Dopo i disordini del 7 maggio scorso, i lavoratori delle cooperative che operano all'Ikea tornano nuovamente in piazza per rivendicare i loro diritti, all'indomani di dichiarazioni da parte delle istituzioni (sindaco e presidente della Provincia) giudicate come "benzina sul fuoco". Ieri, a manifestare in piazza Cavalli, coloro i quali vorrebbero riprendere l'attività lavorative senza se e senza ma, all'interno dello stabilimento di Le Mose. Oggi, la manifestazione degli aderenti al sindacato SiCobas che ancora una volta hanno chiesto trasparenza e condizioni lavorative migliori. Il corteo, che ha contato circa 500 persone è partito alle 16 circa dai Giardini Margherita e ha visto la partecipazione di diverse realtà: centri sociali provenienti da Bologna, lavoratori di altre cooperative da Milano, Bergamo, Brescia e Lodi che hanno attraversato le vie del centro fino ad arrivare a Barriera Genova.
Facchini, rappresentanti dei Si Cobas e dei centri sociali, quindi, con in testa il consigliere comunale Carlo Pallavicini, l'unico rappresentante delle istituzioni a far da collante tra queste realtà nonostante i tanti detrattori in consiglio comunale – anche all'interno della stessa maggioranza (come Marco Pascai del Pd) – che hanno chiesto le sue dimissioni per l'irriducibilità delle posizioni sostenute.
Accuse che Pallavicini rimanda al mittente ravvisando nelle dichiarazione di ieri del sindaco Paolo Dosi un gesto di “chiusura violenta nei confronti dell'organizzazione sindacale maggiormente rappresentata all'interno del l'Ikea. Un gesto che ha chiuso le porte al dialogo e ribaltato le posizioni in campo. Alla fine vedremo chi sono i facinorosi e chi invece coloro che aprono al dialogo” – ha detto Pallavicini, incalzato dalla folla radunata sotto al gazebo dei Giardini Margherita, unita nel grido "Vergogna" indirizzato al primo cittadino.
La contromanifestazione dei facchini – il giorno dopo quella dei “colletti bianchi dell'Ikea”, come li definisce qualcuno tra i partecipanti, parte così, con tanta rabbia nel cuore. Rabbia anche nei confronti delle ultime esternazioni della cooperativa San Martino, che ieri ha inviato ai media locali la fotocopia della busta paga di un operaio di livello 5, indicando uno stipendio superiore ai 2mila euro netti. “Le buste paga dei facchini sono in realtà ben diverse” afferma Edoardo Pietrantoni del sindacato, accerchiato da alcuni operai che mostrano buste paga da circa 800 euro netti al mese. “Quello stiamo subendo è un attacco squisitamente politico – continua. Nessuno conosce le logiche di sfruttamento sistematiche all'interno dello stabilimento. Vogliamo che venga abolito il dumping contrattuale tra dipendenti Ikea e dipendenti delle cooperative e he non garantisce per gli ultimi copertura totale per infortuni e malattie. E se martedì vorranno riaprire i cancelli con la forza noi saremo lì a vendere cara la pelle”.
Presente al corteo anche Bruno Scagnelli, il dipendente della cooperativa San Martino la cui sospensione dalla mansione di carrellista lo scorso 14 aprile aveva scatenato l'effetto domino. “In 150 hanno solidarizzato con me bloccando successivamente il reparto. Ma guarda caso la lettera di contestazione è arrivata solo ai 33 iscritti ai Cobas” commenta amareggiato.
Difficile prevedere quali saranno i risvolti di questa ulteriore prova di forza che non pare facilitare il superamento della situazione di stallo. Il corteo e' proseguito verso via IV novembre dopo aver attraversato via Roma e piazzale Liberta' pacificamente e senza momenti di tensione, raggiungendo infine barriera Genova dove Pietrantoni ha tenuto l'ultimo discorso. "Siamo pronti al dialogo come alla lotta. Se ci vorranno prendere in giro la nostra risposta si vedrà da domani e per tutta la settimana. La nuova e vera Resistenza siamo noi". Domani e soprattutto martedì, con la probabile riapertura dei cancelli del deposito 2 di Ikea, assisteremo ai prossimi capitoli di una trattativa che si prospetta ancora lontana da una risoluzione.
Nel frattempo, in rete, è spuntato il video dell'occupazione del reparto Ikea che ha scatenato tutta la questione. E si vede chiaramente il carrellista a cui era stato tolto il patentino per non aver completato le visite mediche obbligatorie (esame dell'urina, ndr). E lui, sostenuto dai colleghi, dice chiaramente di non voler svolgere altre mansioni.