Ikea, sciopero ma nessun blocco. Sabato presidio dei lavoratori contro i Cobas

 Sono circa una cinquantina (ma in totale dovrebbero essere un centinaio, tra chi ha chiesto ferie o malattia, ndr) i facchini iscritti al sindacato Si Cobas che hanno deciso scioperare in mattinata, giovedì 15 maggio. E buona parte si sono ritrovati davanti ai cancelli del magazzino Ikea in protesta verso il rifiuto della cooperativa San Martino di ritirare le 33 sospensioni inviate ai lavoratori che avevano occupato un reparto in sostegno a un collega a cui era stato tolto il patentino da carrellista per essersi rifiutato di effettuare gli esami dal medico del lavoro. La situazione si è mantenuta tranquilla per l'intera mattinata, con i dipendenti che volevano lavorare che sono sfilati di fronte ai colleghi che hanno invece deciso di incrociare le braccia, senza che si scatenassero tensioni o blocchi. Così, seppur a ranghi ridotti, il magazzino oggi ha continuato ad essere attivo e ora è di nuovo tutto affidato alla diplomazia tra delegati del sindacato di base, responsabili della coop che ha in gestione il persona ed il prefetto Anna Palombi. Anche perché, hanno assicurato i Si Cobas, se non si arriverà al reintegro di tutti i facchini, nei prossimi giorni sono pronti a tornare ai picchetti che bloccarono per giorni l'interno stabilimento. 

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SABATO PRESIDIO DEI LAVORATORI CHE SI OPPONGONO AI COBAS

Intanto, per sabato 17 maggio alle 13.30, i non iscritti ai Si Cobas e che vogliono continuare a lavorare nello stabilimento in dissenso con il sindacato di base, si ritroveranno in piazza dei Mercanti a Piacenza, davanti al Comune, per manifestare il loro dissenso verso questa forma di protesta, al grido di "fuori i violenti". “Siamo stanchi di subire soprusi da parte di poche persone che non hanno voglia di lavorare. Noi per sette giorni abbiamo subito la chiusura dei cancelli con un danno ingente per chi non si è potuto recare al lavoro” spiega uno dei lavoratori dell’Ikea che organizzano del presidio di sabato prossimo. “E’ una situazione che si prolunga da un anno e mezzo: da quando sono entrati i Si Cobas sono iniziati i problemi per l’azienda. Noi non mettiamo in discussione il diritto alla sciopero, ci mancherebbe, però ci sono delle modalità che non vengono rispettate: se uno vuole scioperare può farlo, ma non può bloccare il lavoro, i lavoratori e le merci”.

“Tengo a precisare che il presidio che abbiamo indetto per sabato prossimo non è figlio di sigle sindacali né tantomeno dell’azienda: è stato spontaneamente organizzato da chi ha a che fare con Ikea, non solo dipendenti, ma anche committenti e appaltatori, insomma chiunque ritenga di essere danneggiato da uno sciopero che rasenta l’illegalità”.

 

DI SEGUITO COMUNICATO STAMPA Sì COBAS

Chi semina vento, raccoglie tempesta

Ieri  il SI.COBAS, così come da impegni assunti in Prefettura, ha provveduto ad inviare alla San Martino dalla email e fax del Sindacato, la maggior parte delle risposte alle contestazioni disciplinari con sospensione cautelare a sua conoscenza.

La San Martino, a suo dire, per motivi di “privacy” si è rifiutata di comunicare al  Sindacato, sin dall’incontro con il Prefetto, il numero esatto dei lavoratori sospesi ed i relativi nominativi.

Come può affermare la San Martino nel suo comunicato che “l’impegno preso il 12 maggio in sede di riunione con la Sig.ra Prefetto dai Si Cobas circa la formalizzazione di una risposta da parte di tutti i lavoratori coinvolti non si è verificata”?

Poniamo a conoscenza che le risposte alle sospensioni  inviate a mezzo fax  alla San Martino sono state accompagnate dalla seguente nota da parte del Sindacato:

“Come da impegni assunti in Prefettura,

si inviano a mezzo fax 26 risposte a lettere disciplinari con sospensione cautelare di altrettanti di soci-lavoratori operanti presso appalto IKEA di Piacenza.

Le stesse sono state anticipate a mezzo posta elettronica al Direttore Alessandro Maffi.

Siamo in attesa di conoscere se ci sono altri lavoratori che hanno subito contestazione con sospensione cautelare.

Espleteremo in giornata le controdeduzioni che dovranno fornirVi e inviarVi i soci-lavoratori assistiti dal Sindacato. Invitiamo la società San Martino a segnalarci se ci sono posizioni ancora pendenti al riguardo in quanto non abbiamo contezza del numero e dei nominativi che sono oggetto di tale provvedimento.”

 

Visto che c’erano precisi accordi in Prefettura, che il Sindacato ha rispettato, e che i sospesi sono tutti affiliati al Sindacato (per quello che ci risulta), il cavillo adotto dalla San Martino relativamente alla mancanza della sigla apposta sotto il nome del lavoratore nella lettera di risposta è questione di lana caprina che comunque provvederemo a risolvere domani.

Di lana caprina perché in altre occasioni la Cooperativa non ha mai sollevato tale problema visto che riceveva una comunicazione dalla posta elettronica/fax del Sindacato e soprattutto perché, se ha ravvisato questo elemento come ostativo a produrre le loro valutazioni nei tempi concordati, potevano avvisarci di buon ora la mattina invece che telefonare alle ore 19.00 e dirci questa sciocchezza.

Il nostro sospetto, ormai convinzione, è che la San Martino e tutti i suoi illustri sostenitori grandi e piccini, del mondo imprenditoriale ed istituzionale, continuano a prendere tempo per rafforzare intorno alla deliberata azione antisindacale, una campagna che sostenga la loro tesi dei 33 facinorosi e violenti per giustificare l’epurazione di alcuni e per prendere per fame e stanchezza chi sta lottando.

33 lavoratori scomodi che avrebbero “prodotto gravi situazioni di pericolo, minacciando la sicurezza di tutti gli operatori”, sospesi il giorno 05/05/2014 per un fatto successo il 14/04/2014, ossia 20 giorni dopo, senza una formale e tempestiva contestazione, avvisati con un sms/telefonata, senza conoscerne i motivi e nonostante fossero in programmazione.

Vogliamo ricordare che in questi due giorni di cosiddetta “tregua” sono circa 150 i lavoratori che hanno scioperato e non trentatre.  

La nostra convinzione che si apre un duro scontro è rafforzata dagli ultimi e recenti fatti:

1)      I vertici IKEA hanno svolto un’intensa attività “diplomatica” al fine di ottenere il massimo della copertura e dell’appoggio a livello governativo sulla vicenda, con particolare interessamento per quello che riguarda le competenze del ministero dell’interno.

2)      IKEA si è predisposta per spostare momentaneamente parte della lavorazione in altre strutture.

3)      Appena un’ora dopo l’incontro in Prefettura del 12/05, dove era presente il direttore della San Martino Alessandro Maffi, per “rafforzare” una distensione della situazione il sig. Paolo Rebecchi, vice direttore della cooperativa, si faceva divulgatore, via telematica, di una petizione da lui firmata e sostenuta contro lo “sparuto manipolo di operai richiamati e sospesi dal lavoro per gravi inadempienze” “promossa da un suo caro collega, suo sottoposto, che fa il responsabile in Ikea.

4)      L’impegno della cooperativa di non impiegare personale in sostituzione degli scioperanti non è stato rispettato.

5)      Qualcuno (chissà chi sarà?), sempre per stemperare, sta promuovendo una manifestazione “pacifica, invitando i lavoratori operanti nel Deposito Ikea e le “Organizzazioni Sindacali responsabili” per dire che è giunto il momento di cacciare i violenti da IKEA.

6)      La San Martino ha “deciso di consultare l’Assemblea dei soci nella giornata di domenica 18 maggio pv al fine di procedere, alla luce dell’importanza delle decisioni da assumere, ad un ampio e democratico confronto con la propria base associativa circa la situazione venutasi a creare.”

Stante la situazione, con l’IKEA blindata e vigilata come fosse un fortino, il sindacato lancia immediatamente una campagna nazionale di solidarietà e appoggio alla lotta dei lavoratori del Deposito IKEA, chiamando ad una mobilitazione attiva tutti i lavoratori e le realtà solidali.

Se la manifestazione dei mille a Piacenza è stato un attestato di solidarietà alla loro lotta, la mobilitazione diffusa e articolata sul territorio nazionale sarà una delle leve a sostegno di questa battaglia dei lavoratori in lotta presso la multinazionale del mobile low cost che con i suoi negozi sparsi per il paese fattura miliardi mentre gli operai nei suoi depositi e magazzini sono a dieta ferra e sotto il tallone di ferro che li vuole piegati e ridotti al silenzio.

 Contro la repressione  e i tentativi di licenziamenti politici, rilanciamo la solidarietà di classe. Se toccano uno, toccano tutti!

 

FACCHINI IKEA, IL CASO ALLA CAMERA. GUIDESI (LN) INTERROGA IL MINISTRO POLETTI: IL LAVORO NON PUÒ ESSERE OSTAGGIO DEI VIOLENTI

“È inaccettabile che l’attività di un’azienda debba cessare perché ostaggio di un piccolo gruppo di manifestanti di professione”. Il deputato 
leghista Guido Guidesi porta all’attenzione del ministro Poletti la rivolta dei facchini allo stabilimento Ikea di Piacenza. In un’interrogazione presentata oggi alla Camera – che chiama in causa anche le proteste Cobas al magazzino Granarolo, all’interporto e all’università di Bologna – Guidesi chiede al 
titolare del dicastero al lavoro “quali iniziative intenda intraprendere per garantire ai dipendenti che vogliono lavorare i propri diritti” e “se non rilevi conflitti di interesse negli organi gestionali delle cooperative”. “Piacenza non può rischiare di perdere anche il deposito del Nord di Ikea – sottolinea Guidesi -. Il clima di tensione che si è creato – con la complicità di centri sociali e frange antagoniste – rischia di vanificare l’impegno profuso ai vari livelli per fare del polo logistico di Piacenza un centro di eccellenza”.