui stesso, la favola perfetta, il cerchio che si chiude, un’esplosione di retorica degna di un libro di Alessandro Baricco. Passano dieci minuti. Gol. “Sì, lo so, chiamo Inzaghi”. 

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 – Il campione piacentino Filippo Inzaghi è il nuovo allenatore del Milan

 

Ma quella sarebbe stata l’ultima volta. I giornalisti piacentini non avrebbero più trovato quel telefono che squillava a vuoto o dava occupato perché in quel preciso istante Pippo era intento a parlare coi giornalisti di mezzo mondo (alla fine, comunque, due battute per un titolo te le dava sempre, gentile e disponibile; due battute, il classico virgolettato, abbastanza per un paio di pagine). Inzaghi chiudeva una carriera che lo aveva visto come uno degli attaccanti italiani più forti di tutti i tempi e i giornalisti piacentini erano molto più rilassati. Invece ecco che ci si mettono Berlusconi e Galliani. Ecco che arriva la notizia ufficiale: Inzaghi nuovo allenatore del Milan. Da qualche parte, nelle redazioni delle testate piacentine, un giovane collaboratore o un giornalista sarà alla scrivania con un numero davanti e un telefono che squilla a vuoto. E via che si ricomincia.